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XIII.
Blanqui e l'arcivescovo di Parigi.
Sono apparse varie notizie biografiche intorno a Blanqui; per cui mi limiterò solo a poche linee.
Blanqui era stato dapprima condannato al carcere perpetuo per il tentativo d'insurrezione del 12 maggio 1839: e stava subendo la sua condanna al Monte San Michele con alcuni suoi compagni di lotta, quando la Repubblica del 24 febbraio 1848 lo liberò.
Bentosto vilmente accusato da coloro che temevano la sua chiaroveggenza, si accontentò di rispondere: Chi ha bevuto profondamente al par di me alla coppa dell'angoscia, seguendo per un anno l'agonia di una donna amata, che si spegneva lungi da me; nella disperazione poi per quattro anni interi, a faccia a faccia eternamente nella mia cella col fantasma di colei che non era più? Tale è stato il mio supplizio, per me solo, in questo inferno di Dante.
«Ne esco con i capelli banchi, la testa e il cuore spezzati, e son io, io, triste avanzo che trascina per le vie un cuore angosciato sotto abiti sdrusciti, son io che voi insultate col nome di venduto, mentre, i valletti di Luigi Filippo, camuffati in splendide farfalle repubblicane, svolazzano sui tappeti del Palazzo di città, avvilendo dall'alto della loro virtù, nutrita a ufo, il povero Giobbe, sfuggito dalle prigioni del loro padrone».
Condannato di nuovo, la rivoluzione del 4 settembre gli aperse le prigioni di Belle-Isle.
Dopo il plebiscito del 3 novembre, aveva predetto la capitolazione.
«La resa non è lontana – scrive egli – le commedie dei preparativi di difesa sono oramai superflue. L'armistizio e le sue garanzie; la paura quindi della disfatta in tutto il suo obbrobrio. Ecco ciò che il municipio sta per imporre alla Francia».
La capitolazione fu segnata dopo i giuramenti del 31 ottobre – giuramenti e scariche di mitraglia! – e fu pubblicata il 28.
Blanqui fu arrestato sotto accusa di aver partecipato alle dimostrazioni del 31 ottobre, e non ne uscì che all'amnistia: il suo arresto avvenne il 19 marzo 1871 dietro ordine di Thiers nel mezzogiorno della Francia.
Era già stato condannato a morte in contumacia, per quanto il governo avesse promesso che non ci sarebbero state persecuzioni per l'affare del 31 ottobre.
Quantunque Blanqui fosse stato nominato membro della Comune, si ignorava completamente qual fosse la sua sorte; non si sapeva se fosse morto o vivo, o piuttosto si temeva che fosse morto.
Alcuni suoi amici, sperando di vederlo, pensarono a pagare per lui, per la sua libertà.
Il governo di Versailles pareva ci tenesse alla liberazione dell'arcivescovo di Parigi e di alcuni sacerdoti. Una Commissione di cui faceva parte anche Flotte, vecchio compagno di prigione di Blanqui, tentò di negoziare il cambio.
Flotte andò dapprima a trovare l'arcivescovo a Mazas, e d'accordo con lui preparò la cosa, che parve sotto tutti i punti di vista un'idea felice.
Fu deciso che il grande vicario Lagarde sarebbe andato a Versailles a proporre il cambio a Thiers, ed avrebbe portato la risposta.
Le trattative furono condotte da Rigan con grande delicatezza, da questo procuratore della Comune che nascondeva sotto un voluto scetticismo una grande sensibilità.
Nè a lui ne ad altri venne mai il dubbio che Lagarde potesse non ritornare.
– Dovessi pur esser, fucilato, disse egli a Flotte accomiatandosi alla stazione di Versailles, io ritornerò: potreste credere che io abbia il coraggio di lasciar Monsignore solo?
Il gran vicario portava a Thiers una lettera dell'arcivescovo, lunga e minuziosa.
«Signore,
Ho l'onore di sottomettervi una comunicazione che io ho ricevuto ieri sera, e vi prego di darle quel seguito che la vostra prudenza e la vostra umanità giudicheranno i più convenienti.
Un uomo influentissimo e vincolato a Blanqui, per certe idee politiche e sopratutto per i sentimenti di una vecchia e solida amicizia, si occupa attivamente di far sì che egli sia messo in libertà: a tal uopo ha proposto personalmente alle commissioni cui spettano tali cose, questo accomodamento.
Se Blanqui è messo in libertà, l'arcivescovo di Parigi sarà pure rimesso in libertà con sua sorella, insieme al presidente Bonjam, Daguerry, curato della Maddalena, e Mons Lagarde, vicario generale, lo stesso che vi consegnerà questa lettera.
La proposta è stata accettata, ed è a queste condizioni che mi si domanda di appoggiarla presso di voi.
Per quanto io sia interessato in essa, oso raccomandarla alla vostra alta benevolenza, e le mie ragioni vi parranno, come spero, plausibili.
Vi son già troppe cause di disaccordo e di odio fra di noi: un'occasione ora si presenta di venire ad una transazione che del resto non riguarda i principî, ma le persone: non sarebbe il caso di facilitarla e di contribuire così a preparare la pacificazione degli spiriti? L'opinione pubblica non comprende un rifiuto.
Nelle crisi acute come quella che noi attraversiamo, le rappresaglie e le sentenze di morte fatte dai ribelli, aggravano la situazione.
Oserò, ora, signor presidente, di esporvi l'ultima mia ragione? Commosso dallo zelo, che la persona di cui parlo, spiegava con vera amicizia in favore di Blanqui, il mio cuor d'uomo e di sacerdote non ha saputo resistere alle sollecitazioni sue fervide, ed ho promesso formalmente di chiedervi la scarcerazione di Blanqui, il più prontamente possibile; cosa che io faccio.
Sarò felice, signor presidente, se ciò che vi domando non vi sembrerà impossibile: avrò così fatto del bene a parecchie persone ed al mio paese.
Flotte, ansioso, ricevette il 16 aprile questa lettera da Lagarde:
Versailles, 15 aprile 1871
«Signore,
«Ho scritto a Monsignor Arcivescovo, con l'indirizzo del signor direttore della prigione di Mazas, una lettera che sarà pervenuta, spero, e che gli sarà stata comunicata. Tengo a scrivergli direttamente come voi mi avete autorizzato per spiegarvi i ritardi che mi sono imposti.
«Ho già visto quattro volte il personaggio al quale era indirizzata la lettera di Monsignore: e devo attendere, secondo i suoi ordini, ancora due giorni la risposta definitiva.
«Quale sarà? Non posso dirvi che una cosa sola; che nulla ho tralasciato perchè essa sia secondo i vostri e nostri desideri. Nella mia ultima visita speravo che tale sarebbe stata e che sarei ritornato senz'altri ritardi con questa buona notizia.
«Mi erano state fatte alcune difficoltà, ma nello stesso tempo mi avevano dato a sperare. Disgraziatamente la lettera pubblicata sull'Affranchi e comunicata qui dopo che io avevo consegnato la mia, ha modificato le impressioni: vi fu consiglio, ed una dilazione per le nostre trattative, giacchè fui formalmente invitato a differire la mia partenza. Tutto però non è ancor finito ed io riprendo i miei tentativi. Potessi riuscire ancora una volta: voi non potete dubitare nè del mio desiderio nè del mio zelo.
«Permettetemi di aggiungere che, oltre gli interessi così gravi che sono in giuoco e che mi toccano da vicino, sarei felice di provarvi meglio che con le parole la riconoscenza che mi hanno ispirato il vostro modo d'agire e i vostri sentimenti. Qualunque cosa accada e qualunque sia il risultato del mio viaggio, credetemi che serberò il miglior ricordo del nostro incontro.
«Vogliate, se vi capita l'occasione, ricordarmi all'amico che vi accompagna, ed accettate, signore, di nuovo l'assicurazione della mia stima e della mia devozione».
Davanti a questa prima tergiversazione, l'arcivescovo dubitò, più di Flotte, che fossero proprio onesti e sinceri gli uomini del 71. – Ritornerà! diceva; ma nello stesso tempo l'arcivescovo non potè nascondere qualche emozione: conosceva bene Thiers e Lagarde. Alcuni giorni dopo, Flotte gli chiese una lettera che egli stesso voleva portargli: ma dopo i primi risultati si cominciò a diffidare: una persona sicura partì invece di Flotte, che come amico di Blanqui poteva essere trattenuto in arresto.
Ecco la lettera
Il signor Flotte, inquieto del ritardo che sembra patire il ritorno di Lagarde e volendo mantenere davanti alla Comune la parola data, parte per Versailles per comunicare le sue apprensioni all'interessato. Io non posso che sollecitare il signor Vicario ad esporre, ne' giusti termini al signor Flotte, come continua la questione, ed intendersi seco lui, sia per prolungare il suo soggiorno di ventiquattro ore, se è necessario, sia per ritornare, se fosse più conveniente.
L'Arcivescovo di Parigi.
Lagarde fece consegnare al latore della lettera queste parole, scritte in fretta con la matita.
«Thiers mi trattiene continuamente qui, ed io devo attendere i suoi ordini. Come ho già scritto parecchie volte a Monsignore, appena saprò qualche cosa di nuovo, ne la informerò.
E non si occupò che di restare, complice vile di Thiers, che voleva rendere impossibile alla Comune di evitare la morte degli ostaggi, a meno di non incorrere nel tradimento.
Blanqui era stato arrestato gravemente ammalato, in casa di suo nipote Lacambre: poteva anche essere morto. La signora Antoine, sua sorella, scrisse allora così a Thiers:
«Colpita da più di due mesi da una malattia che mi priva di tutte le mie forze, io speravo tuttavia di poter compiere presso di voi la missione alla quale la mia debolezza mi obbliga oggi a rinunciare.
«Incarico il mio unico figlio di recarsi a Versailles, per presentarvi una lettera in mio nome, e spero che voi, signor Presidente, vorrete ben accogliere la sua domanda.
«Qualunque siano gli avvenimenti in nessun tempo hanno mai prescritto dal mondo i diritti dell'umanità, nè misconosciuti quelli della famiglia, ed è in nome di questi diritti che io mi rivolgo alla vostra giustizia per conoscere lo stato di salute di mio fratello, Luigi Augusto Blanqui, arrestato già ammalatissimo, il 17 maggio ultimo scorso, senza che da allora una sola parola sia venuta da parte sua a tranquillizzare le mie apprensioni sulla sua salute, così seriamente compromessa.
«Se questa mia è una domanda che oltrepassa i limiti di ciò che voi potete concedere, di concedermi cioè di vederlo non fosse che per alcuni istanti, non potete, signor Presidente, rifiutare ad una famiglia desolata, di cui sono l'interprete, l'autorizzazione, per mio fratello, di indirizzarci qualche parola che ci rassicuri, e per noi di fargli sapere che non è dimenticato nelle sue disgrazie dai parenti che l'hanno tanto caro».
Thiers fece rispondere che la salute di Blanqui era cattiva, non tale però da mettere in pericolo la sua vita: ma che malgrado queste considerazioni e le inquietudini della signora Antoine, rifiutava formalmente ogni comunicazione col prigioniero sia orale che scritta.
Flotte però s'intestava a voler il cambio. Chiese all'arcivescovo una seconda lettera: gli fu consegnata e spedita a Lagarde, gran vicario dell'arcivescovo di Parigi.
«Il signor Lagarde al ricevere questa lettera, ed a qualunque punto si trovino le trattative di cui è incaricato, vorrà tornarsene immediatamente a Parigi e rientrare a Mazas.
«Qui non si riesce a comprendere come dieci giorni non bastino ad un governo, per sapere se deve accettare o no un cambio proposto. – Il ritardo ci compromette gravemente, e può avere conseguenze assai dolorose».
L'Arcivescovo di Parigi.
Mai da parte mia ebbi il minimo dubbio sul modo d'agire di Thiers, in tale circostanza; ma l'idea che Lagarde potesse anche non tornare non era venuta nè a me, nè ad altri.
Più generoso fu invece il dottor Nèlaton del rappresentante la Repubblica borghese: che, avendo uno de' suoi assistenti favorito un'evasione di Blanqui, l'aveva mandato a buon fine aggiungendo di suo il denaro del viaggio; ma come tutte le caste destinate a sparire, la borghesia si corrompe sempre più di giorno in giorno!