Louise Michel
La comune
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APPENDICE

III. Manifesto dei proscritti di Londra.

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III.
Manifesto dei proscritti di Londra.

Dopo tre anni di repressione, di massacri, la reazione vede il terrore cessare d'essere nelle sue mani, infiacchite dal governo.

Dopo tre anni di potere assoluto, i vincitori della Comune, vedono la nazione riprendere a poco a poco la sua vita e sfuggire alla loro stretta.

Uniti contro la Rivoluzione, ma discordi fra di loro, usano con la violenza e diminuiscono con la loro discordia, questo potere di combattere, sola speranza che abbiano di mantenere i loro privilegi.

In una società, nella quale ogni giorno più scompaiono le condizioni che l'hanno condotta alla gloria, la borghesia cerca invano di perpetuarsi: sognando l'opera impossibile di arrestare il corso del tempo, essa vuole immobilizzare nel presente o ricacciare nel passato, una nazione cui la Rivoluzione già trascina.

I mandatari di questa borghesia, questo stato maggiore della reazione installato a Versailles, sembrano non aver altra missione che dimostrarne la decadenza causata dalla loro incapacità politica e di precipitarne la caduta con la loro impotenza. Gli uni chiedono un re, un imperatore; gli altri camuffano nel nome di Repubblica, la forma più perfetta di schiavitù, ch'essi vogliono imporre al popolo.

Ma qualunque sia l'esito dei tentativi versagliesi, monarchia o Repubblica borghese, il risultato sarà sempre lo stesso: la caduta di Versailles, la rivincita della Comune. Perchè noi arriviamo ad uno di questi grandi momenti storici, ad una di queste grandi crisi, in cui il popolo, mentre sembra inabissarsi nelle sue miserie ed arrestarsi nella morte, riprende improvvisamente e con nuovo vigore la sua marcia rivoluzionaria.

La vittoria non sarà il premio di un sol giorno di lotta; ma la guerra ricomincia, i vincitori avranno da rendere i conti ai loro vinti.

Questa situazione crea dei nuovi doveri per i proscritti. Davanti alla crescente dissoluzione delle forze reazionarie, davanti la possibilità di un'azione più efficace, non basta più mantenere l'integrità della Proscrizione, difendendola contro gli attacchi dei poliziotti, bisogna unire i nostri sforzi a quelli dei comunisti di Francia, per liberare i nostri compagni caduti nelle mani dei nemici, e preparare la rivincita.

Ci pare dunque venuta l'ora per noi proscritti di affermarci e di deciderci. Questo è quanto fa oggi il gruppo La Comune rivoluzionaria.

Perchè è tempo ormai che si riconoscano quelli che, atei, comunisti, rivoluzionari, concependo ugualmente la Rivoluzione nel suo fine e ne' suoi mezzi, vogliono riprendere la lotta, e con questa lotta decisiva ricostituire il partito della Rivoluzione, il partito della Comune.

* * *

Noi siamo Atei, perchè l'uomo non sarà mai libero, finch'egli non avrà scacciato Dio dalla sua intelligenza e dalla sua ragione.

Prodotta dalla visione dell'ignoto, creata dall'ignoranza, aiutata dall'intrigo, e subìta per l'imbecillità questa nozione mostruosa di un essere, di un principio all'infuori del mondo e dell'uomo, tesse la trama di tutte le miserie, nelle quali è caduta l'umanità, e forma l'ostacolo principale alla sua liberazione. Fin tanto che la visione mistica della divinità oscurerà il mondo, l'uomo, non potrà conoscerlo, possederlo; invece della scienza e della felicità, non ci troverà che la schiavitù della miseria e dell'ignoranza.

Ed è in grazia di questa idea d'un essere che è superiore al mondo e che lo regge, che si sono prodotte tutte le forme di schiavitù morale e sociale: religioni, dispotismo, proprietà, caste, sotto le quali geme e sanguina l'umanità.

Scacciare Dio dal dominio della conoscenza, espellerlo dalla società, è legge necessaria per l'uomo, se vuole arrivare alla scienza, se vuole realizzare la vittoria della Rivoluzione.

Bisogna negare quest'errore, genesi di tutti gli altri, chè per esso da tanti secoli l'uomo è represso, incatenato, spogliato, martirizzato.

Che la Comune sbarazzi l'umanità di questo spettro delle mure passate, di questa causa delle miserie presenti.

Nella Comune non c'è posto per il prete: ogni manifestazione, ogni organizzazione religiosa deve essere proscritta.

Noi siamo Comunisti perchè vogliamo che la terra, che le ricchezze naturali non siano più proprietà di privati, ma appartengano alla Comunità. Perchè noi vogliamo che liberi da ogni oppressione, padroni infine di tutti gli strumenti di produzione: terra, fabbrica, ecc., i lavoratori facciano del mondo un luogo di benessere e non più di miseria.

Oggi, come per lo passato, la maggioranza degli uomini è condannata a lavorare per mantenere nel piacere un piccolo numero di sorveglianti e di padroni.

Espressione ultima di tutte le forme di schiavitù, la dominazione borghese, ha avvolto ogni fervore di lavoro in mistici veli che l'oscurano: governi, religioni, fami-glia, leggi, istituzioni del passato, e del presente, si sono finalmente mostrati, in questa società, ridotta ai semplici termini di capitalisti e salariati, come istrumenti di oppressione, per mezzo della quale la borghesia mantiene la sua dominazione, la sua oppressione sul Proletariato.

Prelevando per aumentare le proprie ricchezze tutto il superfluo del prodotto di lavoro, il capitalista non lascia al lavoratore che solo quanto gli basta per non morir di fame.

Costretto dalla forza in questo inferno della produzione capitalista, della proprietà, sembra che il lavoratore non possa rompere le sue catene.

Ma il Proletariato è finalmente giunto ad aver coscienza di ; sa ora che egli porta in gli elementi della nuova società, la sua libertà sarà il premio della sua vittoria sulla borghesia, e che, annientata questa casta, saranno abolite anche tutte le altre, e toccata la mèta della Rivoluzione.

Noi siamo comunisti, perchè noi vogliamo raggiungere questo scopo senza soffermarci ai minimi termini, compromessi che, allontanando la vittoria, sono un prolungamento di schiavitù.

Distruggendo la proprietà individuale, il Comunismo fa cadere ad una ad una tutte quelle istituzioni di cui la proprietà è il perno. Cacciato dalla sua proprietà, nella quale con la sua famiglia, come in una fortezza tiene il proprio presidio, il ricco non troverà più asilo per il suo egoismo ed i suoi privilegi.

Con l'annientamento delle classi, dispariranno tutte le istituzioni oppressive dell'individuo e del gruppo, la cui sola ragion d'essere sta nel mantenimento di queste classi, l'asservimento del lavoratore ai suoi padroni.

L'istruzione aperta a tutti darà a tutti l'uguaglianza intellettuale, senza la quale l'eguaglianza materiale sarebbe senza valore.

Non più salariati, vittime della miseria, della discordia, della concorrenza, ma l'unione dei lavoratori che divide fra di loro il lavoro, per ottenere il più grande sviluppo della Comunità, la più grande parte di benessere per ciascuno. Perchè ciascun cittadino, troverà la più grande libertà, la più grande espansione della propria individualità nella più grande espansione del Comunismo.

Questo sarà lo scopo della lotta, e noi vogliamo questa lotta senza compromessi e senza tregua, fino alla distruzione, fino al trionfo definitivo.

Noi siamo Comunisti perchè il Comunismo è la negazione radicale della società che noi tentiamo di rovesciare, l'affermazione più recisa della società che noi fonderemo.

Perchè dottrina di eguaglianza sociale, essa è anzitutto la negazione della dominazione borghese, l'affermazione della Rivoluzione. Perchè, nella sua guerra contro la borghesia, il Proletariato trova nel Comunismo l'espressione dei proprii interessi, la regola delle proprie azioni.

Noi siamo Rivoluzionari, perchè volendo la vittoria, noi ne vogliamo i mezzi; perchè comprendendo le condizioni della lotta e volendo condurla a termine, vogliamo la più forte organizzazione del combattimento, la coalizione degli sforzi; non la loro dispersione, ma la loro centralizzazione.

Noi siamo rivoluzionari perchè per realizzare la rivoluzione noi vogliamo abbattere con la forza una società che si mantiene con la forza; perchè sappiamo che la debolezza, come la legalità, uccide le rivoluzioni, e che l'energia le salva.

Perchè riconosciamo che è necessario conquistare questo potere politico che la borghesia conserva gelosamente per conservare i propri privilegi. Perchè in un periodo rivoluzionario, in cui le istituzioni della società attuale dovranno essere falciate via, la dittatura del proletariato dovrà pure essere stabilita e mantenuta, fino a che, nel mondo fatto libero, non ci siano più che cittadini uguali della nuova società.

Movimento verso un mondo novello di giustizia e di uguaglianza, la rivoluzione porta in stessa la sua propria legge e tutto ciò che s'oppone al suo trionfo deve essere schiacciato.

Noi siamo rivoluzionari, noi vogliamo la Comune, perchè nella Comune futura vediamo, come in quelle del 1793 e del 1871, non il tentativo egoistico di una città, ma la rivoluzione trionfante nell'intera nazione: la Repubblica Comunista. Perchè la Comune altro non è che il Proletariato rivoluzionario armato della dittatura, per l'annientamento dei privilegi, la sconfitta della borghesia.

La Comune è la forma militante della Rivoluzione: è la Rivoluzione vincitrice, padrona de' suoi nemici; la Comune è il periodo rivoluzionario da cui uscirà la nuova società.

La Comune, non dimentichiamolo più noi che abbiamo avuto l'eredità della sua memoria e della vendetta degli assassinati, è anche la rivincita.

* * *

Nella grande battaglia, che si combatte fra la borghesia ed il Proletariato, fra la nuova società e la Rivoluzione, i due campi son ben distinti, non c'è confusione possibile che per gli imbecilli e i traditori.

Da una parte i partiti borghesi: capitalisti, orleanisti, bonapartisti, repubblicani, conservatori o radicali; dall'altra il partito della Comune, il partito della Rivoluzione – il vecchio mondo contro il nuovo.

Già la vita ha abbandonate parecchie di queste forme del passato, e le varietà monarchiche si risolvono in fin dei conti nell'immondo Bonapartismo. Quanto ai partiti, che sotto il nome di repubblica conservatrice o radicale, vorrebbero immobilizzare la società nello sfruttamento del popolo fatto dalla borghesia, direttamente senza intermediario reale, radicali o conservatori, differiscono più per l'etichetta che per il contenuto; piuttosto che idee differenti, rappresentano le tappe che percorrerà la borghesia, prima d'incontrare nella vittoria del popolo la propria rovina.

Fingendo di credere al suffragio universale, vorrebbero fare accettare al popolo questo modo di sparizione periodica della rivoluzione: vorrebbero vedere il partito della rivoluzione entrare nell'ordine legale della società borghese e cessare di essere: e la minoranza rivoluzionaria abdicare davanti all'opinione opportunista e falsificata delle maggioranze sottomesse a tutte le influenze dell'ignoranza e del privilegio.

I radicali saranno gli ultimi difensori del mondo borghese morente: attorno ad essi saranno raggruppati tutti i rappresentanti del passato per combattere l'ultima lotta contro la Rivoluzione. La fine dei radicali sarà la fine della borghesia.

Appena usciti dal massacro della Comune, ricordiamo a coloro che fossero tentati di dimenticarlo, che la sinistra versagliese, non meno che la destra, ha ordinato il massacro di Parigi, e che l'armata degli sgozzatori ha ricevute le proprie felicitazioni dagli uni e dagli altri. Versailles di destra e Versailles di sinistra devono essere uguali davanti all'odio del popolo, perchè contro di esso, sempre, radicali e gesuiti sono uniti.

Non ci può quindi essere errore ed ogni compromesso, ogni lega con i radicali deve essere ritenuto tradimento.

Più vicini a noi, vaganti fra i due campi, o anche sparsi nelle nostre file noi troviamo uomini la cui amicizia, più funesta che l'inimicizia, attarderebbe la vittoria del popolo, qualora seguisse i loro consigli, qualora diventasse schiavo delle loro illusioni.

Limitando più o meno i mezzi di combattimento a quelli della lotta economica, predicano a diverse riprese l'astensione dalla guerra armata, dalla lotta politica.

Erigendo a teoria la disorganizzazione delle forze popolari, sembra che di fronte alla borghesia armata, qualora si tratti di concentrare gli sforzi per la lotta suprema, non vogliano organizzare che la disfatta, e offrire il popolo disarmato ai colpi dei suoi nemici.

Non comprendendo che la Rivoluzione è la marcia cosciente e voluta dell'umanità, verso il destino che le è assegnato dalla storia e dalla natura propria, mettono le loro fisime al posto della realtà delle cose, e vorrebbero sostituire al movimento rapido della rivoluzione, le lentezze di un'evoluzione di cui essi si fanno profeti.

Amatori delle mezze misure, fautori di compromessi perdono le vittorie popolari che non hanno potuto impedire; risparmiano sotto pretesto di equità le istituzioni, gli interessi di una società contro la quale il popolo s'era ribellato.

Calunniano le Rivoluzioni, quando non possono perderle.

Invece dello sforzo rivoluzionario del popolo di Parigi per conquistare l'intera nazione alla Repubblica Comunista, vedono nella rivoluzione del 18 marzo un sollevamento per ottenere delle franchigie municipali.

Rinnegano gli atti di questa Rivoluzione, ch'essi non hanno capita, per non inasprire i nervi di una borghesia di cui vogliono salvare e vita e interessi. Dimenticando che una società non perisce se non quando è colpita tanto ne' suoi monumenti, ne' suoi simboli, come nelle sue istituzioni, e ne' suoi difensori, essi vogliono togliere alla Comune la responsabilità dell'uccisione degli ostaggi, la responsabilità degli incendi. Ignorano, o fingono d'ignorare, che è per volontà del Popolo della Comune, unito fino all'ultimo momento, che sono stati colpiti gli ostaggi, preti, gendarmi, borghesi, e per la stessa volontà appiccati gl'incendi.

Per noi, noi rivendichiamo la nostra parte di responsabilità in questi atti giustizieri, che hanno colpito i nemici del Popolo, da Clement Thomas e Lecomte ai domenicani d'Arcueil, da Bonjean ai gendarmi della via Haxo, da Darboy a Chaudey.

Noi rivendichiamo la nostra parte di responsabilità in quegli incendi che distruggevano gli istrumenti di oppressione monarchica e borghese, o proteggevano i combattenti.

Come potremmo noi fingere pietà per gli oppressori secolari del Popolo, per i complici di questi uomini che da tre anni in qua celebrano il loro trionfo con le fucilazioni, le deportazioni, lo schiacciamento di tutti quelli, fra noi, che hanno potuto sfuggire al massacro immediato?

Noi vediamo ancora questi assassinii senza fine, di uomini, di donne, di bambini: questa carneficina che faceva colare a flotti il sangue del popolo nelle vie, nelle caserme, nei viali, negli ospedali, nelle case. Noi vediamo i feriti seppelliti coi morti; noi vediamo Versailles, Satory, i pontoni, l'ergastolo, la Nuova Caledonia. Noi vediamo Parigi, la Francia, curve sotto il terrore, lo schiacciamento continuo, il massacro permanente.

Comunisti di Francia, Proscritti, uniamo i nostri sforzi contro il nemico comune: che ognuno come gli permettono le sue forze, compia il proprio dovere!

Londra, giugno 1874

Il Gruppo: La Comune rivoluzionaria: Aberlen, Berton, Breuille, Carné, Giovanni Clement, F. Cournet, C. Dacosta, Delles, A. Derouilla, E. Eudes, Gausseron, E. Gois, A. Goullé, E. Granger, A. Houguenot, E. Jouanin, Ledrux, Léonce, Luillier, P. Mallet, Marguerittes, Costant-Martin, A. Moreau, Mortier, A. Oldrini, Pichon, A. Poirier, Rysto, B. Sachs, Solignac, Ed. Vaillant, Varlet, Viard.

FINE.

 


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