IntraText Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText | Cerca |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
Tutto
era pronto a Grotticella per degnamente accogliere la colonia estiva. Non
mancava più che non una cosa soltanto: la colonia.
Ma la colonia dei bagnanti non poteva mancare: basti, dire che l'albergatore all'insegna del Cervo d'oro avea inserito persino un pomposo annuncio sulla quarta pagina del Calopinace, annunzio che terminava con una frase nuova e destinata a produrre sensazione profonda:
- Il servizio
inappuntabile e la modicità nei prezzi fanno sperare al sottoscritto un
numeroso concorso.
Il sindaco di Grotticella, stornando parte dei fondi destinati all'istruzione pubblica s'era deciso a vestire in tela di Russia le guardie, i concertisti municipali e finalmente anche l'unico accalappiacani, affinchè - diceva il sindaco - facesse bella simmetria, non si sa bene a che.
Il Circolo
marittimo
- volgarmente detto Società
dei sigari scelti
- nel quale si riuniva, in quotidiano idiotismo, l'elemento più giovane e
cospicuo di Grotticella, dopo discussioni turbolenti in assemblea generale,
aveva deliberato di cambiare il titolo in quello esotico e pomposo di Club
International,
in omaggio ai forastieri che sarebbero venuti dalle quattro parti del mondo,
specialmente in occasione delle feste di Sant'Elmo, che duravano tre giorni,
con messa cantata, corsa nei sacchi e fuochi artificiali appositamente
manifatturati dal famoso pirotecnico Gerolamo Forcella, premiato con menzione
onorevole al concorso di Poggibonsi.
Sulla spiaggia incantevole, lungo la dolce insenatura di rena finissima e morbida, sorgevano due dozzine di baracche in tela gialla a liste turchine, allo scopo di rappresentare l'illusione di uno stabilimento di bagni. Le baracche erano sorte per iniziativa municipale e per sottoscrizione pubblica: inaugurate come un monumento, al suono dell'inno reale e con un discorso del primo magistrato che conchiuse tra i più vivi applausi:
- E così, in questo giorno solenne, o padiglioni balnearii, a cui è legato il prospero avvenire della nostra città, vi dichiaro ufficialmente inaugurati e, a nome dell'intera cittadinanza, vi stringo fraternamente la mano e vi dò l'estremo saluto, in attesa di tempi migliori.
Ma
i tempi migliori si facevano attendere un po' al di là del confine permesso
alla gente per bene. Il mese di luglio era quasi per finire e l'albergatore del
Cervo d'oro, il quale s'era arrischiato all'impresa con capitali molto
meschini, si sentì alla vigilia del fallimento. E le minaccie del fornitore dei
mobili presto si tradussero in atto. Un giorno il giovane Eligio Nasica,
vicepresidente dei sigari
scelti,
andò al Cervo
d'oro,
più per incoraggiare l'industria paesana che per far colazione, e chiese a
quell'unico cameriere cui era commesso il servizio inappuntabile:
- Avete dell'aragosta?
- No.
- Del rosbiffe?
- No.
- Del caciocavallo almeno?
- Neppure.
- Ma allora che roba avete?
- Abbiamo.... due uscieri che mettono i sigilli.
E precisamente in quel giorno, per amarissima ironia della fatalità, giunse a Grotticella il primo bagnante.
Era
un uomo alto, robusto, miope, vestito con una certa eleganza vistosa, con una
spilla di diamanti sulla cravatta, con una grossa catena d'oro, che gli
ciondolava sulla sottoveste, e con bottoni enormi d'oro massiccio, foggiati a
ferro di cavallo, sui manichini della camicia. Il suo bagaglio era composto di
ben sei casse, tutte borchiate d'ottone, di forma alquanto singolare e chiuse
con lusso straordinario di complicati congegni. Tal che, per cura
dell'albergatore del Cervo3
d'oro,
si sparse la voce essere il bagnante un principe indiano che tornava dal
giubileo della regina Vittoria e che quelle sei casse erano certamente il suo
seguito.
La voce in breve prese tale consistenza, fu talmente accreditata in Grotticella, che bastò a sospendere persino l'applicazione dei sigilli e indusse i membri della Società dei sigari scelti a deliberare d'urgenza una festa da ballo in onore della "colonia forastiera".
Ma il bagnante, nella sua sincerità, si affrettò a distruggere le illusioni dell'albergatore declinando le proprie generalità: Enrico Bertelli, commesso viaggiatore in bigiotterie reduce da Milano, diretto a Napoli.
- Dipende: se riescirò a far qualche cosa!....
- Creda alla mia esperienza! in questa settimana, non c'è nulla da concludere: ma tra dieci giorni, non si saprà più, a Grotticella, dove alloggiare i forastieri, tanti ne verranno, e allora lei farà Indie. Intanto, qui lei starà come un principe. Con quattro lire al giorno, lei è spesato di tutto, comprese le mancie. Senza contare che lei può fare il suo bravo bagno di mare. Abbiamo uno stabilimento che non ne trova un compagno neppure a Livorno!
I
patti economici, l'idea del bagno di mare, sedussero talmente Enrico Bertelli,
che l'albergatore del Cervo
d'oro,
giusto premio ai suoi eloquenti lenocinii, vide il commesso viaggiatore di bigiotterie trasformarsi in
un vero e proprio bagnante. Le persone cospicue di Grotticella serbarono
cautamente il silenzio sulla professione del nuovo arrivato, che personificava
la sospirata colonia, e che fu ricevuto nel Club International con onori
veramente principeschi, tanto che il cameriere dell'albergo, gli inservienti
del circolo e il bagnino gli davano dell'eccellenza a tutto pasto,
come a quei re
di Prussia
incogniti che passeggiano abbottonati lungo i cinque atti dei drammi del
Federici.
Tre giorni dopo, la sorpresa e la felicità dell'albergatore del Cervo d'oro erano al colmo. Due veri bagnanti, due bagnanti autentici, nonchè di sesso diverso, si presentavano a chiedere alloggio all'albergo e per tutta la stagione. La sera stessa, il sindaco di Grotticella, a spese dell'erario comunale, mandò al Calopinace un dispaccio di quindici parole, in cui con ingegnoso laconismo si dipingeva la fiorente colonia e la città festante, non senza le debite lodi alla banda e alle sue scelte melodie.
Sì: veri bagnanti, senza alcun sospetto di nascoste bigiotterie.
Egli era un vecchio d'aspetto venerando: diritto ancora e di sana complessione, malgrado una lunga barba gialliccia che lo faceva parere più maturo, anzi caschereccio, di quel che fosse in realtà. Aveva l'aspetto e i modi d'un signore che vive, e bene, del suo.
Quanto
a lei, era quel che si dice un bel pezzo di ragazza, alta, formosa, coi capelli
folti e nerissimi, con occhi grandi irrequieti e scintillanti sotto i lunghi
sopraccigli: con un busto degno.... di figurare al Pincio assai meglio di
qualche grand'uomo: un insieme d'energia e di grazia, di vitalità e di
languore, pieno di seduzioni. Quando le sue ciglia si abbassavano e il bel viso
pallido e ovale prendeva un'espressione pensosa, ricordava certe voluttuose
madonne del Gian. Bellini, che destano i pensieri più pagani nei cervelli della
cristianità.
I due bagnanti chiesero all'albergatore se avesse un quartierino per bene.
- Ho appunto ciò che conviene a lor signori: due magnifiche stanze, al primo piano, con un saloncino in mezzo che, garantisco, è un amore.
E mentre i viaggiatori, visitavano l'alloggio, l'albergatore linguacciuto continuava:
- Guardino che vista! Sembra d'avere il mare in camera. E poi, pare un quartierino fatto apposta per loro. Il numero 1 è la sua camera - soggiungeva l'albergatore, rivolgendosi al vecchio - e vi starà benone; non dia retta che vi sia la zanzariera, è messa per lusso, chè non c'è una zanzara a pagarla un marengo. L'altra camera è il numero 3 e la sua signora figlia, creda, vi si troverà come in casa sua. C'è anche una loggetta piena di garofani.
I due viaggiatori sorrisero e il vecchio, dopo avere scritto il nome sul registro, congedò l'albergatore, per essere in libertà.
L'albergatore, disceso al pianterreno lesse:
- Commendatore Fabio Torcello, da Firenze, e fam.
E tosto andò di corsa in piazza, per dare al sindaco in persona la notizia che l'Albergo del Cervo d'oro aveva l'onore d'ospitare un collare della Nunziata.
Quella sera, per festeggiare l'inaudito avvenimento, si fece allo stabilimento la prima luminaria, con ventiquattro palloncini alla veneziana, dodici dei quali ornati dai colori nazionali e con la scritta trasparente
Quando i due bagnanti autentici si trovarono soli nel saloncino, occupati a slacciare le valigie, il commendatore Fabio Torcello andava dicendo con voce monotona e cadenzata, quasi parlando tra sè:
- Hai inteso, Cecilia?.... eccoti, dunque, bell'e battezzata per figlia mia! Eh, non ha poi tutti i torti, l'albergatore. Tra noi due c'è una differenza di diciannove anni e tre mesi: ma in apparenza ho almeno trent'anni più di te. E l'apparenza, in questa faccenda, è tutto! - aggiungeva, sospirando: - e qualche volta.... è anche la sostanza!
- Se ci siamo sposati - lo interruppe Cecilia, mentre rassettava certe sue vesti elegantuccie - vuol dire che mi piaci così e che non amo col calendario alla mano. Ti rincresce forse che l'albergatore?....
- Eh.... piacere non me l'ha fatto di certo! pure è un'idea.... forse una buonissima idea. Ci siamo rifugiati in questa cittaduzza ignota appunto per iscansare tutte le noie e tutto il pettegolume della società e dei miei parenti che non hanno accolto il nostro matrimonio, diciamolo pure, con entusiasmo. Ecco, dunque, un'occasione eccellente per vivere due mesetti in pace, nel più perfetto incognito....
- Capisco: ma non sarà molto divertente Grotticella!
- Oh, non dico già d'isolarci, di chiuderci come due orsi: anzi, ho una certa curiosità di conoscere questo4 bocconcino di mondo nuovo. Ma per evitare.... m'intendo io!.... non darò una smentita a quel buon diavolo d'albergatore. Noi, per i grotticellini, saremo padre e figlia.
-
Che idea!
- Lascia fare.... vedrai che ci divertiremo quanto a una commedia. Bada però a sostenere bene la tua parte!
Cecilia diede in una forte risata argentina, ma poi si fece seria e si lasciò sfuggire una lieve mossetta dispettosa, quasi pensando:
- Eh, tu piuttosto farai anche troppo bene la tua!
Da quel giorno in poi, per mutuo consenso, in tutta Grotticella e dintorni Fabio Torcello fu conosciuto per "il commendatore e sua figlia".
Del resto, le regole della buona società, in Grotticella, erano state assai modificate dagli usi e dai bisogni locali. Invece di farsi presentare ai notabili, ai probiviri, alle celebrità mandamentali del paese, il commendatore Fabio Torcello non ebbe altro disturbo che quello di ricevere: tutti facevano a gara per presentarsi a vicenda: e nel saloncino del Cervo d'oro era una continua sfilata di assessori, di capitani di lungo corso, di farmacisti, di dottori, di notai, di ricevitori del registro.
Per un momento fu eclissato lo splendore del principe indiano, reduce dal giubileo della regina Vittoria. Tutti gli omaggi, tutte le feste erano per la nuova effettiva colonia: il collare della Nunziata e la figlia del collare medesimo.
Anzi, il sindaco mandò al Calopinace una cartolina d'ufficio, in forma di corrispondenza balneare, in cui leggevasi:
-
Le nostre spiagge sono ormai gremite di bagnanti. L'altra sera vi fu
brillantissimo ricevimento, sino a notte inoltrata, nelle sfolgoranti sale del
nostro Club
International.
La colonia dei bagnanti era au grand complet e primeggiava un alto dignitario
dello Stato, il commendator F. T*** con la bella e gentilissima figliola, ch'è
il sospiro di tutta la nostra gioventù elegante.
Fu appunto in tale ricevimento che, con intervento del sindaco, in forma diplomatica, fu fatta la presentazione del principe indiano al collare della Nunziata. Pareva il convegno di due potentati europei.
Enrico Bertelli, convien dirlo a sua lode, non piacque al commendatore Fabio: viceversa, riescì molto simpatico a Cecilia. Dal canto suo, per tutta la serata, il commesso viaggiatore in bigiotterie non ebbe occhi e parole che per Cecilia. In meno d'un'ora, discorrevano così confidenzialmente, che parevano amici da vent'anni.
Quella notte, il commendatore rientrò di malumore al Cervo d'oro, senza capirne, o piuttosto senza osar di capirne il perchè.
Eppure, Enrico Bertelli, che aveva dato il braccio a Cecilia fin nella sala terrena dell'albergo, s'era mostrato d'una cortesia squisita, quasi stomachevole.
Da quel giorno, Enrico, dimenticate del tutto le bigiotterie, si dedicò totalmente alla signorina Cecilia.
Il commendatore gli usava, in ogni occasione, un sacco di sgarbi, ma il commesso viaggiatore non se ne dava per inteso: egli sapeva far l'indiano se non il principe, e si sentiva largamente compensato dai frequenti sorrisi dell'incantevole Cecilia.
E quel ch'è peggio, il mare si faceva complice di quel duetto, poichè al commendatore erano interdetti i bagni d'acqua salsa e doveva contentarsi di sorvegliare, accigliato, dalla spiaggia, le abbominevoli manovre di Enrico, fingendo di leggere un giornale.
Cecilia
frattanto s'illanguidiva e smagriva a vista d'occhio.
Il commendatore, in un odioso accesso d'egoismo, si compiacque di tal deperimento. Era evidente che i bagni di mare facevan danno a Cecilia: bisognava smettere. Ma come darle da intendere che....? Fin dalle prime parole, Cecilia recisamente dichiarò che i bagni le facevano benissimo e che, privandosene, si sarebbe ammalata sul serio. Il commendatore non s'arrese e, nella speranza d'essere assecondato dalla scienza, pensò d'insistere sulla necessità d'un consulto.
Subito dopo il bagno, fu chiamato all'albergo il dottore Elia Scalaberni, uno dei luminari della città, il quale aveva persino stampato una memoria sui Micrococchi.
Il
dottore, dopo avere aspirato un'autorevole presa di tabacco, tastò il polso a
Cecilia, si fece, mostrar la lingua, scosse alquanto la testa, poi le chiese:
- Al contrario: dormo profondamente.
- Bene, bene! e dica: sente dei dolorini per la vita?
- Affatto.
- Bene, bene! naturalmente mangia pochino?
- Al contrario: mangio di buon appetito.
- Bene, bene! e.... ogni tanto ha dei capogiri? delle nausee?
- Mai; assolutamente mai!
- Bene, bene! allora le darò certe polverine che le faranno passar tutto questo.
Congedatosi da Cecilia, il dottore Scalaberni chiamò in disparte Fabio Torcello e gli disse, a bassa voce, in un orecchio:
- Non ho che un solo consiglio per lei, ma molto serio: commendatore, dia marito a sua figlia e più presto che può.
In ventiquattr'ore, grazie alle diramazioni della farmacia, superiori al telefono, tutta Grotticella fu debitamente informata che la bella Cecilia, la figlia del collare della Nunziata, aveva bisogno urgente di marito e per poco il sindaco non mandò al Calopinace un dispaccio di quindici parole.
Nel pomeriggio, tre personaggi influenti, nella Società dei sigari scelti, affermavano che la ragazza aveva un milione di dote e forse più, senza pregiudizio dell'imminente eredità del babbo, non essendo cosa naturale che un uomo con quella barba avesse da campare ancora molti anni.
Tutte queste voci pervennero all'orecchio del principe indiano, il quale ebbe un'idea talmente luminosa, che gli parve napoleonica.
Enrico tornò d'improvviso al Cervo d'oro, indossò un abito nero, infilò un paio di guanti grigio-perla, e si fece annunziare al commendatore con una certa solennità.
Il commendatore Fabio Torcello rimase mezzo stordito davanti a tante cerimonie, ma più stordito ancora quando il principe indiano gli disse a bruciapelo:
- Signor commendatore illustrissimo: ho trentacinque anni e una salute di ferro: guadagno ottomila lire l'anno e tra poco dodici: vuol farmi l'onore di concedermi la mano di sua figlia?
No; la testa di Medusa non avrebbe fatto al commendatore l'effetto di quella bella testa di vetrina di barbiere!
Pur, bisognava rispondere qualche cosa. Il commendatore balbettò, ingrullito:
- Ma io.... non credo.... che Cecilia sia disposta al matrimonio.
- È dispostissima.
- E che ne sa?
- Me l'ha detto ella stessa.
- Ma lei....
- Io l'adoro.
- Ma essa....
- Ella mi adora.
- Evvia: presume un po' troppo - bofonchiò il commendatore, facendosi terreo.
- Ne ho lo prove.
- Quali prove? - gridò Fabio, sbarrando gli occhi.
Enrico Bertelli, malgrado la sua sfacciataggine di commesso viaggiatore in bigiotterie, rimase come sorpreso della propria audacia e non seppe che rispondere. Il commendatore profittò di quella pausa, per voltargli le spalle, dicendo asciutto asciutto:
- È inutile; non le concederò mai la mano di Cecilia!
- Ah no? - esclamò Enrico, con voce tremante di rabbia.
Indi, stette un momento soprappensieri: poi, come uomo deliberato a tutto, riprese:
- Ella non può a meno di dare il suo consenso al nostro matrimonio.
- Come sarebbe a dire?
- Sarebbe a dire che il nostro dev'essere un matrimonio di.... riparazione.
- Si spieghi! - urlò il commendatore.
- Un padre non può volere.... il disonore di sua figlia.
Fabio, cieco dall'ira, afferrò una seggiola.
Il principe indiano, a scanso d'una tragedia, si ritirò, gridando ancora nel corridoio:
- Oramai, siamo sposi dinanzi a Dio!
.... Fatto sta ed è che, nel mistero della notte, il commendatore e Cecilia partirono e non si seppe mai più nulla di loro, nè a Firenze, nè a Grotticella, nè altrove.