Renzo Novatore (alias Abele Ricieri Ferrari)
Un fiore selvaggio
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PARTE IV SCRITTI IN RICORDO DI RENZO NOVATORE

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PARTE IV
SCRITTI IN RICORDO DI RENZO NOVATORE

DALL’IGNOTO... A RENZO NOVATORE
di Aida Latini
(da «Il Proletario», Pontremoli, a. I, n. 2, 9 luglio 1922, p. 3)

Si tratta dell’elogio, in vita, di Aida Latini, figura discussa e meteora dell’anarchismo, verso Novatore, dopo che egli ha scritto Una “Femmina, Id.(Vedi, a. I, n. 1, 5 giugno 1922).

In questo pezzo, Aida Latini attacca Leda Rafanelli, presumibilmente per le novelle Donne e femmine edito in questo stesso anno a Milano, presso la Casa Editrice Sociale. Ma nella furia di attaccare una “rivale”, sbaglia date, contesti e quantità. Leda, ha solo quarantadue anni, è una meravigliosa scrittrice ed ha all’attivo decine di pubblicazioni.

***

Chi è salito sui più alti monti, irride di tutte le tragedie del teatro della vita.

F. Nietzsche-Così parlò Zarathustra.

Renzo

A te - solo a te - sciolgo le peccaminose mie chiome scapigliate perché tu solo sai assaporarne tutta la raffinatezza perversa e la morbidezza flessuosa...

Perché solo tu sai comprendere il mio MALE contaminato e contaminatore...

Non mi sono mai lasciata prendere dagli sciacalli l’anima mia anche quando questi vollero affondare i loro artigli velenosi nella mia carne bianca cercando in me soltanto l’ ebrezza di questa... magari mascherandosi di spiritualità e vestendosi da abili commedianti del sentimento banale...

Ma se il mio corpo «contaminatore» fu contaminato, l’intimo mio io mai fu piegato sotto la volontà di nessun uomo.

E se mio è il dolore, non è mia la colpa...

Per raggiungere la vetta delle Aquile ci vuole [vogliono N.d.C.] Falchi audaci che non temono scavalcare gli abissi per conquistare - al di sopra di questi - ciò che di bello e di puro è nell’aere infinito.

Sono stata, sono e sarò avida di emozioni tragiche e di folli ebrezze, ben vero, ma nessuno può ancora cantare il vittorioso poema contenente il vero mistero dei peccaminosi miei baci, né i voluttuosi segreti della mia carne bianca...

So che io sono stata amata ed io non ho mai amato. Ecco la mia tragedia...

Ho sempre deriso e schernito chi per me aveva amore: Ecco la mia fatalità...

Sono venuti a me - senza mai ch’io li invocassi - i vagabondi, i ladri, i poeti e di eroi, ma nessuno di questi figli della notte seppe rapirmi un brandello soltanto di questa pagana anima mia forse un po’ melanconica: forse un po’ misticamente tormentata...

Nessuno fu mai per me abbastanza interessante.

Non sono moralista, e tra gli uomini ho sempre preferito dei figli della notte, ma anche fra costoro ho sempre incontrato di quelli da non poter trattare che colla frusta...

Ed ecco il «perché» della leggenda...

***

Renzo! Gracidino pure le rane giù nel pantano della loro morale bugiarda e menzognera, io - la spregiudicata - dall’alto delle mie iperboliche vette di femmina incompresa, rido ascoltando il loro gracidare...

Più la mia vita è stata perigliosa e più mi ha baciato in fronte il sole della vita. Io sono colei che ama l’infuocati tramonti e schernisce la luce scialba delle pallide aurore.

***

Renzo! Io non mi sono ancora occupata di lei, ma si dice che nell’ombra è nascosta una feroce mia denigratrice...

Pare che nel cinquantesimo anno di sua età (dopo tanto studio lungo e profondo) abbia composto tre celebri romanzi fatti di... vari pregi.

Si dice anche che nel suo ultimo uscito, la geniale artista, si sia servita di me (prendendomi a modello senza nominarmi) per compiere un suo capolavoro di psicologia femminile, ponendomi - naturalmente - tra le commedianti. Io rido!...

Ma mentre rido, penso all’anima nera di questa valorosa scrittrice - che conosco personalmente bene - immagino - senza averlo letto - che cosa - sotto la sua maschera letteraria - può dire di me.

Ella mi è sempre stata nemica feroce ed implacabile: e come tale mia calunniatrice...

Ma io rido... Rido del suo corpo secco e allampanato che ha della Carolina Invernizio e della Negromante! Ma lasciamo questa Negromante - amante dell’aria pesante e avvelenata - a profumare di mirra il suo G. Buddha, del cui si prostra sull’altare per innalzargli l’inni del suo fracido cuore e veniamo a cantare un nuovo canto alla gioia della carne bella conpenetrata da un soffio animatore di vette sfolgoranti.

***

Io, la folle, la femmina, la scapigliata e la spregiudicata, vivo nello spazio luminoso, e - anche nel dolore - rido, rido, rido, della volgare felicità degli altri, come rido di tutte le trame, o fosche leggende che si aggirano intorno al mio nome. Io non devo rendere conto a nessuno né del mio presente nel [né N.d.C.] del mio passato. Non ho né nome, né patria, né famiglia. Son sola!

Sono un atomo sperduto nella terra e nel cielo. Il mio fine la Morte, il mio mezzo la Vita. Ma io amo il «mezzo» e non mi curo del fine.

Chiusa nel cerchio del mio proprio «io», affranta dal dolore, muta come una sfinge, percorro le vie velenose della mia miserabile vita che pure ancora amo.

Chiusa in una fredda veste di acciaio, la dura visiera calata, ferita nel cuore e nell’anima da tutte le più atroci torture, ho soltanto per sogno un avvenire men triste pel mio pallido e caro adolescente che la più truce tragedia della vita ha strappato alle mie braccia di madre per gettarlo nel baratro orrendo, ove la mostruosità sociale ed umana sprofonda ferocemente tutti i sensibili cuori nati per vivere e liberamente spaziare sulle alte vette dorate baciate dal sole e carezzate dai venti.

Renzo, fratello mio! Tu hai spalancato la bocca verso l’ignoto e chiamandomi a gran voce mi hai salutata col nome di sorella. Io dall’ignoto ti rispondo: «Fratello, ho un’anima! Anche se incompresa: anche se calunniata!».

«NECROLOGI»
Riporto alcuni dei numerosi necrologi apparsi sulla stampa anarchica a seguito dell’assassinio di Novatore (N.d.C.).

RENZO NOVATORE ASSASSINATO
di G. Romiti
(da «L’Avvenire Anarchico», Pisa, a XIII, n. 40, 8 dicembre 1922, p. 3)

Iconoclasti, fratelli nell’anima e nel dolore, il nostro Renzo caduto travolto dall’uragano. La notizia che ci pervenuta avara di particolari, ma pur tuttavia essa ci strazia l’animo e il cuore. Anche gl’iconoclasti non sono muti nel dolore. Siamo gli eterni eretici, i negatori di tutti, ma nella lotta che innalza la fiaccola e tutto vuol travolgere e distruggere abbiamo dei fratelli degni di tutte le ansie e di tutti i palpiti del nostro cuore.

Renzo lo amammo, perché era un cervello fervido e intelligente che aveva il dèmone del genio e perché era una grande anima buona, audace e generosa.

Viveva da parecchi mesi ai margini di questa società abbietta e schifosa... Ora non più; scomparso: si bruciato l’anima nel suo Ideale.

Noi che non abbiamo bandiere da ammainare, noi che non abbiamo giardini da cogliere fiori per spargere sul suo corpo reso inanimato da qualche mano assassina, non riusciamo a dirlo il nostro angosciante dolore, perché troppo profondo.

Quel dolore che egli amava perché non era vile.

RENZO NOVATORE CADUTO CON LE ARMI IN PUGNO
(Alcune parti tratte da un necrologio a più firme e pseudonimi o sigle apparso su «L’Avvenire Anarchico» del 8 dicembre 1922 e ripreso con aggiunte e modifiche da «Il Proletario» di Pontremoli quattro giorni dopo)

[...]

Il nostro “Renzo Novatore” l’artiere, poeta e filosofo, e uomo di azione, cadde sotto il fuoco delle palle nemiche, che gli spaccarono quel suo grande cuore. “Cadde colle armi alla mano, da rivoltoso, rispondendo colla morte alla morte...”

Nell’espresso, semi-anonimo, non vi era scritto che: “Renzo Novatore è stato assassinato. È caduto combattendo, perché egli filosofava e combatteva. - Era, da parecchio battuto e braccato. Era in istato di rivolta permanente. Alla morte a risposto colla morte. È morto come vissuto: da anarchico, che, al pensiero - altissimo pensiero aristocratico il suo! - univa l’azione rivoltosa...

Non parlatene, per ora, almeno sino a che non vi si scriverà altre notizie e precisi particolari.”

Dopo... “l’obliato De Luisi, Renzo Novatore!”

I pochi iconoclasti”, uno a uno, si combustionano nel rogo dell’“Ideale”... Saluti, vostro”.

***

Noi abbiamo conosciuto, per corrispondenza, solo da qualche anno; ma abbastanza per apprezzare quella grande anima, spentasi ora, quel grande cuore, e quella grande mente. Discutevamo, per lettera, e tentavamo di condurlo a Bakounine, a O. Wilde, a Palante, cioè alle loro concezioni individualistiche, cui pongono a base la cooperazione”, e il comunismo.

Anzi, dovevamo iniziare su Anarchismo una discussione su “Libertà e Umanità”, cioè un “Dialogo tra anarchici” sul “Comunismo come base dell’individualismo”.

Doveva venire a Pisa...; invece, venne la terribile notizia dell’assassinio, della nobile fine anarchica del caro nostro amicoRenzo Novatore”, che volle vivere e morire da anarchico.

Il più bell’elogio per lui che si eraelevato da per sé stesso”, era un auto-didatta. Aveva la stoffa e la potenzialità d’un grande scrittore.

In codesto generale decadimento e degenerazione, una grande perdita per l’Anarchismo autonomo. Ma, d’altra parte, “Egli ha compiuto la sua rivoluzione”. Egli si è arso...

E così che l’Anarchismo cammina!...

MUORE NOVATORE
(Redazionale tratto da «Iconoclasta!», 3a s., Parigi, a. I, n. 1, 1 maggio 1924)

Non possiamo fare a meno, prima di chiudere il nostro esordio, di ricordare i nomi di Bruno Filippi e di Renzo Novatore che tanta parte e tanta anima furono d’«Iconoclasta!» dalle cui colonne combatterono le loro più belle ed estreme battaglie, sulle barricate della quale, si può dire, morirono eroicamente e non invano, e di cui il vuoto dalla loro scomparsa lasciatovi sarà difficilmente colmabile.

[...]

RENZO NOVATORE
di Enzo Martucci
(da «L’Unique», Orléans (F), n. 15, novembre 1946, trad. di S.F.)

L’anarchismo è lo sforzo eroico che compie l’individuo per liberarsi da tutte le pastoie che opprimono il suo spirito e il suo corpo, per distruggere tutte le leggi, le religioni le morali, per reagire contro la bassezza, conformista e servile, delle folle abuliche e cieche, per vivere intensamente la sua vita al di del bene e del male, nella spontaneità infiammata di un mezzogiorno tropicale o di una Grecia ebbra di Dionisio e di Afrodite.

Questo sforzo solo un piccolo numero di uomini può compierlo, quel piccolo numero di “maledetti” che disprezza e condanna l’umanità ripugnante delle “pecore” e dei “pastori”. Così perché l’anarchismo è un sentimento aristocratico, irrazionale e antistorico.

Se questo sentimento - già soffocato dalla compressione dei millenni nella natura di questi qualcuno - si risvegliasse in seno a un grande numero di uomini, ne conseguirebbe la morte di tutti gli “dei”, la lotta divoratrice contro tutte le forze di un misticismo tirannico, l’anomia universale in seno alla quale gli individui, liberati da ogni ostacolo spirituale e materiale, svolgerebbero dei nuovi rapporti, in tanti modi diversi, e a secondo dei bisogni, degli istinti e delle idee che hanno modo di manifestarsi in determinati momenti diversi.

Allora non esisterebbero più la legge, la regola, il principio che tutti dovrebbero osservare e rispettare, e l’equilibrio risulterebbe dalla capacità di tutti gli uomini di difendere e di conservare la loro libertà personale. Ma il “grande numeroimmobilizzato sul triste letto di Procuste, immerso nel sonno stupefacente della schiavitù.

Il “grande numero” degli uomini non si sveglierà che tardivamente o può anche darsi che non si sveglierà mai, a dispetto di tutti coloro che agitano la torcia. E allora l’anarchismo rimane, nel corso del tempo, come il poeta titanico degli “anormali” e degli “insoddisfatti”, come la lotta disperata dei “pochi”, dei “fuori serie”, i quali all’esistenza pacifica e incolore dei rassegnati all’abulico e servile conformismo, preferiscono l’agitazione spasmodica, cioè lo spasimo acuto della lotta contro ogni sistema totalitario, l’acre gioia della conquista intrapresa con l’audacia, la voluttà divina del carpe diem e il bacio ghiacciato della Morte.

Ma pure morendo, nell’impari lotta, essi restano vivi più che mai, poiché l’immortalità gli accoglie nel suo seno...

***

Queste idee sopra esposte, io e Renzo Novatore, le sostenemmo sulla rivista «Iconoclasta» nel 1920, contro i pontefici solenni dell’ordine attuale, cristiano-borghesi, e contro i profeti ispirati dell’“ordine futuro”, presentato sotto l’aspetto di un Lèviathan dove il “greggeorganizzato e i suoi gravisantoni” vogliono soffocare l’“individuo” in nome di un amorfocollettivismo”.

I profeti rossi e neri ci abbeverarono d’ingiurie. I pontefici borghesi ci fecero togliere dalla “circolazione”. Io fui arrestato e inviato in galera. Abele Ricieri Ferrari, che firmava i suoi scritti col pseudonimo di Renzo Novatore, fu ucciso nel corso di un conflitto armato con gli sbirri del governo monarco-clericale-fascista.

Con “lui” scompare un artista geniale, un giovane e grande ribelle, un indomito avendo fatta sua la divisa: Remis non velis!

Superba, risonante, abbagliante, come una cascata che s’incendiava sotto il folle abbraccio del Sole, la sua poesia - ricca di immagini e di sentimenti, di calore e di passione - esprimeva il bisogno della sua natura vulcanica, la sua sete di violente sensazioni orgiastiche, di “follieviolente, di sublimazioni spirituali, del suo appetito di vita libera e intensa.

“Io sono un poeta strano e maledetto - scriveva egli - tutto quello che è anormale e perverso esercita su di me un morboso fascino. Il mio spirito, farfalla velenosa dai colori divini, è attratto dal profumo criminale che esalano i multicolori e inebbrianti fiori del male...”

Egli voleva essere “l’aquila di tutte le cime e il palombaro di tutti gli abissi”.

Come Nietzsche, come Wilde, come Baudelaire e Verlaine, egli sentiva la necessità di accettare la vita nella sua ricca diversità, senza nessuna esclusionelimitazione. Egli sentiva che per vivere veramente è necessario dover vivere con il pensiero e con i sensi, di gioire dei piaceri dello spirito ma pure dei piaceri della carne, e di gioirne al più alto grado. Egli comprendeva che secondo l’istante lo predispone, l’uomo deve fare di sé un “dio” o un “demonio”, poiché tutte le esperienze hanno il medesimo valore, nel senso che sono tutte necessarie per farci provare le diverse emozioni che ci può offrire la nostra libera esistenza.

Irrazionalista, Egli seguiva il proprio istinto, sapendo bene che questo, come ogni tendenza naturale, spinge l’individuo verso il suo vero interesse.

Egli rideva delle aride teorie che distilla la fredda ragione e che vogliono modificare, correggere, ordinare la vita senza altro risultato che d’impoverirla.

Renzo Novatore dichiarava altamente che sarà solo liberandosi da tutti i pregiudizi, dogmi, regole di ogni sorta - creati dal gregge per distruggere la indipendenza del pensiero e dell’azione individuale - che l’“io” realizza le condizioni nelle quali si avvera creatore superbo e originale. Ma la Società qualifica di “delitto” la rivolta del forte che non si rassegna a subire le pastoie e le menzogne che sono accettate ciecamente dalle “masse”. Ma giustamente questo “crimine” che deve perpetrare l’individualista per vivere la sua vita, immediatamente e completamente, sormontando tutte le barriere, spezzando tutte le catene, conquistando tutte le gioie alle quali aspira il suo cuore.

“La mia anima un tempio sacrilego dove suonano a tutta distesa le campane del peccato e del crimine, con degli accenti voluttuosi di rivolta e di disperazione”.

Spinto dalla fiamma che bruciava e ardeva nel suo sangue, Egli - continuando la sua ribellione - oppose la sua estrema, irriducibile rivolta armata contro il dilagante Fascismo, finché non cadde, mortalmente ferito, nei pressi di Genova, il 29 novembre del 1922, all’età di 32 anni.

Egli cadde eroicamente con gli occhi ricolmi della visione fantastica della baccante divina dai seni eretti e dai capelli al vento.

Di Lui non ci restano che noti se non due gioielli poetici: Verso il nulla creatore e Al di sopra dell’arco. Tutti gli altri suoi scritti (editi ed inediti) sono perduti o dispersi.

RENZO NOVATORE
di G. De Luisi
(In ʻI Pionieri’, «L’Adunata dei Refrattari», N. Y., 19 aprile 1947)

Molti lo ricordano come impenitente spregiatore degli uomini e delle cose. Ma come quasi tutti i critici spietati dell’ordine sociale esistente, anche questo grande sognatore e poeta dell’azione fece olocausto della propria vita nella lotta che aveva per posta la libertà e il destino di tutti.

Allorquando la reversione medioevale del fascismo mise in pericolo quel barlume di libertà umana, che la cosiddetta democrazia non era riuscita ancora a soffocare, cotesto iconoclasta dal cervello vulcanico e dal cuore di fanciullo, si rifiutò di rassegnarsi agli arbitrii della reazione e, con impeto leonino, gettò la penna rovente per impugnare l’arma della giustizia e della libertà immolandovi, nel vigor degli anni, la vita.

RENZO NOVATORE
di Umberto Consiglio
(Da «Umanità Nova», Roma, 2 settembre 1951)

Umanità Nova ha annunciato la ristampa, ad opera di Lato Latini e Tito Eschini di Al di sopra dell’Arco di Renzo Novatore.

Come, a chi se ne ricorda, è noto, la prima apparizione delle opere di Renzo Novatore avvenne a Siracusa e poterono essere pubblicati Al di sopra dell’Arco e Verso il Nulla Creatore. Non si poté continuare la pubblicazione di tutti gli scritti inediti di Renzo Novatore causa la reazione poliziesca (si era nel 1923 o 1924, non ricordo esattamente).

Gli scritti del Novatore che rimasero a nostra disposizione inediti, furono messi in salvo spedendoli in Francia ad Auro d’Arcola, dietro suggerimento di Paolo Schicchi. Non saprei dire alcunché sulla fine di tali manoscritti.

Quanto a Renzo Novatore dirò, per quelli che non ne avessero alcuna idea, quel poco che è rimasto nella mia memoria.

Fu una figura eccezionale; egli era la incarnazione di quell’“Unico” che parecchi si compiacciono a... magnificare, non essendo poi in fondo che comuni mortali e, sovente, non fra i più “diversi”.

Se ci fossero stati alcuni Renzo Novatore disseminati in tutta Italia, il fascismo avrebbe avuto ben altro filo da torcere per affermarsi. Sembra infatti che nella sua “zona” il fascismo cominciò ad apparire e a fare il “me ne frego” solo dopo la morte di “lui”.

Renzo Novatore nacqueUnico”.

Non volle sottostare nemmeno all’autorità dei maestri ed apprese a leggere e a scrivere da solo, probabilmente con il saltuario ausilio di qualcuno.

Quando vedeva un manovale fradicio di sudore, sporco di nero o di altro colore, ansimante sotto a dei pesi, riflettendo al... retroscena, egli esclamava: “Ma è costui un uomo?!”. Parlando della lotta di classe la definiva “un tafferuglio nella melma fra rospi borghesi e rane proletarie”. Altra espressione di “lui” che la memoria mi conserva è questa: “Con Carlo Marx l’anima umana è discesa all’intestino”.

Disertore nella prima guerra mondiale ed avendo compiutoatti di vandalismo”, venne condannato alla pena di morte. Non ricordo se e come fu poi amnistiato. Comunque visse quella vita che viene chiamata da “bandito” (per la lottaillegale” contro ogni potere sociale legalmente costituito). Fu infatti un audace espropriatore. Si era fatto esperto in chimica per la bisogna. Frammezzo a tante traversie era riuscito a rendersicolto”. Era artista e poeta, come può rendersene conto chi legge i suoi scritti. Ed era anche profondo di pensiero, come lo si potrà rilevare dal suo Verso il Nulla Creatore. Consigliato di riparare all’estero, rispose che concepiva la vita come il passaggio di una meteora e amava così che il passaggio della sua vita fosse meteoricamente luminoso. E così fu.

Questo ricordo di lui. La sua fine avvenne durante un conflitto armato con una pattuglia di carabinieri.

Scriveva come un angelo e combatteva come un leone”, disse qualcuno alla sua morte. E costui lo scolpì.

VERSO IL NULLA CREATORE
di Rolando Barb (alias Mario Barbani)
(Tratto da «Libertà... senza limite», n. u., Livorno, agosto 1952)

Questo interessante opuscolo di Renzo Novatore racchiude pagine di ardente ribellione e profondità di pensiero. Esso vide la luce per la prima volta sulla rivista Il Conferenziere Libertario (a. III, n. 28, 1924), Ettore Sottovia, Roma - in quell’anno che rimarrà cupamente storico per il truce assassinio di G. Matteotti comandato da Mussolini a cui fece riscontro la non meno deprecata e pusillanimeritirata sull’Aventino” dello antifascismo parlamentare ed “ufficialeitaliano; e in quello stesso anno il gruppo “I Figli dell’Etna” di Siracusa ne curò la prima edizione in opuscolo. La sua seconda edizione (in opuscolo) fu pubblicata a New York da Virgilio de Martin nel 1939, l’anno in cui la Germania nazista aggrediva vilmente la Polonia, mentre Hitler e Mussolini si accordavano definitivamente nell’imminenza di scatenare la “strage”, la più terribile, la più catastrofica che la storia ricordi.

Renzo Novatore scrisse Verso il Nulla Creatore negli albori del fascismo in Italia, cioè in uno dei momenti più tristi e più tormentati della sua vita - quando da poco era cessata la grande guerra mondiale (1914-18) che aveva mietuto innumerevoli vittime nella immane e inutile carneficina. Egli, uno dei pochi spiriti liberi ed eletti, veramente ostili ad ogni impositiva istituzione, elevava - in un cantico ribelle - il dolore immenso dei “superuomini”, scoperchiando con crudezza e quasi con ira selvaggia, le piaghe vive che affliggono l’umanità.

La cosiddettademocrazia”, tanto decantata come “faro di civiltà” dal mondo moderno, è, da Renzo Novatore, schiantata sotto la possente rivolta individuale che ne annienta l’ombra cupa oscurante lo splendore dei Genî e degli Eroi.

La massa plebea, inetta, abulica e vile - inconscia della propria forza - ha stretto la mano al “borghese” suo sfruttatore che si è compiaciuto di sorriderle momentaneamente in una ipocrita farsa, per timore di scatenare le ire del dormiente gigante proletario.

L’allegoria usata dal Novatore è potente e ci mostra - oltre che uno spirito geniale, rivelante pure una sviluppata chiaroveggenza - un temperamento artistico di raro valore.

Ed Egli - il forte ribelle dell’Anarchia, il solitario dispregiatore della corruttrice civiltà che annebbia le menti ed istupidisce l’uomo, che seppe innalzarsi al di sopra della viltà umana e lottò contro il dispotismo dominante che è rafforzato dalla generale passività delle “masse” - fu veramente un grande Artista. Verso il Nulla Creatore è una preziosa perla che splende fra un non indifferente marciume letterario.

Per quanti sanno apprezzare la prosa di questo “autodidatta”, per quanti hanno conosciuto lungo il calvario della propria esistenza l’incomprensibile ostacolo della imposizione altrui, per quanti hanno sopportato persecuzioni ed hanno duramente lottato per l’affermazione della propria personalità, per quanti hanno conosciuto l’amarezza della incomprensione e della indifferenza, queste pagine di Verso il Nulla Creatore saranno un ristoro dello spirito - un diletto - poiché in esse troveranno una parte di se stessi e si sentiranno innalzati al di sopra delle tenebre nella abbagliante luce dell’Ignoto. In ogni pagina di questo opuscolo, Renzo Novatore vi ha trasfuso la sua passione, la sua ribelle sofferenza di iconoclasta, il suo grande e sublime Dolore incompreso. Le pagine di Verso il Nulla Creatore sono come delle rose, fra le più belle e le più profumate, che egli donò a quanti seppero e sanno ribellarsi e che, come lui, vollero e vogliono salire le vette delle più sublimi conquiste.

A PROPOSITO DELLE “QUATTRO DIFESE
di Renzo Ferrari, figlio maggiore di Renzo Novatore [N.d.C.]
(da «Il Corriere della Spezia», 25 luglio 1954)

...La vera libertà un privilegio dei despoti che dominano e dei grandi ribelli che non sanno ubbidire.

Ma gli uni e gli altri sono fuori della legge e della regola, sono fuori della mediocrità.

RENZO NOVATORE

Poiché nel suo libro Quattro difese, l’avv. E.T.(Enzo Toracca - N.d.A.) riporta alla luce una sua difesa pronunciata in corte d’Assise a La Spezia nel 1924 a favore del pittore Giovanni Governato, “coinvolto in fatti delittuosi”, veri o presunti tali ma tuttavia attribuiti, per la maggiore a uno dei più “terribiliprotagonisti che “campeggiò in ispirito” nel clamoroso processo, sento il bisogno di intervenire. La cosa mi riguarda da vicino trattandosi di Renzo Novatore.

Chi era? L’avv. E.T. ce lo presenta come un uomo che aveva delle “velleità artistico-letterarie”; senonché, senza troppo badare alla logica, nel dibattere il problema accetta la testimonianza di uno scultore che “ne aveva modellato, in una potente maschera di creta, le tortuose sembianze di un uomo pensoso e tormentato”, e dice: “Renzo Novatore era certo uno spirito sottile e intelligente, arguto e caustico, con una sua cultura curiosa, fatta di esperienza e di studio, di anarchia e di lirismo, che lo rendeva degno di vivo interesse a tutti coloro che lo avvicinavano”. E aggiunge: “Una di quelle anime Renzo Novatore che solo il genio doloroso di un Poeta d’eccezione avrebbe saputo sondare ed esplorare”. Qui mi chiedo: se Novatore era tutto ciò, come poteva, a priori, dirsi uomo dotato di “velleitàartistico-letterarie? Aveva solo delle velleità o era effettivamente un Artista d’eccezione?

Ma non è finita: l’avv. E.T. cita Vertice, la famosaRivista d’Arte e di Bellezza” che - informo - il Novatore sospese non ritenendola ancora degna di lui, e dice: “Io non so (e non importa saperlo) se Vertice sia un capolavoro letterario ma certo è, oltreché un documento di bizzarria e di stravaganza, anche una manifestazione disinteressata e notevole di un vero e sincero tormento d’arte e di poesia”.

E allora? Allora, Egregio Avvocato, io che pure scrivo disinteressatamente su periodici letterari, italiani ed esteri, e non ho pretese letterarie, semplicemente dico: lei parlando di un Artista Ribelle, non ha saputo interpretare né l’Uomo né la sua Arte, e, affinché si voglia meglio informare, le trascrivo alcuni giudizi sull’autore di Al di sopra dell’arco e di Verso il Nulla creatore, dati da alcuni pensatori universalmente noti, li legga:

Superba, risonante, abbagliante come una cascata che s’incendiava sotto il folle abbraccio del Sole, la poesia di Renzo Novatore - ricca di immagini e di sentimenti, di calore e di passione - esprimeva la sua sete di violente sensazioni orgiastiche, di sublimazioni spirituali, del suo appetito di vita libera e intensa... Egli voleva essere l’aquila di tutte le cime e il palombaro di tutti gli abissi... Come Nietzsche, come Baudelaire, come Verlaine egli sentiva di accettare e di volere tutta la vita nella sua ricca diversità. Con lui scomparve un artista geniale, un giovane e grande ribelle, un indomito avendo fatta sua la divisa: Remis non velis!” (Enzo Martucci).

Renzo Novatore ètait un poète dèlicat, un lyrique cultivè, un prosateur enflammé. Ce libre esprit - comme lui même se denomait, ètait incapable de s’adapter à la discipline de la societé ce dèsacord s’exaspera quand le fascisme projecta son ombre sur l’Italie... il perit comme son destin de hors-series le faisaite prèvoir, abattu par les carabiniers mussoliniens”(Emile Armand).

Renzo Novatore fu un Grande Ribelle, un Artista della penna, un Maestro dell’armonia... Ricchissimo di sentimenti, Egli in ogni sua pagina ha sempre dato qualche piccola parte di se stesso, perché sapeva che un’azione nobile, che un affetto è grande, solo quando vi è sacrificio... Ma lui stava molto in alto a cantare le sue canzoni agli amici e non se ne accorse... perché, come altri, non fu compreso e vilmente calunniato...” (Il Figlio dell’Etna, dalla prefazione di Verso il Nulla creatore).

L’elencazione potrebbe continuare, ma poiché l’avv. E.T. ha voluto vedere in questo tormentato, senza conoscerlo meglio, un’anima simile a “una oscura foresta ove, fra il fogliame, passa un brivido di frescura e di immensità, in una magia di silenzi e di suoni arcani e dove, tra l’incontro delle penombre e il profumo del muschio, sibila il fischio velenoso del serpente ed echeggia l’urlo della belva in agguato”, io trascriverò - traendolo da uno scritto polemico - un passo di Novatore che può dimostrare, invece, di quanta sensibilità fosse dotato quest’Uomo e su quali profonde convinzioni poggiassero le sue idee.

Non era un “pacifistaRenzo Novatore, ma fu appunto perché amava intensamente la “guerra” che intensamente la odiò. E per aver detto a questa (1915-18) il suo signorile “NO!” fu condannato a morte. Ma eccolo ancora nel 1920 a ricordare la sua pericolosa latitanza:

“... e se la verde foresta strinse fra le sue fiorite braccia un BANDITO, la fetida caserma e le abbominate trincee non chiusero nelle loro bocche di fango il soldato.

Ma quando alle volte attraversavo le sterminate e verdi praterie e guardavo - in primavera - tutta quella festa meravigliosa di fiori che si stendeva come un’amante ridente e profumata lungo le sponde silenti dei fiumi solitari, non sapevo concepire il perché degli altri uomini potessero cercarmi con tanta incosciente e brutale ostinazione per darmi la morte. Perché - mi domandavo - un fascio di queste rose fresche e selvatiche non dovrebbero bastare a disarmare l’incosciente collera di questi che vogliono uccidermi? Perché innanzi a tanta musica, a tanta poesia e a tanta bellezza ogni nato di donna non dovrebbe abbracciare il suo simile fraternamente commosso?

E sotto questo tragico e disperato incubo il mio giovane capo si abbassava commosso, cupo e pensoso cercando - ma invano - una precisa risposta a questo eterno Perché?

E allora il mio ribelle e vagabondo pensiero galoppava vertiginosamente verso le desolate foreste bibliche ove ebbe origine l’umana fratellanza di Caino e di Abele e amaramente pensavo che i cinque quinti dell’umanità non altro che un avanzo osceno di barbarie, un insieme di fango e di vigliaccheria, di ipocrisia e di menzogna la cui sublimazione è stata e sarà sempre impossibile. E siccome sentivo echeggiare sulle balze del trentino il cannone omicida, pensavo che, da Caino in poi, solo il più forte ha ragione.”

Questi pensieri, che potranno scandalizzare tutti i “ben pensanti”, tutti i “piagnucoloni di morale”, tutti gli “umanistiipocriti fino alla nausea, sono tuttavia i sentimenti di un Uomo profondamente sincero che non teme, però, di guardare fissamente il viso della realtà, e la affronta. Di un Uomo che, senza nascondersi dietro nessun paravento, proclama finalmente la “Signoria di se stesso” e audacemente, nell’Arte come nella Vita, varca i rugginosi cancelli del “Bene” e del “Male” ed incontra la Morte.

Ma, esimio Avvocato, la figura di Novatore non si rispecchia solo nel sopra suo riportato breve scritto - che ben altro scrisse - e né si potrà comprendere questo fuori-serie nel suo pensiero e nelle sue azioni fino a che siamo e resteremo abbarbicati alle menzogne di una Società che sul letto di Procuste adagia le coscienze e le mùtila...

NELLA REALTÀ DEI FATTI
LA VERA FIGURA DI RENZO NOVATORE
di Arrigo Petacco
(da «Il Lavoro Nuovo», Genova, 22 agosto 1954)

In occasione della pubblicazione di Quattro difese dell’avv. E.T. avevamo parlato, nel numero del 25 scorso, di un processo celebrato a La Spezia nel 1924 nel quale il T. aveva pronunciato una delle sue “quattro difese”.

Si trattava di un processo intentato contro un folto gruppo di persone fra le quali figurava un giovane pittore spezzino: Giovanni Governato, morto a Genova or sono pochi anni.

In tale occasione avevamo pure parlato indirettamente di Ricieri Ferrari, alias Renzo Novatore e, parlandone, lo avevamo presentato all’incirca come lo aveva fatto apparire l’avv. E.T. nella sua arringa.

Ricieri Ferrari, pure figurando nella lista degli imputati del processo, non era comparso in udienza essendo stato ucciso qualche anno prima. Ed è, dopo aver raccolto ampie documentazioni sulla vita e sull’attività di Ricieri Ferrari, che è nostra intenzione riparlare di lui, così, come ce lo rappresenta la realtà dei fatti.

Leggiamo nella prefazione di un libro di poesie di Renzo Novatore: “...Nel raccoglimento e nella durezza del dolore in cui la tragedia ha confinato il mio animo percosso, ho spesso ripensato a quella veramente eccezionale individualità che fu Renzo Novatore, per vedere di affermare in sintesi la strana e multiforme anima eroica non interamente rivelataci dalla copiosa messe delle sue manifestazioni esteriori. Ma essa scomparsa portandosi nel mistero del trapasso (mi perdonino gl’infallibili positivisti l’espressione metafisica) una parte del suo impenetrabile segreto. Egli fu un grande anormale, ecco tutto!...”.

Già da queste poche parole si comprende come Renzo Novatore non sia uomo da potersi facilmente giudicare. Mori giovanissimo. Mori - dice il filosofo francese E. Armand che, come Tolstoi, di cui fu amico, è un teoreta della non-violenza - come il suo destino di fuori-serie gli faceva prevedere: “abattu par les carabiniers mussoliniens”.

Quest’uomo che fu considerato dalla società come un “comune bandito”, nella sua vita brevissima scrisse ed operò conseguentemente e fu un temibile avversario della società borghese.

I suoi scritti, che furono consideraticrimini” per la morale costituita, sono tuttavia la testimonianza della sua anima anelante alla bellezza e desiderosa di libertà.

Ogni sua pagina, scritta con il sangue dell’anima, vibra di questa sua ansia. Stralciamo da Al di sopra dell’Arco di Renzo Novatore: “Sognai... e nel sonno vidi la bellezza stendere le sue vaste ali sul mondo, e tutta la Terra ricoprirsi di suoni strani e di luce suprema, di verità eterne e di canzoni immortali.

Sognai... sognai il sorgere di un misterioso mattino in cui tutti gli esseri animati si svegliarono nel mistero dell’Alba senza rancori nell’animo e senza odio triste nel cuore, nel quale ogni uomo aveva la sua legge e il suo sogno e camminava con gli occhi fissi nel sole. Sognai il sorgere di un mattino in cui uomini e donne si alzavano nell’alba con acceso nel cuore un sacro rogo d’amore, con acceso negli occhi il fuoco puro della innocenza bambina. Sognai... sognai la riconciliazione dell’uomo con i fiori, con la terra, con la natura...”. Sognai, scriveva il Poeta - ma ecco invece la realtà: anziché la conciliazione dell’uomo con la natura vennero la guerra ed il fascismo. E Novatore che - come scriveva a un amico - non rinveniva più una causa né un essere degni del suo odio, fu portato a odiare nuovamente la guerra ed il fascismo. Fu così che questo grande tormentato, questo giovane dai puri ideali, si trovò costretto a gettare la penna per impugnare l’arma della libertà. Ricercato attivamente da fascisti e da poliziotti, Renzo Novatore si associò con altri uomini d’azione e cadde eroicamente il 29 novembre 1922 in un conflitto a soli 32 anni. Forse disse tutto di lui chi così lo scolpì: “Scriveva come un angelo e combatteva come un leone”.

Ma poiché l’Artista, più che in ciò che dicono i critici, si rivela nell’opera compiuta, il vero Novatore noi lo troviamo in ogni pagina degli scritti ch’egli ha lasciato. E, leggendoli, ci accorgiamo di essere di fronte ad una personalità inconfondibile ed eccezionale. Così, in sintesi, si può chiudere, parlando di quest’uomo, con quanto scrisse nel 1947 un giornale di New York: “Molti lo ricordano come impenitente spregiatore degli uomini e delle cose. Ma anche questo grande sognatore e poeta dell’azione fece olocausto della propria vita nella lotta che aveva per posta la libertà ed il destino di tutti”.

Questa la vera figura di R. Novatore che appare molto diversa al ritratto fugace che l’avv. E.T. fece di lui nella sua arringa pronunciata nel clamoroso processo.


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