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Il mistificatore.
Aveva
un aspetto, per dir così, tondo, autorevole e venerando: Vestiva un po'
all'antica, come conviene a un uomo che ha passato la cinquantina, ma non senza
eleganza, sopratutto non senza un'estrema pulizia. I suoi alti solini
inamidati, che quasi gli segavano il collo taurino, erano d'un candore così
lustro che parevano di specchio. Estate e inverno, portava tuba e soprabito marron cupo: tuba
grigia l'estate, di feltro nero l'inverno. Si scopettava gli abiti da sè, più
volte il giorno, con una cura minuziosa addirittura incontentabile: il suo
vestiario, più che per l'uso, si logorava a furia di scopetta. Non aveva che
questa duplice manìa: scopettarsi gli abiti e mistificare la gente. I suoi
calzoni, d'una tinta chiara e immacolata, lasciavano scorgere le calze di
colore e facevano risaltare le scarpine di coppale, ornate di un largo cappio
di seta nera. Sulla sottoveste brillava una catenina d'oro piccola e massiccia,
da cui dondolava una quantità di gingilli. Sull'addome prominente gli
ciondolava un pince-nez legato in oro,
di forma quasi goldoniana. Egli, inoltre, portava sempre guanti scuri, in filo
di Scozia, finissimi: poi, un bastoncino di canna d'India, con pomo liscio
d'acciaio. Un aspetto, ripeto, autorevole tondo e venerando, tra il magistrato
e il console d'una potenza europea, tra il ricco mercante di granaglie e il
ricevitore delle gabelle, tra il banchiere ritirato dagli affari e il
proprietario di vasti latifondi a mezzadria. Tale era, in pubblico, il signor
Nicola Bonacci, che si godeva, in tranquillità solitaria, le sue rendite
modeste sì, ma per lui più che sufficienti.
Faceva la vita del vecchio scapolo, con ambizioni molto limitate, ma in una continua e invidiabile serenità, contentandosi del sole e della pioggia e ringraziando vivamente l'Eterno tutte le volte che riesciva a mistificare il prossimo.
Per un pezzo, le sue persecuzioni furono dirette contro la categoria dei portinai.
Entrava nel portone dei palazzi più aristocratici e, con fisonomia sorridente, affabile, chiedeva al portinaio:
- Sta qua di casa il signor Geremia?
- Nossignore.
- Eppure!... non è questo il numero 43?
- Sissignore.
- Ma allora il signor Geremia sta proprio qua, al secondo piano!
- Le dico di no: al secondo piano, c'è il conte di Santafiora.
- Ma che conte di Santaflora! Vi dico che è Geremia. Non è un uomo sulla quarantina?
- Nossignore; avrà forse trentadue anni.
- Appunto come dicevo io: trentadue anni. Allora, caro mio, è proprio Geremia.
- Si figuri! sta qui da cinque anni.
- Cinque anni! non c'è più dubbio. Credete a me: egli è Geremia.... Figuratevi se non lo so!... l'ho visto uscire io di carcere cinque anni fa.
- A ogni modo, - proseguiva il Bonacci, imperturbabile, - non vorrei fare equivoco. Informatevi un po' se sia veramente lui: Nicodemo Geremia, condannato a sei anni, per falso in atto pubblico.... Domani, ripasserò.
E usciva con passo veramente solenne.
Certe volte, per le strade più frequentate si avvicinava a un signore d'apparenza ingenua, gli faceva tanto di cappello e gli diceva con voce insinuante:
- Sarebbe tanto cortese da rendere un leggiero servizio a un galantuomo?... a me?
Il signore, davanti a un signore d'aspetto così rispettabile, s'affrettava a rispondere:
- Dica....dica pure. Se è cosa ch'io possa fare!...
- S'imagini: è la cosa più semplice di questo mondo. Vede: ho due fratelli che stanno in quella casa là, al primo piano.... e indicava una casa qualunque, a preferenza un palazzo; poi soggiungeva: - In questo momento, avrei bisogno urgente di parlare a mio fratello minore: Peppino. Proprio urgenza, creda! Lei mi dirà: e perchè non sale da suo fratello? Il perchè è semplicissimo. Sono in lite con l'altro mio fratello: Gerolamo, e tutte le volte che mi vede cerca di far parole, mentre io aborro i litigi, soprattutto fra parenti....
- Niente di più lodevole, di più onesto!
- Grazie. Ora, capisce, non vorrei incontrarmi per nulla con Gerolamo; neppure vorrei ch'egli sapesse che cerco di Peppino. Lei, dunque, dovrebbe farmi un piacere. Io resto abbasso, sul portone; lei sale, bussa e domanda: C'è Peppino Bonaiuti?...
- Ho capito! lo fo chiamare e gli dico che lei è giù nel portone e che....
- Ma mi raccomando! lo chiami da parte e gli parli sottovoce, chè non senta il domestico; perchè la servitù è tutta per mio fratello Gerolamo e non vorrei... mi capisce?
- Bravo! le sarò tanto riconoscente.... Si ricorda? Peppino....
- .... Bonaiuti! oh, non mi sbaglio.
L'individuo entrava nel portone e cominciava a salire le scale; allora Nicola Bonacci chiudeva con violenza il portone e s'appendeva all'anello gridando:
Accorrevano due o tre persone e qualche vicino s'affacciava alla finestra.
- I ladri! un ladro! - gridava Nicola.
- Dove?
- Nelle scale.
- Bisogna chiamare le guardie!
- Chiamatele subito! oh, Dio, mi pare che dei ladri facciano forza dal di dentro per aprire....
I cittadini zelanti s'affrettavano a prestare man forte a Nicola e s'appendevano in cinque o sei all'anello, puntando i piedi contro lo scalino e gli stipiti.
- Tenete forte, - diceva lui, allora - chè io corro in questura.
E via, di galoppo, svoltava subito per un vicoletto e andava in altro punto della via per godersi la scenetta di lontano.
E la scenetta, come vi potete figurare, prendeva a poco a poco proporzioni fenomenali.
Tutta la casa era in trambusto, mentre il disgraziato bussava all'uscio d'un Peppino Bonaiuti imaginario. L'infelice, guardato con diffidenza, veniva licenziato bruscamente da un servo che gli sbatteva l'uscio in faccia. Allora, scendeva per uscire e trovava il portone chiuso; si metteva per aprire e non poteva, mentre voci irate dal di fuori strillavano:
- Forza! forza! che i ladri tentano di scappare!
Allora, giù per le scale una irruzione di servidorame armato d'arnesi domestici; indi il portone si spalanca.... entrano guardie cumulative, trovano un individuo in attitudine sospetta, il quale non può giustificare la sua presenza in quel portone e.... prima che si chiariscano bene le cose!...
Una domenica, d'accordo con un amico, Nicola va sul ponte di Carignano e, dopo avere tracciato, sui muriccioli, una quantità di segni cabalistici con un pezzo di gesso, svolge una lunga fettuccia rossa e corre lungo il ponte, verso Sarzano, mentre l'amico, con l'altro capo della fettuccia, corre verso la chiesa di Carignano. Intanto, i curiosi cominciano a fermarsi.
- Che sarà?
- Uhm!
Nicola si ferma a un certo punto - dal quale non si vedeva più il suo compagno, grazie alla linea spezzata del ponte - e comincia ad alzare la fettuccia rossa, abbassarla, tirarla, allentarla, facendo col gesso delle croci e dei numeri sulle selci e sul muro. Tosto, si forma intorno a lui una straordinaria agglomerazione di curiosi.
- Che faranno?
- E chi ci capisce?
- Che vogliano, rifare il ponte per diritto?
- Ah! è probabile.
Ma Nicola zitto; soltanto, a ogni po' dava strappate alla fettuccina con gesti di viva impazienza, borbottando:
-
Ma che fa quell'altro? più su, più su!... non capisce niente!.... accid....
Poi, dà un'occhiata in giro, vede un signore attempato che guarda tutto quell'armeggìo a bocca aperta e gli dice:
- Mi farebbe il favore di tenere un minuto questa fettuccia? il mio compagno s'è sbagliato di posto e bisogna che vada io, se no!....
- Subito! ma si figuri! - e il signore attempato prende in mano la fettuccina, tutto orgoglioso di prendere parte a quella inesplicabile cerimonia dicendo:
E Nicola attraversa rapidamente il ponte e scompare.
All'altro capo, l'amico aveva ripetuto la stessa identica scena con un altro signore, così che due ignoti, senza saper che facessero, restavano là, tra quei due circoli di curiosi e di sfaccendati: restavano là col braccio teso, reggendo quella fettuccina rossa, con una grande importanza....
Qualcuno chiedeva:
- Ma che fanno?
E loro, con supremazia e mistero:
Nicola, una sera, entra in uno di quei necessari e molto frequentati stabilimenti, ove c'è una serie di porticine come negli stabilimenti di bagni.
Nicola si pianta in mezzo della sala e con voce stentorea grida:
- In nome, della legge, fuori tutti!
Tosto s'ode un sordo rimescolìo dietro quelle porticine, si schiudono e appaiono dei visi pallidi, inquieti....
Nicola passa davanti a ogni porticina e guarda una per una quelle apparizioni spettrali, poi se ne va, dicendo con accento autorevolissimo:
- Va bene, va bene! possono continuare!