Gandolin
Ciarle e macchiette
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Matematiche assorbenti.

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Matematiche assorbenti.

 

Il cavaliere Alberto Cencetti - non soltanto è terribilmente miope - ma professore di matematiche e dei migliori, senz'altro. Algebra, geometria, trigonometria sono i cardini della sua esistenza; assorto sempre nei problemi della scienza che adora con passione, con frenesia, tutto il resto gli è indifferente; egli non è un uomo, ma un organismo composto di formule, di logaritmi. In casa o fuori, egli non pensa che alle sue cifre, alle sue equazioni, alle sue radici quadrate, ai suoi binomii e trinomii; mentre passeggia, con le mani incrociate sul dorso e gli occhi imbambolati, non vede nulla, non sente nulla, non fa che ruminare i suoi quesiti e sarebbe rimasto più volte sotto i legni e i carri, se i passanti caritatevoli non l'avessero afferrato per un braccio.

Spesso, per via Roma (l'ho visto io) finisce per battere la testa contro un fanale e - senz'avvedersi mai di che si tratti - lui si scansa, fa un leggiero inchino e mormora gentilmente:

- Pardon.

Giorni fa, stava, meditabondo, sulla rotonda dei bagni a Sestri, seduto dietro una signora tutta vestita di bianco: una bella signora con certe spalle tornite come il torso di una statua fidiaca. A un certo punto, il professore alza gli occhi e li fissa sopra quelle giunonie spalle, tanto che io supponevo eccitassero in lui la dovuta ammirazione: ma invece cava di tasca un lapis e comincia a scrivere sulla vita della signora: 4 × 7 + 12 ÷ 4 + 11....

 

 

Per non essere disturbato dalla gente di casa, egli tiene due camere, a uso di studio, in piazza Nova e quando si il caso che deva escire da questo suo studiolo - ove spesso riceve visite d'alunni e di colleghi, - scrive sopra un pezzetto di lavagna l'ora in cui sarà di ritorno.

Un giorno, esce alle due e scrive sopra la lavagna:

Cencetti è fuori: tornerà alle 4.

Un quarto d'ora prima delle tre, gli viene in mente che ha da far visita all'avvocato Roselli, per certa sua causa civile, e tosto si mette in cammino; ma strada facendo, viene a passare per piazza Nova e, senz'altro, infila le scale del suo portone e arriva davanti all'uscio del proprio studio.

I suoi occhi distratti si fermano sulla lavagna, poi cava l'orologio, borbottando:

- Perdio: non torna che alle quattro e sono appena le tre!... Pazienza, aspetterò.

E si mette a sedere sopra uno scalino, sciogliendo una equazione di terzo grado sopra il muro.

 

 Una mattina, più distratto che mai, assisteva alla messa nuziale di una sua nipote, che ha sposato un consigliere di prefettura.

Finita la cerimonia, la folla degl'invitati muove per uscire e il professore Cencetti si lascia trascinare, estatico, dalla corrente.

Presso la porta, un parente della sposa gli si avvicina e gli dice:

- È stanco, professore?

- Un pochino: e lei?

- Così, così.

- Ah, io non ce la fo!

- Via si faccia coraggio.

- Ma lei.... va sino al cimitero?

 

 

Una volta stava sopra un sedile dei giardini pubblici, coprendo rapidamente di cifre indiavolate quel grosso taccuino che ha l'abitudine di portare sotto il braccio.

Un suo vecchio amico lo vede di lontano, gli corre incontro e gli stende affettuosamente la mano.

Il professore, senza levar gli occhi dai geroglifici, fruga in tasca, ne cava un soldo e lo depone in quella mano:

- Non ho che questo.

E continua i suoi scarabocchi.

 

 

Spesso accende un sigaro, poi butta il sigaro a terra e si mette il cerino in bocca; introduce i bottoni del soprabito nelle asole del gilè; s'infila due guanti a una stessa mano; imposta le lettere in uno sportello di carrozza....

A proposito di lettere. Doveva scrivere al professore Manassei e invece comincia:

Caro professor Cencetti....

Poi firma, scrive sulla busta: Al professor Alberto Cencetti e porta alla posta.

Il domani, un amico lo incontra, esterrefatto, nei pressi dell'ufficio postale.

- Che hai?

- Ho.... che questa è curiosa, perdinci! ecco qua, capisci, un Cencetti che scrive a un altro Cencetti e.... non sono io. -

 

 

Nel guardare il calendario, vede che è l'onomastico del provveditore agli studi.

- Diamine! - pensa: - è necessario fargli una visita.

Il povero provveditore era morto la sera innanzi. Un vecchio servo malinconico apre l'uscio.

- C'è il signor provveditore?

Il vecchio servo, alzando gli occhi al cielo:

- È passato a miglior vita!

Lui:

- Oh, non voglio disturbarlo....

E consegnando una cartolina di visita:

- Cento di questi giorni!

 

 

 

 


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