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I lampioni.
.... Quella sera, seduto sopra una colonnina di Monte Cavallo - nella poetica posa di tutti i grandi uomini giovanetti, derivati dal Colombo del Monteverde - me la godevo un mondo, alla vista di quel vasto ondeggiamento di folla in letizia, mentre i lanternini variopinti tremolavano su cappelli e cheppì, mentre i due simulacri dei Dioscuri, di oscuri si facevan luminosi, per la luce dei bengali, tingendosi in rosso, in verde, in viola - e l'acqua della fontana, mormorando insieme alla folla, pareva ora una pioggia di smeraldi, or di topazi. Quel formicolare gigantesco di luci e d'ombre, quel festoso gridìo che si spandeva nella serenità della notte romana, infondeva in me come negli altri un senso di giocondo entusiasmo e gli occhi si fermavano, con orgogliosa tenerezza, su quel gruppo di vecchi reduci dai patrii eserciti, da cui sorgeva una fila di lampioni oscuri, con lettere bianche e luminose, combinate in modo che risaltava in aria la scritta:
I VETERANI.
Per quanto fu lungo il tragitto, quelle radianti lettere non si scomposero mai, come se coloro che le portavano si ricordassero ancora l'antica esattezza militare e, nel passare tra le fitte spalliere di popolo, provocavano un saluto e un plauso dalla moltitudine.
Mentre anch'io, come tutti gli altri, ammiravo la bella riuscita del corteo e lo stupendo insieme del gruppo dei veterani, per via d'antitesi ricordavo un caso di luminaria andata a male - saranno ormai quattordici o quindici anni - nel modesto quanto ignoto comune di Crescimbeni, sul Nervia.
Da tempo immemorabile, era sindaco di Crescimbeni il cavaliere Procopio De Collepranis, uomo illetterato e integerrimo, il quale, nel commercio dei semi oleosi, aveva riunito con felice abilità un patrimonio considerevole e la fiducia amministrativa de' suoi concittadini.
In seguito a otto giorni di pioggia, il Nervia si gonfiò in modo straordinario e minacciò una inondazione nei bassi fondi sociali di Crescimbeni. Il sindaco - raccogliendo tutta la sua energia nelle misure precauzionali - chiamò a sè un abile falegname e gli ordinò dodici cassette pensili, destinate a raccogliere le oblazioni a pro degli inondati, e poi aspettò.
Ma il Nervia - con la malignità pettegola dei fiumi di provincia - deluse la generosa antiveggenza del sindaco e il cavaliere Procopio De Collepranis, facendo riporre le dodici cassette nelle cantine municipali, disse all'usciere:
- Ricordatevi che i romani conquistarono il mondo con sole dodici tavole.
La frase fece il giro della farmacia di Crescimbeni e il maestro comunale disse, con accento d'autorità:
- Il cavaliere De Collepranis è un.... parallelo di Plutarco; bisognerebbe far qualche cosa in onor suo; un arco di trionfo.... un sonetto.... una serenata.... sei bottiglie di Barolo con le firme degli elettori.... qualche cosa, insomma.
La sera medesima s'adunò in solenne assemblea il Club dei caciocavalli e, dopo lunga discussione, fu decisa una fiaccolata in onore del cavaliere Procopio, con incarico al maestro comunale di fissarne il programma: anzi, facesse pure di sua testa quel che credesse meglio.
Il maestro comunale, Diodato Ciuffetti, rimuginando l'alfabeto, pascolo abituale dei giovanissimi idioti ai quali impartiva la luce dell'anima, ebbe un'idea originale, un concetto felice e straordinario. Fece fare venticinque lampioni di carta oliata e di forma ovoidale: ognuno dei quali con lettera trasparente: in tutto venticinque lettere che, disposte abilmente su tre file, si presentavano così:
DE COLLEPRANIS.
E non basta. I lampioni, ogni tanto, avrebbero dovuto mutar posto con precisione matematica, per comporre delle nuove scritte, in onore del sindaco, degli anagrammi più o meno riusciti, come sarebbe questo:
Fatti i lanternoni, il maestro riunì attorno a sè venticinque analfabeti di buona volontà e li educò militarmente con la pazienza d'un vecchio sergente istruttore che ha da insegnare a reclute di montagna quale sia la man destra e quale la sinistra.
Il maestro Ciuffetti, venuto il gran giorno (era una domenica, sull'avemaria) tenne i suoi militi sotto le armi per sei ore di seguito, poi dichiarò al comitato ch'egli era pronto a scendere in piazza.
Sull'imbrunire, si formò il corteo che dai casotti del dazio, attraversando la via principale, si mosse lentamente verso la piazza del municipio.
I lampioni, ordinati con cura dal maestro Ciuffetti, partirono insieme come un lampione solo, facendo vedere sopra una linea le parole:
VIVA PROCOPIO DE COLLEPRANIS.
Ma, dopo cento passi, l'ondeggiamento irregolare della folla aveva già sensibilmente alterato la situazione dei lampioni, senza contare che un'R s'era fermata a un'osteria per berne un quintino, e tentava inutilmente di raggiungere il suo posto già invaso da un'N.
Quando si fu vicini alla chiesa parrocchiale, il prevosto - nemico politico del maestro - apparve, con un sorriso sarcastico, sulla gradinata.
- Voglio che crepi di bile! - pensò il maestro, e volgendosi ai lampionai gridò:
- Componete il primo anagramma.
La massa dei lampioni si scompose come i pezzi d'un caleidoscopio, poi parve riordinarsi, ma la prima fila non mostrò che questa misteriosa, indecifrabile parola:
mentre, proprio nel passare davanti al prevosto,
una seconda fila si presentò con questa combinazione:
Il prevosto si ritirò, gridando al maestro:
Diodato Ciuffetti ebbe un leggero brivido di paura, ma poi si strinse nelle spalle e tirò innanzi, gridando ai lampionai:
- State attenti, somaracci infami! Adesso passiamo sotto la casa del sindaco e, a un mio segnale, farete quel primo anagramma che non vi riuscì: Viva il sindaco1 eroe.... avete capito? Attenti, che c'è appunto la sua signora alla finestra.
E salutando ossequiosamente la moglie del sindaco, il maestro Ciuffetti diede il segnale e tosto i lampioni si presentarono così
LE CORNA
DEL CAPRO....SI
- Schifosi! - urlò il povero maestro, scagliandosi contro i lampioni e, nel suo cieco furore, diede un pugno sugli occhi al D, uno schiaffo per uno ai tre P e un calcio all'N, calcio che a dirittura sfondò l'ANIS del nome sindacale.
Intanto, il corteo, tra bene e male, più male che bene, giungeva sulla piazza del municipio; il maestro Ciuffetti si strappava i suddetti a dozzine dalla testa, e si spolmonava gridando ai lampionai:
- Ma non vi ricordate quel che vi ho insegnato, brutti infami?
E poi, con voce carezzevole:
- Da bravi, figlioli miei, un po' di buona volontà! componetemi Viva il sindaco eroe! Non vedete che si arriva davanti al municipio? Noi siamo disonorati!...
Tra i gemiti del maestro, i lampioni fecero una sosta, s'incrociarono, si confusero, parvero riordinarsi e finalmente si formarono così:
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il maestro Ciuffetti, con gli occhi fuori della testa, prende per le orecchie il primo V che, trascinato dalla folla, gli capita tra le mani e lo scaraventa contro un muricciolo. Proprio in quel momento, ecco trafelato il presidente del Club dei caciocavalli, che strilla al maestro:
- Presto! presto!... il cavaliere De Collepranis scende le scale del municipio.... presto!
- Viva il sindaco eroe! lampioni, riabilitatevi!
Il sindaco appare maestosamente sulla porta del municipio e i lampioni si combinano così:
Il Sindaco (cominciando il discorso). Grazie, o fratelli....