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Il tramonto è soave: il mare è di un turchino intenso cupo, e il cielo è d'oro: le torri della fortezza si profilano in grigio scuro sull'orizzonte, che ha i riflessi dei grandi mosaici bisantini; sulla rotonda del Pirgo è un elegante ronzìo di signore che, nella penombra crepuscolare, sgranocchiano amorucci, mode, piccole maldicenze e scioccherie. I fredduristi, i manipolatori di colmi, gli amatori di logogrifi passano da un gruppo all'altro, spacciando come possono la chincaglieria dello spirito. Secondo l'indole, i gusti, l'età, il temperamento o l'abitudine, si formano i piccoli crocchi dell'intimità che negli stabilimenti dei bagni sono sempre composti di quattro persone: la coppia balnearia è, invariabilmente, una duplice coppia: si è in due soltanto a patto d'essere in quattro.
(non si citano che le categorie principali).
Gruppo di corte lecita con avviamento al matrimonio: la figlia - l'innamorato - la mamma - l'amico che fa discorrere la mamma.
Gruppo eventuale, senza avviamento probabile allo stato civile: la figlia - l'amante - la mamma della suddetta - una vecchia signora che distoglie l'attenzione della mamma e ne salva la dignità.
Gruppo di famiglia: la moglie e il marito - l'amico - il viceamico che gioca a tarocchi col marito.
Gruppo autorevole; la moglie del prefetto - l'amico della moglie del prefetto - il prefetto - l'amica del prefetto.
La coppia in quattro è, ripeto, inevitabile in uno stabilimento di bagni: pure c'è, per il momento, una coppia in due, ma non si tratta che di due dame e il caso è tanto raro quanto temporaneo.
La coppia è formata dalla contessa di Mallare e dalla marchesa di Santelmo, due graziose donnine inseparabili, le quali, senza dirselo, non aspettano altro che il momento di formare anche loro la famosa coppia balneare in quattro, e intanto passeggiano su e giù a braccetto, bisbigliando confidenze e sparlando, con garbo e spirito, delle amiche intime.
Ma, ogni tanto, anche senza volerlo, gli occhi loro guardano verso l'ingresso e le labbra vermiglie fanno qualche smorfiettina d'impazienza. La contessa di Mallare non sa capire come il capitano Trocchi di Costigliole ancora non sia venuto, mentre per solito a quell'ora non manca mai; la marchesa Santelmo, a sua volta, domanda a sè stessa dove diamine si sia cacciato il giovine baroncino di Cherasco, e sente il cuore tenagliato da un'indistinta gelosia.
Ciascuna ha il suo pensiero fisso, ma si parla di tutt'altro e il discorso corre lo stesso, tanto più che non ha soggetto determinato e va a capriccio, come il volo delle farfalle.
La Santelmo, per dir qualche cosa, domanda alla contessa di Mallare:
- Che fa la Gabrielli? È tanto tempo che non l'ho vista.
- Che cosa vuoi che faccia? Fa.... paura.
- Come?... È tanto brutta?
- Bruttissima: quasi quanto la De Sottaz.
- Quale De Sottaz! io non la conosco.
- Come, non la conosci?
- Per niente.
- Ma che! tu la conosci benissimo. Non ti ricordi.... il male che ne abbiam detto ieri?
Un giovanotto attraversa la sala da ballo, avviandosi verso la rotonda e la contessa di Mallare dice, con accento maliziosetto:
- Ecco finalmente il di Cherasco!
La marchesa Santelmo trasalisce e guarda per poi soggiungere:
- No, non è lui.
- Però, guarda, come gli somiglia! non ti pare?
- Non mi pare: in ogni caso, non me ne rallegro con lui, perchè quel povero baroncino ha una figura tutt'altro che simpatica.
- Ma che dici?
- E poi è così stupido, così noioso, così pretenzioso, Dio mio!
- Fai male, vedi, a dire di queste malignità.
- Ho detto di peggio iersera, nella sala, e c'erano più di venti persone. Che me ne importa?
- Hai fatto anche peggio: non bisogna che il pubblico prenda parte a questi malumori.
- E perchè?
- Perchè il pubblico, cara mia, fa un mondo di supposizioni perfide e maligne sui rancori di due persone che si sono amate.
- Ma come! anche tu, come altra gente, credi che io sia stata l'amante del di Cherasco?
- Sicuro!
- Ma questo è un abominio; questa è una calunnia! io ti posso provare che non c'è niente di vero, che non c'è mai stata neppur l'ombra di una relazione fra me e lui.
E qui la bella e stordita marchesa di Santelmo si mette a sciorinare, dirò così, tutti i documenti umani secondo i quali resta assodata la purità della sua condotta.
La contessa ascolta freddamente questa apologia con un sorrisetto di scetticismo.
- Non sei dunque persuasa? - conchiude la marchesa.
- No: per niente.
- Ma in base a che ti ostini a credere ch'egli sia stato amante mio?
- In base a che?!...ma se, mia cara, sei proprio tu che me lo hai detto!
- Davvero?
- Davvero.
- Guarda un po'! me n'ero scordata.