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"Chi ama il proprio fratello dimora nella luce"..
"Non so se potrò amarti: non so se potrò sopravvivere; ma io lo voglio uccidere".
E al piccolo, ombroso giardino, al quieto rifugio dove soleva passare le ore di riposo, egli aveva, di certo, confidato il suo grande, il suo penoso segreto.
Ed i cespugli ed i rami di fiori si eran dovuto stringere più volte attorno a lui, quasi a proteggere quell'esile, fragile spiga di grano biondo.
Quasi a diffondere nello spirito e nella carne di quel fanciullo tutto il loro profumo e tutto il loro colore.
Perchè diventasse un adolescente spensierato, ebro di canti e di sole.
Perchè passasse fra le vie d'un paese, trasformato in cimitero, senza vederne le tombe e le croci.
Senza soffermarsi a raccogliere, dalle sbarrate pupille dei morti, l'angoscia e lo smarrimento della notte senza giorno.
Senza sentire l'incontenuto singhiozzo che viene dal basso, dal fondo, e che fitti strati di drappi, di gagliardetti, di coriandoli, di fiori, di nastri, di ghirlande non arrivano a soffocare.
Senza ascoltare gli accenti di dolore che salgono da ogni strada, da ogni, sentiero, da ogni ciottolo, da ogni casa, da ogni colonna, e che una film a ripetizione di luminarie, di girandole, di parate, di scorrazzamenti regali, di concioni plateali, di carnevalesche esibizioni, non arriva a seppellire.
E mano mano che egli andava esercitando l'occhio ed i nervi al bersaglio, più dolce e più tenera aveva, di certo, dovuto farsi la voce delle aiuole fiorite.
Perchè non si ostinasse a guardare il pallore dei sopravvissuti, che hanno perduto la resistenza e il coraggio fra le ansie e l'affanno del naufragio.
Perchè non si ostinasse a inamarire le belle labbra appena in fiore, per figgere gli occhi nel volto delle realtà più spaventose.
Perchè preparasse i remi e le vele dell'animo suo, alle magnifiche soleggiate dei primi sogni giovanili.
Perchè tutto fresco di rugiada e di germogli, tutto fremente di nidiate e di bocciòli si riattaccasse, alfine, palpitante, al saldo tronco della vita.
"Io dormivo e il mio sogno divenne di fuoco".
Ma egli ha scosso lentamente la bionda testa serena ai richiami e alle lusinghe dei teneri, ridenti rami di fiori, e tornerà più deciso, e tornerà più sicuro a sfogliare le pagine ardenti dei suoi libri prescelti: amici incomparabili, amici silenziosi, amici segreti ed austeri della sua brevissima giornata.
E turpi, e tragiche, ed eroiche figure di tempi remoti si daranno ogni sera convegno, a quelle rievocazioni, nella piccola camera sospesa fra il mistero degli abissi e lo splendore delle stelle.
"Nessuno fece mai tanto bene ai suoi amici, nessuno fece mai tanto male ai suoi nemici come Silla; ma fu ucciso".
E si abbandonerà, folle di speranze, di singhiozzi, di rossori, di entusiasmi, fra le pagine poderosamente illuminate di Victor Hugo.
Magnifico e sublime, quel bianco vegliardo, arrovesciato da una scarica di duecento fucili, roventi bocche di fuoco celate fra le insidie, e fra le pieghe della notte!
Fulgenti e suggestivi gli occhi radiosi ed estasiati di Marius, invitto ed ardito sulle barricate fumanti!
Commovente e ammirevole quel monello intrepido e generoso cresciuto fra la miseria e l'abbandono della strada!
Ecco... Ecco...
Nella notte piena di palpiti, di respiri, di fantasmi e di visioni, non è più un altro fanciullo quel figliuolo della notte e della rivolta; ma è lui, proprio lui, Anteo, il piccolo Gavroche sorridente e leggero, il tenero fiore venuto su dal male, che passa, con un ramo di giunchi, fra gli insorti di Belleville.
Che getta, fra il turbine delle sommosse, le sue profonde sentenze infantili:
"Affidatevi ai bambini: diffidate degli uomini".
Che risponde, con tono orgoglioso, a chi gli affida una missione segreta:
"Un fanciullo come me è un uomo. Gli uomini come voi sono dei fanciulli".
Che salta d'improvviso, dove più avvampa l'incendio, con l'agilità e con la snellezza d'un clown.
Che cammina, cantando, alla testa degli insorti, mentre il suo esile corpo, ravvolto di cenci, sembra una fiamma che rischiara le crepitanti notti battagliere.
Sì... è lui... proprio lui, Anteo, quel fanciullo che guizza e riguizza come un lampo fra le nubi, fra la polve, fra gli spettri, fra i tuoni di ogni barricata.
È lui. E voi lo vedrete.
Perchè anche domani, fra le vie d'una città pavesata con lo sfarzo più favoloso; perchè anche domani, fra lo scintillio d'una selva di uniformi, di baionette, di pugnali, egli si aprirà un varco sottile, per affrontare, da tutto solo, un tiranno.
"Non so se potrò amarti: non so se potrà sopravvivere; ma io lo voglio uccidere".
Ed ecco...
Questi magnifici quindici anni cosparsi di atomi d'oro, si avviano, con occhi di cielo, e con piedi di luce, verso il tragico schianto.
Ed a me sembra che tutto il mondo, ora, pieghi le ginocchia e si raccolga attorno ad essi, nel trepidante istante che precede l'annunciato miracolo.
Perchè è di sotterra, proprio di sotterra, dallo strazio profondo dei caduti, che pare sieno usciti d'improvviso, getto di fiori, per riportare fra gli uomini la vita.
Mentre Chopin, assiso fra coltri di nubi, ricerca nell'infinito le armonie più dolorose.
"E il cielo si ritirò come un libro che si ravvolge".
Un fascio di sogni in germoglio.
Un'alba carica il grembo di aurora.
Una fresca risata di primavera ricolma di azzurro.
Un chioccolìo d'acque limpide fra le asperità dei boschi.
Una tastiera armoniosa e fatata di canti rinfusi ed informi.
Un lembo di cielo scolpito nello zaffiro.
Una volata di rondini nel tripudio d'aprile.
Un volteggiare d'aquilotto sicuro sulle cime superbe.
Un sorriso di mare tra le labbra delle perle.
Una gondola d'oro fra le braccia delle sirene.
Una ridente fiorita di stelle in una notte di Maggio.
Una raccolta di timidi sogni gentili sotto un bacio di luna.
O voi, che lo avete colpito nel cuore, mentre egli verso di voi camminava con le mani ricolme di luce;
O voi, che lo avete serrato alla gola, mentre egli nella gola celava il vostro canto più nuovo;
O voi, che gli avete le ali trafitte, mentre egli vi accennava il volo sublime;
O voi, che lo avete immerso nelle tenebre, mentre egli era per gridare ai morti implacati: Sorgete;
O voi, che lo avete inchiodato alla terra, mentre egli voleva la terra lavare da un ammasso di sangue;
Sollevate, dunque,
Inalzate, dunque,
Roteate, dunque,
davanti al Cesarissimo duce, il provvido pugnale fedele... immerso nel petto bianco di questo dolce fanciullo!
E l'avrete una onorificenza, domani, pusillanimi giullari venali;
E l'avrete un cordone o una ciarpa, ricurve schiene di servi abbietti e tremanti;
E l'avrete una commenda o una croce, lombrici obliqui e striscianti;
E lo avrete un ciondolo d'oro, un ciondolo d'oro da attaccare sul vostro petto di schifosissimi mostri, o eroi, dell'ultima moda, eroi senza macchia e senza paura, spremuti dalla forza, dal coraggio, dall'ardire, dalla gloria, dalla possanza, dalla giovinezza, dalla tenacia, dal genio... della nuova Italia rinvigorita e rinnovellata.