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II.
Il giuramento.
Singolar contrasto offrivano le vestimenta e l'aspetto del nuovo arrivato con lo stato quasi indigente di quella casa.
Era Daniele un giovine di statura altetta, di volto piuttosto bruno, di folti capelli bene allustrati e tagliati a leggiadra zazzerina; gli occhi parimenti scuri e melanconici acquistavano un'espressione di cupa intelligenza per l'inarcare ch'ei facea sovente le nere sopracciglia; non avea nè baffi nè barba.
Il suo vestito era de' più ricercati e di gusto per que' tempi. Un soprabito alla prussiana e da cavalcare color verde salice; calzoni a righe stretti alla gamba, stivali con gli sproni, cappello bigio.
Daniele avea lasciato alla porta di quel modesto abituro il suo cavallo morello, sul quale era venuto. Diremo nel prosieguo di questa storia perchè in età sì giovanile e in pochi anni di esercizio della professione di maestro di musica, Daniele fosse già padrone di una modica agiatezza.
Non si creda che Daniele avesse preferito di venire a cavallo per affrettare il suo arrivo alla casa dello stradiere; però ch'egli non si era dato la minima premura di accorrere presso il suo benefattore moribondo e presso la fanciulla che ardentemente lo amava. Per due giorni il giovine non avea pensato neppur per sogno alla infermità di Giacomo, all'amor di Lucia, alle iterate richieste che di lui avea fatte colui che per oltre a quindici anni lo avea nutrito col proprio pane e lo aveva amato come un altro suo figlio. Daniele non ci avea pensato nemmanco per un momento: dappoichè un pensiero fitto come un chiodo gli si era messo nel capo, e gli dava cruccio, smania indicibile, induramento di cuore, indifferenza su gli altrui mali.
Nel giorno da cui abbiam cominciata questa storia, Daniele, verso le 23 ore italiane, fornito il giro delle sue lezioni di musica, per disviare alquanto la tristezza che l'opprimeva, era andato a passeggiare a cavallo verso il campo di Marte. Al ritorno, in passando d'accosto al Real Albergo dei Poveri, gli venne ricordato di Giacomo lo stradiere, che dimorava alle spalle di questo Stabilimento di carità, dov'egli forse sarebbe stato gittato qual trovatello, se quel generoso non gli avesse dato ricetto, sostentamento, educazione nella propria casa tra gli altri suoi figli, amandolo al pari di questi. Allora soltanto ricordò che parecchie volte il suo morente benefattore lo avea mandato a chiamare.
"Andiamo, diss'egli seco medesimo dando al suo cavallo la direzione della casa di Fritzheim, se egli è vero quel che mi si è detto, il buon uomo non ha molti domani a vedere. Incominciavo un poco a seccarmi de' suoi continui rimproveri. È vero che di molto io gli son debitore, ma alla fin fine qualche cosa ho fatto anch'io per lui da qualche anno a questa parte; non gli ho mandato denaro? Non ho fatto di bei regali a Lucia? Ma or che ci penso; par che costei abbia preso in sul serio le nostre fanciullaggini amorose. Che diascine! Non ci vuole che una testolina come la sua per creder vero a vent'anni quello che si è detto a quindici. Follie! Or più che mai questa chimerica unione sarebbe impossibile. Quand'anco io non avessi qui in questo cuore scolpita quella cara immagine di Emma, che mi divora a fuoco lento, io non acconsentirei giammai ad essere lo sposo di Lucia. Che direbbe la società di me? Che direbbero i miei amici? Sposare la figlia di uno stradiere! Ed io mi esporrei con tal matrimonio a render nota a tutti la mia storia, perocchè, non ci cade alcun dubbio, al domani delle mie nozze si saprebbe nel paese che Daniele de' Rimini non è che il figlio della sventura o della colpa, raccolto per carità dal padre della sposa! Ignominia! Un tal segreto vorrei che rimanesse mistero per tutti. Se il padre Giacomo il portasse tutto con sè nella tomba!... Oh se Emma penetrasse!... Dio, Dio, non mi esporre a tal rossore!... Ella così superba de' suoi natali, così ricca... ricca e nobile! Ecco.... ecco la felicità, il sogno ardente della mia vita! Ed io sposerei Lucia povera, oscura, ignobile, figlia d'un vile stradiere?! No, no.... Quando io non era ancora conosciuto, quando io non era ancora slanciato nel mondo, avrei forse potuto sposarla, imperocchè tutti avrebbero ignorato l'oscura mia origine, ma ora? Io ho fatto tanto per inalzarmi, ho gittato sudori e lagrime sul pianoforte, sono impallidito su i capilavori musicali, non solo per amore a quest'arte, cui spero per altro abbandonare non sì tosto avrò raggranellato un po' d'oro, ma bensì per farmi una strada alla fortuna, per vedere di pormi ad un certo livello con quegli splendidi giovanotti miei amici, che non ristarebbero dal darmi la beffa per questo ridicolo matrimonio ch'io farei a contraggenio, e che distruggerebbe per sempre ogni speranza di possedere quel tesoro di grazie che m'innamora, e quella dote colla quale cesserei di essere una creatura mercenaria. Oh... che ignobil cosa è il lavorare per vivere! Qual differenza tra Emma e Lucia! Ma che dico! Non sono io scemo di senno per istabilire un paragone tra queste due donne! Un paragone tra Emma e Lucia! È lo stesso che paragonare l'eleganza alla goffaggine, la farfalla alla mosca, la ricchezza alla miseria. Che compiuta educazione! Che linguaggio elevato, che nobiltà di sentire! e che bellezza! Oh quelle forme del suo corpo! quei suoi capelli! quegli occhi!! Oh, la mia testa, la mia povera testa…
Ciò dicendo, Daniele, il cui carattere da questo breve soliloquio i nostri lettori potranno in parte conoscere, era giunto all'abituro di Giacomo, sotto il cui tetto egli avea per molti anni riposato.
Nell'entrar che fece Daniele nella camera dell'infermo, Lucia si era incontanente alzata da su il letto del padre, avea fatto per correre incontro al giovine, ma a mezzo la camera sentì fiaccarsele le ginocchia, e quelle lagrime che fino all'arrivo di Daniele erano rimaste premute nel petto, quivi costrette dall'acerbità d'un doppio spasimo, rifluirono tutte in un momento alle ciglia della fanciulla per un ritorno di tenerezza, e Lucia pianse per qualche minuto con quell'impeto irrefrenabile, che suol succedere ad una sì lunga compressione.
Daniele era rimasto alcun poco sulla soglia di quella camera, freddo spettatore della scena di tristezza che gli si offriva; poscia, senza rivolgere una sola parola a Lucia, si era inoltrato verso il letto di Giacomo, chinando leggermente il capo dalla parte ov'era seduto Padre Ambrogio. Maria, Giuseppe, Andrea lo avevano salutato con affettuosità, se gli eran messi d'intorno; un raggio di gioia brillò su quei volti infantili; la presenza di Daniele era per essi di buon augurio; eglino tutti aveano rifuso addosso a questo giovine quella espansione di affetto e di stima che l'idiotismo d'Uccello aveva in certo modo respinto e deviato.
Nel venire Daniele, Uccello si era recato nelle braccia i suoi mici ed era corso a far festa al Contino.
Era questo il nome che in famiglia si era dato al fanciullo Daniele, alludendo alle costui maniere riservate e schife non meno che al grandissimo livore dal quale, insino dalla più tenera età, questi era preso per l'invidia che gli eccitavano i fanciulli meglio vestiti o che passeggiassero in carrozza o che fossero possessori di più bei giocattoli.
— Guarda, Lucia, disse Uccello alla sorella alzando con la punta delle dita le falde del soprabito di Daniele, guarda che bell'abito ha il Contino, bada che non se lo imbratti vicino a noi altri!
Queste parole, che l'idiota avea dette in tutta l'ingenua volgarità della sua favella, fecero apparire tutt'i colori sul volto di Daniele, il quale con un mezzo sorriso rispose battendo lievemente colla frusta sul capo dell'idiota:
— Non temere Uccello, noi non ci faremo bruttare da nessuno; e poi: non ci è paura, tu mi guardi le spalle.
Così fatte celie scambiate tra Daniele e Uccello presso al letto del moribondo rattristarono profondamente padre Ambrogio e Lucia.
Vi fu un momento di silenzio agghiacciato.... Giacomo avea gli occhi chiusi, e la voce di Daniele non ancora aveagli colpito l'orecchio.
Padre Ambrogio si affrettò di far conoscere all'infermo l'arrivo del suo figlioccio tanto aspettato; onde, alzata alcun poco la voce, e fattosi più dappresso all'orecchio di lui, dissegli:
— Signor Giacomo, il vostro Daniele è qui.
Il volto cadaverico del vecchio si animò subitamente, dischiuse gli occhi ne' quali brillò un raggio di vivo gioia, e quelle pupille andarono in cerca di Daniele, e si affisarono su lui. Giacomo distese la destra verso il giovine, il quale, senza torsi i guanti, se l'accostò alle labbra e vi lasciò cadere un freddo bacio, sfiorando appena l'epidermide di quella mano, quasi timoroso che gli si fosse appiccato il male del vecchio, e schifo di baciare la mano di un povero ma onesto gabelliere.
Erano molti anni dacchè Daniele non baciava la mano del suo benefattore.
Nello sguardo immobile del vecchio, in quella scintilla di fuoco che, attraverso le nebbie della morte, dardeggiava dagli occhi vitrei di Giacomo, fisi su Daniele, era un lacerante rimprovero, un dolore cocentissimo ma rassegnato, una speranza viva, ardente, una preghiera affettuosa, un comando.
Padre Ambrogio leggeva in quello sguardo queste diverse passioni, questo linguaggio misto di tanti affetti, di tante commozioni, e procurò di richiamare i pensieri dell'infermo a quella pacatezza che debbon serbare gli uomini che stanno in procinto di elevarsi su tutti gli umani affetti e passioni. Daniele era distratto, preoccupato, stava così come se si fosse trovato in una casa straniera, indifferente.
— Signor Giacomo, disse padre Ambrogio, vi avea pur detto che questo caro giovine si sarebbe affrettato di venire a baciarvi la mano e ad accorrere a' vostri desiderii; egli è qua, compatitelo, perchè oggi soltanto egli ha saputo essersi aggravato il vostro male.
Il buon prete avea poggiata la voce sulle parole oggi soltanto per farle ben notare a Daniele, il quale gittò su lui uno sguardo furtivo e disse anch'egli.
— Sì, signore, soltanto oggi m'è stato detto che voi eravate infermo.
Daniele non avea detto papà Giacomo, siccome per lo addietro chiamava il suo benefattore. Questa parola signore avea messo il ghiaccio di morte nel vergine cuore di Lucia.
Giacomo avea concentrate tutte le forze della sua vita in questo supremo momento, in cui egli voleva assicurare la pace e la felicità della figliuola. La mano del vecchio avea cercata quella di Daniele e non la lasciava; il pugno dell'infermo avea acquistato una forza straordinaria di cui lo stato di prostrazione in che lo avea gettato il morbo parea che il rendesse incapace. Questa pressura indicava abbastanza l'ardente desiderio che il vecchio avea avuto di riveder Daniele e il timor che questi si allontanasse.
Daniele sembrava portar con impazienza quello sguardo e quello imprigionamento della mano.
Giacomo alzò il capo e fe' segno lo avessero adagiato su qualche cuscino per potersi reggere a certa altezza dal letto; un eccitamento estremo gli avea dato un'apparenza di salute e di forza.
— Un sorso di sidro, chiese il vecchio con voce distinta.
Era questo la consueta bevanda, di cui usava nello stato di sanità, e che gli dava soddisfazione, ilarità, lucidezza di mente: onde quasi mai mancavane qualche boccia nella famiglia, comunque povera.
Lucia corse, col cuore palpitante di speranza, ad aprire un vecchio armadio dov'era riposto un avanzo di una caraffa di sidro inglese, ne versò tre dita in un bicchiere, ed il recò al padre, accostandoglielo alle aride e scolorate labbra.
Giacomo bevve con ansia; ma la deglutizione opravasi con difficoltà, per modo che fu impossibile al misero vecchio di trangugiare il bramato refrigerio che gli rimase in sulla lingua; tanto più che quella bevanda non è così fluida e potabile come l'acqua.
Giacomo gittò un profondo sospiro, scostò leggiermente dalla bocca il bicchiere e la mano che glielo porgeva, e volse gli occhi al cielo facendo tacita offerta a Dio delle sue sofferenze: il cuor di Lucia ne fu trapassato: nascose il suo capo dietro quello del padre e pianse la miserella, ma divorando nel cuore le amare lagrime che le strappava lo stato del genitore.
Giacomo non era uscito dal suo abbattimento per due giorni continui; poche e indistinte parole avea proferito in questo tempo, pochi segni aveva dato di vita e di avvedimento, ma ora un pensiero, un proponimento parea dargli una fittizia energia. Comechè privo del refrigerio che sperava ottener dal sidro, ei raccoglieva quasi per forza intorno al suo cuore la vita che gli fuggiva. Oh l'amore paterno! Chi può dire fin dove questa onnipossente affezione dell'animo può imperare sulla caduca argilla? Chi può segnare i limiti della sua forza? L'amor paterno commove ed agita ancora il cuor di un cadavere pochi istanti di poi che morte vi ha soffiato il gelido suo alito: l'amor paterno è un raggio dell'anima immortale che rimane ancora attaccato alla famiglia, quando il corpo del padre rientra nella creta che il produsse.
Giacomo fe' cenno a Daniele di avvicinarsegli di più, imperocchè non potea parlare che a stento e con voce fiacchissima.
Daniele, Lucia e Padre Ambrogio si strinsero al letto dell'infermo per udirne le parole. Marietta e gli altri due fanciulli intorniarono quei tre; e tutti pendevano con trambasciata ansietà dalle labbra del capo della famiglia.
— Daniele, disse il vecchio, ricordi tu quel che eri e quel che ora sei?
— Lo ricordo, rispose questi, alcun poco turbato da simile interrogazione.
— Ti rammenti di quella notte in cui ti raccolsi morto di fame e di freddo sopra una felce nelle boscaglie della Sila in Calabria?... Pensa, figlio mio, che ivi saresti immancabilmente perito; le tue membra quasi nude erano intorpidite dal gelo onde eran tutti coperti que' boschi deserti e quelle valli; i tuoi occhi eran chiusi ed appena uscìa dal tuo petto un fioco gemito che si perdeva ne' lunghi urli del vento tra gli scheletri della vegetazione. Fu la Provvidenza che guidò i miei passi in quel bosco tetrissimo: io avea smarrito il mio cammino, o per dir meglio Iddio volle che io mi fossi per poco allontanato dalla strada regolare per menarmi a dar vita ad una innocente creatura. In questo supremo istante della mia vita che si spegne, benedico la Provvidenza che mi fece degno di esercitare la carità e di salvar da morte un caro fanciullo, ch'io poscia ho amato qual mio figlio, e che ora amo con tutta la tenerezza paterna, quanto amo queste infelici creature che la mia morte lascierà diserte e abbandonate nel mondo.
Dagli occhi del vecchio cadde una lagrima, che restò fredda e impiombata sulla sua guancia.
A quelle parole, non si udì che un pianto universale. Daniele era commosso.
Dopo pochi momenti di silenzio, Giacomo riprese:
— Ho dovuto richiamare questa ricordanza, mio caro Daniele, non per vantare titoli alla tua gratitudine, della quale non ho mai dubitato, e di cui mi hai dato eziandio prove non equivoche; bensì per ottener da te tutto l'affetto di un figlio in questo momento ch'è per me sì solenne. Se tu ami ch'io dorma in pace il sonno della tomba, se vuoi ch'io chiuda gli occhi benedicendo quell'istante in cui per la prima volta i tuoi gemiti infantili colpirono le mie orecchie, togli dal mio animo ogni dubbio sulla tue rette intenzioni a riguardo di questa misera fanciulla che tanta ti ama....
Quest'ultima parte fu piuttosto indovinata dagli astanti anzi che profferita dal vecchio, tanta fu la commozione ambasciosa che gli oppresse il petto. Daniele impallidì e chinò gli occhi, interamente ombreggiati dalle folte sopracciglia, che diventarono due archi nerissimi; Lucia si sentiva scoppiare il petto; il cuore le palpitava con tal violenza che un lividor di morte le imbiancò le labbra semiaperte; gli occhi della fanciulla non s'arrischiarono a riguardar Daniele, e fu per bene di lei, che se quell'adorabile creatura avesse gittato uno sguardo sul suo amato avrebbe letto sul di costui volto la più chiara mentita delle parole del padre.
— Si avvicina il mio termine, figli miei.... Ringrazio la Provvidenza che mi concede la forza di parlare e di rivolgervi le mie estreme parole. Daniele, Lucia, Iddio non ha permesso ch'io fossi testimone della vostra felicità.... Io avea ben ragione, mio caro figlio, di spingerti ad affrettare questa bramata unione... L'innocenza e la virtù fecero dapprima nascere il vostro amore; l'affetto fraterno si voltò ne' vostri cuori in un sentimento più dolce, che crebbe col crescer dell'età. Dio benedisse l'amor vostro come l'ho benedetto anch'io. Daniele, misero figlio della sventura o della colpa, infelice creatura defraudata del più caro degli umani retaggi, l'amor paterno, il cielo ha colmato un tal vuoto; tu sei idolatrato da quest'angioletta. Una brillante carriera ti si apre dinanzi: così giovane hai ottenuto quello che pochi o nessuno alla tua età giunge ad ottenere: riputazione e fortuna, e ben le meriti per la tua abilità nell'arte musicale, per la quale tanto genio appalesasti fin dalla tua fanciullezza. Possa il cielo sempre più render prospere le tue fatiche, ad alleviarti le quali avrai al tuo fianco questa cara creatura.... La misteriosa mano che oggi provvede a' tuoi bisogni o ai tuoi piaceri potrà un giorno ritirarsi da te, senza che tu abbi a sentire dolorosamente una tal perdita.
Giacomo ebbe d'uopo d'interrompersi per qualche momento.... Gli astanti, ed in particolar modo Daniele e Lucia, erano diversamente agitati e commossi.
— Daniele, ripigliò il vecchio, il tempo stringe ed io non posso abusare di questi preziosi momenti che Iddio mi concede. Io non dubito della lealtà delle tue intenzioni, tel ripeto; ben mi è noto il tuo cuore, e so che l'opera mia non fu seminata in ingrato terreno... Ma ho bisogno, nel licenziarmi da voi, figli miei, di essere pienamente sicuro dell'avvenire della mia Lucia... Chieggo da te un giuramento, Daniele.
— Un giuramento! esclamò questi, che era ben lontano da una simile idea.
— Sì, figlio mio, un giuramento solenne che tu farai su quel Crocifisso, presente Padre Ambrogio e gli altri figli miei: giurerai di sposare quanto prima la dilettissima Lucia... Un tal giuramento nulla può costarti; esso non serve che a render paga e soddisfatta l'anima mia... Io andrò a raggiungere la mia amatissima compagna, la madre vostra, figli miei, e di lassù le nostre benedizioni vi accompagneranno sempre e dappertutto. Or via, non si perda più tempo. Son due giorni che ti ho aspettato, Daniele, e credeva che Dio non mi accordasse il piacere di vederti, per dileguare dal mio povero cuore ogni dubbiezza.
Un Crocifisso di avorio era in cima del letto, all'altezza della mano di Giacomo, il quale, toltolo dal muro, il consegnò a Padre Ambrogio e gli disse:
— Padre, ricevete il giuramento di Daniele, ed implorate le celesti benedizioni sul capo dei figli miei.
Padre Ambrogio si alzò. Il suo volto era grave e solenne; con la destra ei teneva il Crocifisso, con la sinistra toccò la spalla di Daniele, figgendogli in volto uno sguardo severo ma ripieno di bontà.
— Daniele, Iddio vi ascolta e vi giudica; ponetevi in ginocchi, figlio mio, e proferite con me il solenne giuramento che vostro padre, il vostro benefattore, chiede da voi, per abbandonare in calma ogni pensiero della terra e rivolgere tutta l'anima sua alla patria celeste.
Lucia s'inginocchiò e con essa tutti gli altri fratelli... In fondo alla camera si vedea genuflessa anche la vecchia fantesca, biasciando preci e facendosi cadere di grosse lagrime sulle aggrinzite guance.
Daniele ebbe un momento di titubanza... Egli era rimasto all'impiedi, mentre tutta la famiglia... era genuflessa. Un pallore di morte avea coperta la bruna sua faccia... Questa titubanza non durò che pochi momenti.
Daniele piegò a terra il ginocchio dritto e chinò il capo per non lasciare scorgere il suo turbamento.
Padre Ambrogio spiegò la sua mano sul capo del giovine.
— Daniele, giurate voi nel nome dell'Eterno Dio e su questo segno dell'Umana Redenzione di sposare quanto prima in legittimo matrimonio Lucia Fritzheim, figliuola di Giacomo?
A questa interrogazione successero pochi momenti di silenzio. Padre Ambrogio con voce ferma riprese:
— Pensate, Daniele, pria di giurare... Or siete libero ancora; un momento, dopo, la vostra vita è eternamente avvinta a quella di questa fanciulla.
Daniele non rispose. Il vecchio Giacomo, Lucia, tutti trepidavano. Questi minuti secondi erano spine acerbissime per quella sventurata famiglia.
Il ministro di Dio replicò la formola del giuramento:
— Daniele giurate voi nel nome dell'Eterno Dio e su questo segno dell'Umana Redenzione di sposare quanto prima in legittimo matrimonio Lucia Fritzheim figliuola di Giacomo?
— Lo giuro, rispose Daniele con voce distinta ma rauca e profonda.
— Ti benedica Iddio! esclamò il prete.
.
Daniele, giurate voi nel nome dell'Eterno Dio e su questo segno dell'umana Redenzione…
Tutti si alzarono... Giacomo piangeva di tenerezza, di consolazione: il cuore del vecchio infermo si dilatava; parea che la vita e la salute gli tornassero; il suo volto si rischiarò: i suoi occhi brillarono ancora sotto i vapori della morte.
— Avvicinati a me, figlio mio, Daniele, qua... qua sul mio cuore, fa che ti abbracci; che io baci i tuoi capelli, la tua fronte. Oh! perdona, perdonami, figlio mio... per poco io aveva dubitato di te; tel confesso... Io credeva che più non amassi la mia Lucia... Che ne sarebbe stato di questa infelice che tanto ti ama?.. Appressati anche tu, Lucia, qua, qua ch'io vi stringa entrambi sul mio petto... Oh... or muoio contento!... Grazie, grazie, mio Dio che mi hai fatto degno di tanta felicità!... Ah! la vista mi si abbuia... Sorreggetemi, figli miei... miei cari fi...
Giacomo cadde estenuato e privo di sensi in su i guanciali...
Lucia era rimasta nelle braccia del padre, nel cui seno avea nascosto il capo.
Daniele si era allontanato dal letto del vecchio. Nessuna lagrima avea bagnato i suoi occhi... Egli raggiustava freddamente e ravviava in sul dritto lato della fronte i capelli che stando egli nelle braccia del padre, aveano smarrita la loro studiata drizzatura.