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PARTE III.
I
Un cavaliere del firmamento.
Manheim è indubitabilmente una delle più belle città dell'Alemagna. Situata al confluente di due fiumi, il Neckar ed il Reno, e in sulla dritta sponda di quest'ultimo, essa offre a' viaggiatori una delle viste più dilettose. Ameni giardini, nei quali furono convertiti gli antichi bastioni distrutti dai francesi, circondano la sua forma ovale, a guisa di un vago mazzettino di fiori, nel cui mezzo pompeggiasi una gentil magnolia. Manheim, residenza di delizie del Gran-Duca di Baden città rivale di Carlsruhe, pulita, ben fabbricata tranquilla, dalle larghe e belle strade, dalle case simmetriche come le idee nella testa di un tedesco, Manheim ricorda subitamente al forestiere che per la prima volta la visita i poemi di Goethe e i racconti di Hofman e di Werther.
Un filosofo che volesse passar la sua vita tra i libri e le meditazioni non potrebbe scegliere in tutta la Germania un paese più acconcio allo studio. Le lunghe file di acacie che orlano i pubblici passeggi di questa città vi spargono un profumo soavissimo che dà all'anima freschezza di concepimenti e serenità di passioni.
Situato in una delle più amene posizioni di questa famosa città di Manheim, e interamente segregato dagli altri edificii, vedesi sbucciar da un gruppo di poggetti di vigne un casinetto a pietre bianche e rosse, di gotica struttura ma di recenti adorni: una villa pensile si prostende ai suoi piedi, dove la mattina in sull'alba si raunano di numerose frotte di augelli, e v'intuonano un concerto di voci leggiadrissimo e tale che la mente d'un viaggiatore napolitano ritorna tosto con tenerezza a' siti incantati del suo paese, sviscerato amor di natura. Una cascatella artificiale e tortuosa, balzando sopra una scala di grotticelle e di nicchie di conchiglie, si va a perdere in pioggia finissima, la quale, refratta da' raggi del sole rassembra in lontananza una sottil trama d'argento. Quel casinetto a due piani domina un'estesissima veduta del Reno e delle sue rive seminate di paesetti.
Nulla di più vago, di più pittoresco, di più atto a molcere i sensi e l'anima quanto l'aspetto di questo solitario ridotto della pace e della serenità. Lo sguardo vi si fissa con piacere, con amore e si addentra col pensiero nei vialetti di quella villa, nel fitto di quegli alberi dalle ombre più ristoranti, nel concavo di quegli scavi artificiosi, misteriosi ritrovi di amore, e nell'interno di quegli appartamenti freschi e leggiadri ne' quali la mente si figura un essere felice.
Questo casino colle sue adiacenze viene addimandato il comprensorio di Schoene Aussicht (Belvedere).
Ed in fatti, un essere privilegiato abitava da parecchi anni in quel remoto casinetto, che egli avea comprato con la villa e colle altre delizie circostanti. Era un Inglese, per quel che nel paese se ne diceva, benchè taluni asserissero che ei fosse il Baronetto Edmondo Brighton, ed altri il Conte di Sierra Blonda. Quali il suo titolo ed il suo nome si fossero, gli è certo che sul conto di costui correvano le voci più contraddittorie, più assurde; e quantunque il proverbio dica vox populi vox Dei, ci era da giurare che niente di vero conteneasi nelle dicerie degli abitanti di Manheim in sul proprietario di Schoene Aussicht. Come in fatti conciliare e sposar tra esse le voci che facevano a calci? Come credere, per esempio, che questo personaggio fosse ad un tempo spagnuolo ed inglese? che possedesse tanto danaro da potersi comprare tutta la città di Manheim, e che poi vivesse come il più modesto borghese? che fosse un uomo dedito agli studi ed alla meditazione, mentre si asseriva in pari tempo esser egli interamente abbandonato a' piaceri, ed averne fatte tante e poi tante in sua giovinezza da scandalizzare il nuovo ed il vecchio continente? Chi diceva che il Baronetto aveva avuto niente meno che quattro mogli e quindici figli; chi giurava che quegli era celibe e che non avea figliuoli; chi affermava esser vedovo, e la defunta moglie avergli portato in dote tant'oro da gittarne nel Reno: alcuni bisbigliavano sotto voce e in aria di mistero che il nuovo proprietario di Schoene Aussicht aveva avvelenata la moglie per isposare una bella andalusa.
Ma egli è necessario deciferare il vero tra mezzo a tanto guazzabuglio di cose: noi però ci studieremo di dare al lettore sul nuovo personaggio che viene a prender posto nella nostra storia tutt'i ragguagli indispensabili per ben conoscerlo e giudicarlo.
Non eran discordi le opinioni sul titolo e sul nome del proprietario di Schoene Aussicht, dappoichè questi era nel medesimo tempo il Baronetto Edmondo-Isacco Brighton ed il Conte di Sierra Blonda. Aveva ereditato il primo titolo qual figliuolo cadetto d'una delle primarie famiglie di Yorkshire in Inghilterra9, ed il secondo titolo gli era stato venduto assieme alle immense possessioni da lui acquistate nel mezzogiorno della Spagna, dove aveva dimorato per molti anni. Ed ecco in qualche modo accordate benanche le voci stravaganti ch'ei fosse ad un tempo inglese e spagnuolo, imperocchè, se inglese era per nascita, era spagnuolo di adozione, avendo passata nella Spagna gran parte della sua vita. Ed era nel carattere e nelle fattezze di quest'uomo un singolar miscuglio del sangue iberico e britannico; a tutta la flemma inglese egli accoppiava le calde passioni degli Algarvi; era ad un tempo il Don Juan di Byron e il Faust di Goethe.
Nel tempo in cui lo presentiamo a' nostri lettori, il Baronetto non era più giovane, ma era ben lontano dall'essere vecchio; di statura regolare, di giusta complessione e vigorosa: il suo volto, a metà coverto da densa e lunga barba, nella quale si scorgeano appena pochi fili di argento, era leggiermente colorato di quel vermiglio che annunzia un rigoglio di salute: i suoi occhi castagno cupo erano grandi e pregni di anima; la sua testa era calva sul pendìo della fronte, e il resto del cranio era coverto anzi che nascosto da capelli rasi e monchi. Egli era in tutta l'estensione della parola, quel che dicesi un bell'uomo.
Il Baronetto era stato nella sua giovinezza il modello della gentry fashion, vale a dire il più compito cavaliere: egli avea libato a centellini le delizie della vita. A simiglianza del Child Harold, poi che ebbe sorvolato in tutta l'Europa e in gran parte l'America, egli avea fissato la sua dimora nella Spagna e propriamente in quelle terre di fuoco, nell'Andalusia, dove ogni cuore è un vulcano. Qualche cosa del cielo di Africa è nel cielo della Spagna meridionale, che sembra quasi dar la mano alla terra dei Negri. Ci è tra l'Andalusia e l'Africa uno stretto rapporto: quasi due sorelle strappate a viva forza dalle braccia l'una dell'altra, queste due terre par che si congiungano di soppiatto sotto il canale di Gibilterra. Il suolo, le acque, la coltura sono le stesse al di qua e al di là dello stretto: Ceuta è spagnuola come Cadice è africana.
Il Baronetto avea comprata, nel cuor delle Algarve, siccome abbiam detto più sopra, una vasta tenuta addimandata di Sierra Blonda, imperocchè situata a piedi di una montagna su cui era una rena biondissima. Questa Contea, abbandonata da secoli per l'aridità delle sue terre infuocate, era composta di casamenti, a metà bruciati nelle guerre moresche, e di grandi estensioni di terreno, dette despoblados (spopolati) nelle quali il pensiero si rattrista come nei deserti. Questa tenuta col titolo annesso era costata al Baronetto seicentomila pezzi duri. In tutta la Spagna egli era conosciuto ormai sotto il nome di Conte di Sierra Blonda. Quando, dopo lunga fatica, un uomo perviene alla cima della Montagna Bionda, e volge uno sguardo intorno a sè, l'anima sua è presa da spavento e da tristezza, scorgendo in sul capo un cielo ardente, e intorno intorno alla montagna uno spazio immenso arido e solitario, balze a picco, rifugio di uccelli di rapina, pendici scoscesi in su le quali neppure un'ombra di vegetazione, se togli nel fondo di qualche valle, dove, accanto a un fiume o ad un ruscello, si vede spuntare un filo di verdura e qualche abitazione che attesta la vita e l'industria.
Che cosa aveva indotto il Baronetto ad acquistare questo deserto? Niente altro che il capriccio e quella specie di stravagantissima eccentricità che formava il nucleo del suo carattere e della sua vita. A venti anni, padrone di sè medesimo e di una fortuna incalcolabile, egli si era fatta una legge d'inventar sempre nuovi piaceri, nuovi divertimenti, di uscire dai sollazzi comuni, di assaporare con gusto e raffinatezza tutto il pizzicante della vita. Egli non faceva niente di quello che avrebbero fatto gli altri giovani dell'età sua e nel suo stato, anzi faceva appunto il contrario. Edmondo avea reso animatissimo quel deserto; giuochi, balli, festini, gozzoviglie rallegravano giorno e notte gli appartamenti dal signorotto, che li avea fatto addobbare con tutto il lusso e le comodità.
Tra gli altri stranissimi divertimenti ch'ei soleva prendersi, dobbiam notare il seguente. Egli faceva riempir di mobili un casamento e adornarlo come per festa di ballo: le suppellettili più costose ne fregiavano le sale: si facea poscia chiamare un centinaio di vagabondi, di ladri e di uomini facinorosi. A un dato segno ch'ei dava, il fuoco era appiccato al casamento; il saccheggio era comandato; e quegli uomini, a rischio della vita che sovente vi perdevano, si gettavano nelle fiamme per ispogliar le sale del meglio che vi si conteneva. Edmondo godessi un così fatto spettacolo, ad una certa distanza, e nel mezzo dei suoi numerosi amici e compagni di follie, i quali sgangheravansi dalle risa, e mettevano alte e selvagge strida di esultanza in veggendo gran parte de' saccheggiatori venir fuora da quelle crollanti mura col volto e colle mani annerite ed arse: come sciami d'immondi animali ch'escono dalla putredine e dalla corruzione.
Il Baronetto Edmondo si avvezzava con siffatti passatempi alla più cinica durezza di cuore. Quando gli si parlava di sentimento, di amore appassionato e gentile, ei rispondeva che tutto ciò è buono per quella gente che ama di pascersi d'illusioni, ma che la vita presenta un campo di piaceri positivi e reali sì vasto da non esserci bisogno di foggiarne di fittizi e ideali. Un uomo, ei diceva, può cogliere i frutti saporosi dell'albero dell'umana vita, senza perdere il tempo a odorarne i fiori.
Ci sembra superfluo il dire quanto un uomo di questa tempra deplorevole dovess'essere pericoloso per la pace domestica delle famiglie. Edmondo era pazzo per le donne andaluse. Allorchè gli si metteva innanzi la bellezza delle donne inglesi, ei ricorreva subitamemte all'autorità di Byron, suo autor favorito, e rispondeva coi versi del Child Harold:
«Who round the North for paler dames would seek?
«How poor their forms appear! how languid, van, and weak!10
Aggiungi che il giovin Baronetto era bellissimo del volto e della persona, la quale aveva acquistato proporzioni, forma e vigore negli esercizi cavallereschi e nella tempestosa ginnastica di una vita consacrata solamente a' piaceri.
Egli avea fatto rivivere, a grande scandalo della civiltà de' tempi l'antica razza de' Cavalieri del Firmamento. Eran costoro nel numero di dieci, regolati e condotti da Edmondo: vestiti tutti a un modo, bene armati e avvolti in mantelli azzurri screziati di stelle d'oro, simbolo del Firmamento, uscivano a cavallo da Sierra Blonda in sulla sera e percorrevano i dintorni, in caccia di avventure. Qualunque donna capitasse ad imbattersi in questi pazzi giovinastri era subitamente rapita, a qualsivoglia classe della società fosse appartenuta. Ne conseguivano lotte, duelli e risse. Un tanto scandalo non poteva a lungo durare. Non ostante i potenti rapporti e aderenze, una ordinanza reale decretava il bando a' novelli Cavalieri del Firmamento. Edmondo e i suoi amici dovettero esiliare: il Baronetto si recò a Bajonna, sulla frontiera della Francia; il titolo di Cavaliere del Firmamento gli era rimasto.
Durante la dimora nell'Andalusia, il Baronetto Edmondo Brighton avea stretto amicizia col Duca di Gonzalvo, capo politico di quella provincia, il quale per qualche tempo avea nascosto e coperto agli occhi del governo le tristi scorrerie del signorotto inglese e dei suoi. Il Duca di Gonzalvo era ben lontano dal supporre che un giorno si sarebbe pentito di aver concesso la sua amicizia e confidenza a quel giovine dissipato e di pessimo cuore.
Edmondo andava spesso a Siviglia per visitare il Duca, e questi lo accoglieva sempre con quell'amorevolezza che gli ispirava il carattere disinvolto del Baronetto, non meno che le costui espressioni caldissime di affetto.
Ma lo scopo delle frequenti visite di Edmondo non era già l'amicizia, bensì l'amore, essendosi fortemente invaghito della sorella del Duca, Juanita, fanciulla di rara bellezza e di bollenti passioni. Il Baronetto si abbandonò a quest'amore e con iscopo infernale, perciocchè abborriva finanche l'idea del matrimonio. Ma la condanna di esilio che lo bandiva dal territorio della Spagna venne, per buona ventura, a rompere il filo dei suoi criminosi proponimenti.
Edmondo partì per Bajonna, lasciando nel cuore di Juanita il fuoco di una vergine passione, e la speranza d'una prossima unione. Ma innanzi di partire per Bajonna, il perfido Baronetto aveva ordita una trama diabolica per far cadere Juanita ne' lacci della seduzione. Nel 1803, il Daca di Gonzalvo fu costretto di abbandonare Siviglia per essere caduto in sospetto del suo governo; e scelse per rifugio l'ostello del Baronetto Edmondo che allora dimorava a Bajonna, e che lo aveva invitato a trasferirsi quivi colla sorella. Il Duca ignorava gli amori dei due giovani, e menava egli stesso l'innocente colomba sotto le spirali del serpe affascinante.