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Roberto - Con permesso... Ve ne andate?
Giovanni - Sì...
Rob. - Sono dunque io che voi fuggite?
Giov. - Forse... No...
Rob. - Siete un operaio dell'officina?
Giov. - Che importa?... Io o un altro!... (vuol andarsene).
Rob. - Rimanete, ve ne prego!... E ditemi il vostro nome.
Rob - Ah! (breve silenzio) Perchè mi parlate così?... Eppure non mi conoscete ancora...
Giov. - E voi dunque perchè m'interrogate?... Io non ho nulla da dirvi...
Rob. - (gli tende la mano) Sono un vostro amico...
Giov. - (squadrandolo dai piedi alla testa con alterigia). Sì... sì... lo so! Per Bacco... Il figlio del padrone, rivoluzionario e socialista... anarchico anche, senza dubbio... È di moda, quest'anno, tra i borghesi…. Ah! ciò fa bene... è come una ginnastica!… ed è una cosa deliziosa con i milioni che noi vi facciamo guadagnare... (violento) Lasciatemi!...
Rob. - Vi proibisco di dubitare della mia sincerità.
Giov. - Ed io vi proibisco di credermi uno sciocco?...
Rob. - Ma pure... ho già date delle prove... ne darò delle altre!...
Giov. - Le vostre conferenze... i vostri articoli... i vostri libri? ... Li conosco... li ho letti. Sì, li ho letti! ... Sono commoventi infatti. Riconciliazione... benessere universale... fratellanza!.. E che cosa ancora?... Ah! la cantate bene, voi, la romanza!... Andate, stimo di più vostro padre. Egli è duro, implacabile... ci uccide col lavoro e con la fame, aspettando forse il momento opportuno di farlo coi fucili... Almeno con lui, non c'è pericolo d'ingannarsi!...
Rob. - Qui non si tratta di mio padre... si tratta di me...
Giov. - Voi... (alzando le spalle) Andate, se volete, a sciorinare i vostri paternostri ai compagni... Sono poveri diavoli, bruti dolorosi, che non sanno ciò che vogliono, e non credono che alla potenza delle parole... Io invece non credo che alla potenza degli atti... e so ciò che voglio!
Rob. - (con tristezza) Lo sapete veramente?..
Giov. - (con violenza) Io voglio vivere... vivere della mia carne, del mio cervello, in tutta l'esplicazione dei miei organi, e delle mie facoltà... Invece di restare ancora la bestia da soma che si sferza, e la macchina incosciente che si fa girare, per gli altri... voglio essere un uomo, una buona volta... un uomo... per me stesso!... Ma non so, del resto, perchè vi parlo così... È cosa che riguarda me... e non voi... Addio!... (vuol allontanarsi).
Rob. - (trattenendolo) E se vi portassi io il modo d'esser l'uomo di cui parlate... e di vivere?
Giov. - Ma dite pure!... L'elemosina, non è vero?... Il paniere di vostra sorella?... La divina carità di una moneta da cento soldi!... E di più l'insulto della vostra pietà?
Rob. - No... nè elemosina, nè pietà... La fede in voi stesso...
Giov. - Io l'ho già...
Rob. - Ed anche in me...
Giov. - (ironico) Grazie mille del dono... so ciò che vale... Ah! voi siete popolare, qui !... Tra le fiamme, tra il fumo, consunti, bruciati, convulsi sotto il faticoso carico delle fusioni liquide, migliaia di uomini lavorano qui... sperando in voi, non si sa che cosa... Oggi, voi siete il sogno lontano della loro liberazione... il vostro nome culla le loro chimere, addormenta la loro ribellione... E domani sarete... confessatelo, via.... deputato?...
Rob. - Non ragliate!... Quanto dite non è degno nè di voi... nè di me!
Giov. - (più serio) Io raglio!... È proprio così, raglio... (mostrando la camera della moribonda, e parlando con voce sorda e soffocata) qui... in questa casa, alle soglie di quella porta, dietro la quale una povera donna muore per voi, come sono morti per voi i due suoi figli, uomini di venti anni!... come quei bambini là... (mostrando i fanciulli addormentati) moriranno presto... per voi!... Ah! dunque voi mi portate la vita?... mi offrite il benessere?.. Ma andate dunque nel cimitero, laggiù nel piccolo cimitero che soffia su noi, la sera, un'aria appestata, come quella delle vostre officine... andate e rimovetene la terra... e contate quanti ne sono morti per voi... sì, per voi... perchè possiate oggi permettervi il lusso di essere l'amico della mia sofferenza e della mia miseria!… Mio amico! Ma come, dunque?... E quanto vi dà vostro padre per la parte che rappresentate?...
Rob. - (scoraggiato) Ma perché m'insultate così?...
Giov. - Per bacco! è evidente!.. Qui v'è del malcontento fra noi; malgrado la nostra rassegnazione, la nostra stanchezza, il nostro abbrutimento, domani, forse... ci sarà lo sciopero!... Oh! vostro padre è abbastanza ricco per sostenere il colpo, lo so... e lo sciopero non porta danno, il più delle volte, che a noi, che alla fine ne paghiamo le spese… con maggiore servitù e miseria, sempre... e, talvolta, col nostro sangue... Siamo intesi!... Sì... ma infine, è anche l'incognita!... Si trema lo stesso, per le proprie officine, le proprie fortune, o anche per i soli benefici! Allora si è contato sulla vostra popolarità... Si è calcolato che la presenza vostra rimetterebbe le cose a posto... E voi siete accorso!.. Ma via!... dite, quanto vi dà vostro padre per questo bell'affare?
Rob. - Ma perchè m'insultate?... Io vengo a voi con la mano tesa, ed il cuore fraterno... Ah! ve lo giuro!... e voi mi insultate!... Vi credete un uomo libero, e non sapete, non volete elevarvi al di sopra dei pregiudizî dell'ignorante, e dei bassi rancori del settario! Io vi grido: «Camminiamo insieme nella luce e nell'amore, verso l'avvenire» E voi maggiormente vi tuffate nel passato di odii impotenti... Che dovrei dirvi di più?
Giov. - (calmo, ed un po' annoiato di tutte queste parole) Sia pure!... Mi sono ingannato... E voi, forse, siete un buon giovane... Non lo so!.. non so nulla, io... Ma pure, perchè siete venuto da me?... Vi ho forse chiamato?... Voi andate per una strada... io per un'altra... non possiamo incontrarci..
Rob. - E che ne sapete voi!... giacchè così poco conoscete ciò che sono io!...
Giov. - So che tra voi e me, ci sono sentimenti troppo diversi... che non devono, nè possono congiungersi...
Rob. - Tra coloro che soffrono, non vi sono cuori lontani...
Rob. - Or ora, appena entrato qui... vi ho subito veduto... Non sapeva chi foste... eppure ho sentito al vostro atteggiamento un po' fiero, e a la tristezza… all'immensa tristezza dei vostri sguardi su me... ho sentito che vi amavo... Ed ho voluto parlarvi... ho voluto esprimervi ciò che v'era di fraterno, nel mio cuore, per voi! Nient'altro!... Mi respingete... ed io non so che cosa dirvi.
Rob. - Mio Dio... comprendo la vostra diffidenza, poichè indovino in voi una povera anima violenta, tormentata e delusa... Ma ve ne scongiuro... ascoltatemi un istante... ascoltatemi... come se fossi il passeggero della vostra via, il viaggiatore che cammina verso la stessa speranza... come voi.. Io, non sono quanto mi credete... Mi son fatta una esistenza libera dai pregiudizi della mia casta... tutti i vantaggi, i privilegi che la fortuna offriva alla mia gioventù li ho respinti... sono un lavoratore come voi... e vivo di ciò che guadagno...
Giov. - (con tristezza infinita). Ed io ne muoio!... (d'un tratto prende Roberto per mano e lo trascina verso la porta, e, con un gran gesto, gli mostra la ferriera che fiammeggia nella notte... Man mano che parla, la voce sua diviene sempre più forte e risonante) Ebbene! quelle fiamme... quel fumo... quelle torture... quelle macchine maledette che ogni giorno, ad ogni ora, bruciano e divorano il mio cervello, il mio cuore, il mio diritto al benessere ed alla vita, tutto... tutto quel che vedete, quelle gole di ferro... quei braceri... quelle caldaie che strappano i miei muscoli... la mia volontà... la mia libertà... a brani, a brani... per farne la ricchezza e la potenza sociale di un solo... Ebbene... spegneteli... distruggeteli.. fate saltar in aria tutto... (lascia rudemente la mano di Roberto) Dopo... potremo discutere....
Rob. - Ma badate, disgraziato!... V'è di là una povera donna che muore... e qui vi sono i bambini che dormono!... (Roberto chiude la porta. Giovanni viene verso l'alto della scena, ove si accascia sopra una cassa, con la testa fra le mani. Silenzio. Roberto cammina verso di lui e gli tocca una spalla). Siete più calmo ora?... (Giovanni leva gli occhi, senza parlare, verso Roberto e lo guarda avidamente) Datemi la mano... (Giovanni tende la mano).
Giov. - Ho avuto torto... ho...
Rob. - (interrompendolo dolcemente) Non dite più nulla... Ah! la vostra sofferenza, io la conosco... è la mia!... (rientrano Genoveffa, Maddalena; Luigi Thieur si trattiene un momento sulla porta, saluta in silenzio, e ritorna nella camera).