Francesco Mastriani
Il mio cadavere
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PARTE IV.

I. La cavalcata.

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PARTE IV.

 

 

 

I.

 

La cavalcata.

 

 

 

Allontaniamo per poco il nostro sguardo da Schoene Aussicht, dove, poscia che il contratto di morte fu chiuso, tutto fu profonda tranquillità per alquanti giorni, e ritorniamo al palazzo S..., dove lasciammo quella perla delle fanciulle, Emma di Gonzalvo.

Esaminiamo un poco i suoi sentimenti e scrutiamo i suoi pensieri, quei pensieri color di rosa che si aggirano in quella bellissima testolina modello e su per quella fronte più bianca dell'alabastro. Oh com'è difficile di poter leggere in quel cuore! il sorriso è sempre su quelle labbra tanto più eloquenti quanto men loquaci; il piacere è sempre in quegli occhi neri come la morte ch'essi mettono nel cuore. Non direm già il dolore, ma la tristezza è straniera a quella natura vulcanica, se non è quella dolce mestizia di cui talvolta si ammanta l'erburnea sua fronte per vaghezza di sentimenti, per civetteria, per moda. Ella sa che l'astro della notte è più bello allora che una diafana sfoglia di nugoletta ne vela la bianca luce.

Eppure, infin dal della partenza di Daniele, il velo di malinconia che si scorgea sulle incantevoli sembianze di Emma non era più artifizio di civetteria, ma l'era naturale. Amava ella il giovine pianista? È difficile il rispondere a tal dimanda. Andate a formare un raziocinio sui sentimenti di una fanciulla di quella fatta! Ci si perde la bussola se non la testa. In quanto a noi, confessiamo che non sappiamo quel che sente e quel che pensa la bellissima Andalusa, e che non altro possiam dire che dal giorno in cui Daniele postergava il paese ov'ella abitava, Emma non parve più così allegra, così spensierata. Non v'immaginate però che quel gioiello di donna si fosse dimagrita nel pensier di Daniele, o che moltissima malinconia le desse la costui lontananza. Emma sentiva un vuoto ne' suoi trionfi giornalieri: un adoratore di meno non facea gran cosa al numero, ma spiaceva all'amor proprio di lei. Dobbiamo anche aggiungere in confidenza che, quantunque ella ben si tenesse dal dimostrarlo, sentiva non per tanto una propensione e una simpatia pel giovine artista, dallo sguardo di fuoco, dalla fronte ripiena di genio e di malinconia: le frasi monche ma ardenti, i sospiri ch'esalavano dall'imo del cuore, la pallidezza mortale onde si covriva il bel volto di lui quando le stava dappresso; tutto ciò, sebbene leggiera, facea vieppiù ogni giorno impressione sull'animo della giovinetta che non era alla fin fine di carta o di stucco, e dagli dagli, anche una statua si risente. Ond'è che la figliuola del Duca di Gonzalvo nella compiacenza che libava ogni nel sentirsi cotanto amata succhiava a poco a poco quel velenuccio che si chiama amore. Gli è vero che l'amor in Emma, il sommo amore, l'amore appassionato non poteva attecchire, dappoichè a capo di tutte le sue passioni, siccome in altro luogo mentovammo, era una cieca e pagana adorazione di medesima: Emma era amante riamata di stessa.

Ciò nulla di meno, la fanciulla aveva adesso nel corso del giorno qualche momento di malumore, di rabbruscamento di ciglia; pigliava a male certe cose che dianzi non le sfioravano neppur l'epidermide; s'incolleriva e riscaldava per nessun motivo, ed erasi fatta insopportabile verso quei suoi schiavi dai guanti bianchi che avean messo a' suoi piedi i loro cuori e la loro vita. Emma sdegnava tutti gli omaggi e trovava noioso il coro di lodi che s'inalzava attorno a lei dovunque ella mostravasi: questa bisbetica stizza le accresceva qualche volta il malumore e la noia. Ai teatri ella era distratta, fastidiosa di tutte le opere, e giudice inesorabile dei poveri artisti; nelle riunioni si piaceva a torturare gli spasimanti che la circondavano o a gittare nei loro petti la fiamma della gelosia.

Emma non sapeva rendere a medesima ragione di questa asprezza nel proprio carattere; noi crediamo di non ingannarci attribuendola all'assenza del maestro di musica; e viene a rinforzarci in questa credenza il pensare che la bella spagnola non ignorava il colloquio che Daniele si ebbe col padre di lei qualche giorno pria di partire. Emma in un momento di tenerezza avea strappata al Duca di Gonzalvo il segreto di quell'abboccamento; il Duca avea gran motivo di nasconderlo alla figliuola, però ch'egli stimava matto il pianista e come tale se ne rideva e beffava, dicendo che aveva voluto guarire o accrescere la mattezza di lui promettendogli di aspettare due anni prima di maritar la figlia. Emma dunque sapeva che Daniele l'aveva chiesta in isposa e che avea promesso di ritornare milionario dopo due anni. Non ostante i motteggi e i sarcasmi del padre, il quale teneva per fermo aver Daniele perduto il senno, ella non vedeva un proposito da demente nella promessa del giovine. Conciossiachè impossibile le sembrava che il suo amante ritornasse col possedimento di tanta fortuna, non sapea dismettere il pensiero che quegli aveva dovuto poggiare su qualche fondamento la strana proposta, il cui ardimento solleticava l'amor proprio di lei. Soltanto l'averlo pensato era per lei un titolo all'ammirazione e alla simpatia per quel caro giovane.

Per la prima volta in sua vita un pensiero angoscioso le venne alla mente, un pensiero di gelosia. Fintantochè Daniele era a Napoli, ella era sicura che costui non avrebbe potuta innamorarsi d'altra donna; troppa ella era conscia delle proprie attrattive per credere alla possibilità di un altro amore nel cuore di quell'appassionata amatore. E quand'anche un'altra donna lo avesse per poco di invaghito, bastava par ricondurlo ai suoi piedi uno sguardo, una parola, un detto. Emma dunque non ebbe mai l'idea che Daniele, veggendola quasi ogni giorno, avesse potuto prendersi di un'altra bellezza, imperocchè con tante adulazioni la superbetta era stata educata, che quasi era certa che in Napoli nessuna donna potea superarla in avvenenza e beltà. Ma fuori Napoli? Per quanto amore Daniele si avesse per lei, egli era giovine, e a ventidue anni le passioni, le immagini son fugaci; agli occhi di un giovane dal cuoreardente ogni donna è bella, ed ogni bella è amante; le reminiscenze non reggono a fronte delle impressioni; e una donna lontana, anche bella quanto si può immaginare, perde sempre a paragone di una donna presente e innamorata, anche di bellezza inferiore.

Emma avrebbe desiderato che Daniele avesse avuto trentacinque anni invece di ventidue: ella comprendeva che a trentacinque anni le passioni sono profonde e incancellabili, e che la distanza e il tempo vieppiù le accende invece di spegnerle; comprendea che in quella seconda età dell'uomo le reminiscenze hanno più forza delle impressioni: e che un amante in quest'età non pecca facilmente d'incostanza. Emma pensava a queste cose, cui per lo addietro giammai non aveva pensato e sentiva, a suo dispetto, un certo pizzicore di gelosia.

Emma dunque amava Daniele? E noi ripetiamo che nol sappiamo, ma siamo inchinati a credere di sì; bensì noi vorremmo asserire su la nostra responsabilità, e non facciamo ch'enunciare un nostro modo di vedere, e non già un fatto reale.

Talune volte, quando stava sola massimamente, con quel bel capo abbandonato sulla palma della mano dritta, con quegli occhi malinconici fissi come la mente nel passato, ella pensava che un giorno una donna avea scritto a Daniele. Ella non avea dimenticato la più minuta particolarità di quel fatto: ricordava nomarsi quella donna Lucia Fritzheim; che Daniele avea detto di aver dispregiata: e di non aver voluto cadere ne' lacci delle seduzioni di lei.

Questa donna dunque era bella! Lucia ricordava che Daniele avea detto posseder colei un sembiante d'innocenza e modi ingenui e proprii d'un cuor gentile e virtuoso, ma artefatti e tali da ingannare i più esperti.

Non so perchè, ma nell'animo di Emma surse il pensiero che quella non fosse verità; che Daniele avesse voluto nascondere agli occhi di lei un intrigo. E questo pensiero andava acquistando maggior forza ed evidenza a seconda che la giovinetta si riduceva a mente le più piccole cose che accompagnarono quel fatto. Un fanciullo misero, dall'aspetto onesto e gentile, avea portato il biglietto: il miserello era stato dapprima all'abitazione di Daniele alla Riviera di Chiaia, e di mandato a Toledo al Palazzo S... dove il maestro di musica solea venire: il ragazzo erasi posto a piangere quando gli fu detto che il giovine non era al Palazzo S...

Simiglianti particolarità davano certezza alla fanciulla di essere stata ingannata, e un bel mattino le venne alla mente un'idea singolare. Emma pensò di andare a trovare Lucia, la cui abitazione essa ricordava benissimo.

Se ella è un'intrigante avventuriera, pensava tra la nobil giovinetta, io mi sarò accertata di ciò, e più non penserò a questa sciagurata: se, al converso, ella è una vittima del tradimento di Daniele, sarà questa benanche un'importante scoperta che potrà influire sul mio avvenire.

Queste cose volgeva in sua mente la giovinetta, perocchè, bisogna dirlo, il pensiero di Daniele incominciava a diventare per lei quel che dicesi propriamente una passioncella.

La risoluzione di andare a trovar Lucia, era presa; bisognava pensare al modo di mandarla ad effetto. A tante cose pensò la fanciulla, ma tutte presentavano di forti difficoltà ed ostacoli. Imperciocchè, dato il caso che la Fritzheim fosse stata in realtà un'avventuriera, siccome l'avea dipinta Daniele, come avrebbe fatto Emma per nascondere la vergogna di tal visita?

Dopo aver molto pensato e ripensato, Emma si fermò da ultimo sovra un disegno che le parve il migliore di quanti le si erano presentaci alla mente.

Da parecchi giorni si trattava, nelle solite ed intrinseche riunioni della sera, di prendersi il divertimento di una cavalcata al Campo di Marte. Varii distinti cavalieri, amicissimi del Duca di Gonzalvo, e due o tre dame, amiche di Emma, dovean comporre la brigata. Emma avea sempre differita questa passeggiata or per un pretesto, or per un altro, non sentendosi l'animo sereno abbastanza per abbandonarsi ai consueti sollazzi; ma le parve giunto il momento di recarla ad effetto, dappoichè era nel pensier di lei di allontanarsi dalla brigata allorchè sarebbero giunti presso al Real Albergo de' Poveri, adducendo il pretesto di dover adempiere ad un atto di carità ch'ella volea fosse rimasto segreto, epperò volerlo adempiere senz'alcun testimone: avrebbe dissimulata la distanza, dicendo che la casa dov'ella recavasi non era discosta che pochi passi: avrebbe intanto dato di sprone al cavallo e divorata la via per tornar più presto a raggiungere la comitiva.

Un tal proponimento non era scevro di difficoltà, ma ella si ripromettea di superarle sul fatto.

La cavalcata fu fissata pel primo giorno di sereno che offrisse il verno già decrescente. Ed in effetto, un bel mattino la nobil comitiva si avviava dal Palazzo S… su sveltì e bei cavalli inglesi di puro sangue, con molto lusso ed eleganza bardamentati.

Emma, in grazioso e maschile abbigliamento all'amazzone, cavalcava un gentile e nobil destriero13 bianco come la spuma del mare. L'incantevol persona della giovinetta spagnuola si disegnava con fierezza sotto le spoglie austere della moda inglese, ma più bella appariva, più seducente agli occhi degli estasiati cavalieri che la circuivano. A' suoi fianchi caracollava con grazia estrema e con superba andatura il visconte di Boisrouge, abile maneggiatore di cavalli.

La cavalcata era giunta all'Orto Botanico, ed Emma, arrossendo annunziò, facendo le vista di essersene pur ricordato, di dover visitare una misera famiglia raccomandatagli14 da una delle sue amiche. Non ostante le più vive premure ed istanze, Emma si allontanò dalla brigata, e non sì tosto videsi fuori la vista dei suoi compagni, diè di sprone al cavallo e sparì dietro gli alberi che orlano il viale di S. Maria degli Angeli alle Croci.

Emma avea detto alla comitiva di aspettarla dappresso al Real Albergo dei Poveri ch'ella non avrebbe indugiato più di pochi minuti.

Il cavallo di Emma si era messo di carriera; ella incitavalo colla voce, colla frusta e cogli sproni, perocchè sentivasi alle spalle il galoppo di un altro cavallo che la seguiva.

La fanciulla sospettò che alcuno dei compagni si fosse quegli che seguitavala e nella preoccupazione in cui la metteva l'apprensione di essere discoperta, e per guardare indietro non badò ad un burrone che tagliava la strada, ed era appena pochi passi discosta dal fossato in cui sarebbe stata inghiottita insieme col suo cavallo, quando il cavaliere che la seguiva, facendo fare un balzo terribile al proprio corsiere, si cacciò innanzi a quello della fanciulla per arrestarne il corso impetuoso. E riuscì in fatti a salvare la giovinetta dall'orrenda caduta, ma l'urto fu così veemente, e l'azione così rapida, che il cavaliere fu balzato di sella e stramazzò a terra, andando a piombar col capo sopra un piccolo macigno ch'era messo in sull'orlo del fossato.

Emma mise uno strido acutissimo e si gittò dal cavallo per andare a soccorrere il suo salvatore, nel quale, a sua grande sorpresa, riconobbe il signor Maurizio Barkley, dal cui capo grondava in copia il sangue.

 

Sull'orlo del burrone.

 


 

Emma si gittò da cavallo per andare a soccorrere il suo salvatore, nel quale, a sua grande sorpresa, riconobbe

 





13 Nell'originale "destiero". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]



14 Nell'originale " raccommandatagli". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]



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