Francesco Mastriani
Il mio cadavere
Lettura del testo

Parte V.

IV. Il testamento.

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IV.

 

Il testamento.

 

 

 

Il domani, verso le nove del mattino, confusione e terrore nel casino di Schoene Aussicht.

In un attimo, tutta la città di Manheim fu piena della triste notizia della improvvisa morte del Conte di Sierra Blonda, avvenuta, come si dicea, per un colpo di apoplessia fulminante.

Un'ora dopo che si era diffusa la triste nuova, il casino fu tutto ingombro di gente. Gli amici di Edmondo, vari medici, parecchie persone ragguardevoli di Manheim, e grande stormo di curiosi penetrarono negli splendidi appartamenti, dove il giorno innanzi un uomo, ricolmo di vita, di salute, di tutt'i beni che si posson godere su questa terra, ragionava lietamente cogli amici sul modo di procacciarsi una più lunga avventurata serie di anni.

Il Dottor Weiss si diede ad esaminare il cadavere del Baronetto.

Nessun carattere di apoplessia presentava l'estinto.

Il Dottor Weiss interrogò gli altri colleghi; si tenne consulto sulle cause della morte del Conte: due ore di discussione non avean fruttato nessun risultamento: la scienza esauriva le sue congetture, e perdeva la sua logica sovra un genere di morte che offriva nuovi caratteri e specialità straordinaria.

Il Baronetto non era morto per istrangolamento, però che i segni esterni di questa morte sono: enfiatura del collo e della faccia, la quale è cosparsa di lividore nerastro; tumefazione della lingua, che pel consueto suole uscir di bocca; occhi rossi e sporgenti estremità fredde e di color violaceo.

Qualcuno appena di questi segni rinvenivasi sul capo di Edmondo.

Si passò eziandio in discussione se egli fosse morto per mefitismo, e si ricusò questa supposizione come assurda, non pure per non essersi trovata cagione alcuna di viziamento d'aria nella camera dov'egli giaceva, ma neanche gl'indizi cadaverici che attestano tal causa di estinzione.

La maggior probabilità poggiava sull'opinione che il Baronetto fosse morto per una specie di sorda asfissia, o per una terribil colica cieca.

In fatti, un indizio di questa morte suol ricavarsi dall'annerimento de' labbri.

Il pensiero che il Baronetto fosse stato avvelenato non lasciò di presentarsi vagamente nell'animo del Dottor Weiss, il quale rivolse con astuzia molte interrogazioni17 ai camerieri e a' domestici.

Ma il Baronetto aveva cenato assieme ai suoi amici, e dopo cena non aveva preso neppure un bicchier d'acqua; la cena era stata innocua, dappoichè le altre persone che n'ebbero parte non avevano sofferto alcun male.

D'altra parte, i segni caratteristici di un avvelenamento non si erano affacciati sul cadavere del Baronetto: la nerezza delle labbra era un fenomeno nuovo e strano, ma non bastava di per solo a fare argomentare una morte per avvelenamento.

Questa idea fu bandita, e si pensò tosto a far eseguire le ultime volontà del defunto.

Il dottor Weiss conosceva l'esistenza del testamento, pensò che il Baronetto gliene aveva molte volte parlato, per riguardo all'articolo dell'imbalsamazione, il quale, siccome è noto ai lettori, era così concepito:

 

«È mia precisa volontà che il mio cadavere sia imbalsamato col nuovo metodo d'iniezione alle carotidi. Questa operazione dovrà esser fatta dal mio medico dottor Weiss di Francoforte varii giorni dopo che io non avrò dato più segni di vita, e dietro i più esatti e scrupolosi esperimenti per accertarsi della vera mia morte. Per tale operazione gli si darà in compenso la somma di dieci mila fiorini

 

Consulto di medici.


Il dottor Weiss interrogò gli altri colleghi; si tenne consulto; due ore di discussione....

Questo articolo era stato letto al dottor Weiss fin dal giorno che il Baronetto lo scrisse, e indi riletto altre volte, quando il misero era oppresso dai fantasmi della morte apparente.

Noi non osiamo asserirlo per rispetto che abbiamo all'umana dignità, ma non possiamo astenerci dal formare una triste congettura. Quella cifra di diecimila fiorini era troppo prevaricante; e forse il dott. Weiss sacrificò i suoi sospetti di avvelenamento alla paura di perdere un guiderdone che si sarebbe sfumato. Se si fosse dato peso all'idea dell'avvelenamento, e se questo sospetto fosse stato ventilato, l'autorità avrebbe richiesto un'autopsia cadaverica; ed allora l'imbalsamazione non avrebbe avuto più luogo.

Affrettiamoci a dire, che Daniele simulò in modo ammirabile la sorpresa, il dolore.... La sua agitazione, la sua estrema pallidezza, la bieca espressione del suo sguardo ingannarono tutti.

Il suo trionfo era pressochè assicurato. L'impunità gli sorrideva, e con essa l'avvenire colmo di delizie e di piaceri. Ma Dio aveva già stampato su quella fronte il marchio della riprovazione.

Innanzi tutto, le autorità locali di Manheim richiesero l'immediata lettura del testamento.

Già si era presentato a Schoene Aussicht il notaro nelle cui mani il testamento era stato depositato. Tutti si prepararono ad ascoltare l'ultima volontà dell'estinto milionario.

L'ultima volontà! Ah! non era quella l'ultima volontà dell'infelice e pentito Edmondo! Egli aveva sepolto per sempre con il suo vero testamento!

A mezzo giorno si diè lettura legale dell'atto olografo, essendosi affrettata quest'operazione ad istanza del dottor Weiss, il quale aveva detto ai commissari del governo di Manheim esser necessaria la pronta lettura del testamento per ragioni che si sarebbero palesate nello stesso scritto del Baronetto.

Il cadavere di Edmondo, da lui destinato a rappresentare una parte importante nelle condizioni di eredità, giaceva tuttavia nudo nel proprio letto, coverto intieramente da una coltre di seta di Persia.

In quali mani andavano a ricadere le immense ricchezze del Conte di Sierra Blonda? Quali n'eran gli eredi?

Questa dimanda ciascuno volgeva a stesso con più o meno perplessa curiosità, a seconda della maggiore o minore probabilità che ciascuno credeva di avere ad una parte dell'eredità.

Oltre a cento persone ingombravano quella camera. Quando il notaro fece segno che si accingeva a leggere, un silenzio profondo ebbe luogo.

I primi articoli del testamento erano l'enumerazione dei beni e delle ricchezze del Baronetto, dei suoi titoli, dei suoi crediti, delle sue immense possessioni e dei suoi capitali versati su quasi tutte le Banche d'Europa.

Era una fortuna prodigiosa! due milioni e quattrocentomila piastre di Spagna, vale a dire, la rendita annuale di centoventimila colonnati, alla modesta ragione del cinque per cento.

Questa fortuna era calcolata senza gl'innumerevoli crediti che il Baronetto vantava su molti cospicui banchieri di Londra, di Parigi, di Madrid, di Calcutta e di altri paesi.

Non possiamo dipingere la sorpresa che colpì tutti gli astanti allora che il notaio lesse il seguente articolo;

«Di tutt'i suddetti miei beni mobili ed immobili coi titoli annessi; in mancanza di eredi legittimi, lascio mio erede universale il giovine Daniele de' Rimini, di Napoli, esercente la professione di pianista...

Tutti gli sguardi si volsero immediatamente verso Daniele, dagli occhi del quale lampeggiava una gioia superba e feroce.

Un lungo mormorio interruppe la lettura. Ciascuno rimandava al suo vicino chi era quel giovine, donde era venuto, e quali relazioni eran passate tra lui e il Baronetto, per far decider questo a nominarlo erede universale di tutte le proprie ricchezze.

In moltissimi surse il pensiero che il giovine italiano fosse figliuolo naturale del defunto, e che questi avesse voluto, morendo, fare ammenda del passato. Ma e perchè non legittimarlo? Il vasto campo delle congetture si diradò ed il silenzio più profondo si ristabilì, quando il notaio seguitò la lettura del testamento.

La maraviglia degli astanti si accresceva ad ogni parola di quel testamento straordinario.

Con somma attenzione si prestava ascolto alle condizioni che il Baronetto metteva al possesso della sua eredità.

Un grido di sorpresa e di orrore, seguito da un subbuglio indicibile, si udì alle parole:

 

«Il signor Daniele de' Rimini, mio erede ed esecutore testamentario, dovrà essere il custode del mio cadavere durante nove mesi a contare dal giorno della mia morte

Non era più possibile di proseguire la lettura, sì grande era la confusione ed il vocìo che si sparsero tra i diversi crocchi. Tutti gli occhi erano rivolti a Daniele, il quale poco pensiero parea prendersi di quanto si dicea intorno a lui.

Ogni articolo di quelle strane e terribili condizioni facea raccapricciare gli astanti.

L'articolo undecimo delle condizioni prevedeva il caso in cui da Daniele si fosse mancato ad uno degli obblighi impostigli, e il dichiarava, ciò accadendo, scaduto dal diritto di eredità.

Il testamento conteneva nel seguito altre disposizioni, di cui citeremo le seguenti come le più importanti:

«Articolo 12.° Lascio al mio schiavo Maurizio Barkley, in segno di riconoscenza, di amicizia e di affetto, la rendita annuale di Duemila piastre, ed il mio feudo a Yorkshire in Inghilterra denominato The Raven Spot (il signore del corvo).»

Daniele fece un salto sopra stesso: il nome di Maurizio Barkley aveva colpito le sue orecchie!... Maurizio Barkley era lo schiavo del Baronetto!

Una luce terribile scintillò sul cervello del giovine.

Il notaio proseguì.

«Art. 21. Lascio un capitale di Dodicimila piastre da distribuirsi ai seguenti cinque individui:

Federico Lennois, di Parigi.

Edoardo Hormas, di Glascovia.

Daniele Fritzheim, di Napoli.

Luigia Aldinelli, di Pisa.

Estrella Encinar, di Cadice.

«Affido a Maurizio Barkley l'esecuzione di questa mia disposizione, conoscendo egli una per una le cennate cinque persone e le loro rispettive dimore.

Questa volta un grido si fece udire nella stanza, ma un solo l'aveva gettato: Daniele!

Egli era fuori di : i capelli gli si eran sollevati sul capo; le labbra gli tremavan convulse; gli occhi schizzavangli fuori come per furiosa demenza.

Il segreto cercato da tanti anni era scoperto! L'ignota mano che il beneficava era trovata!

L'orribil luce che avea per un tratto schiarata la mente dello sciagurato giovine gl'incendiava in pari tempo la testa e il cuore.

Un'idea, una parola si avvoltolava nel capo di quel misero, un'idea, una parola che il rendean matto: Parricida!

Egli tremava di questo orrendo fatto. Intanto il grido ch'egli avea emesso avea richiamato intorno a lui l'attenzione universale. Nessuno potea spiegarsi lo stato di agitazione, di turbamento, di estrema sofferenza in cui vedea Daniele; epperò mille supposizioni si formavano, mille pensieri e mille confetture; ma in nessuno entrò minimamente il sospetto che Daniele si fosse l'assassino del milionario, non offrendo il cadavere alcun segno di morte procurata da esterna violenza, ed avendo i medici rigettata come assurda ed improbabile l'idea di un avvelenamento.

Altre disposizioni conteneva, il testamento, di piccoli legati a favore de' suoi domestici.

Il Baronetto raccomandava al suo erede ed esecutore testamentario di ritenere per amministratore la stessa persona, di cui egli si era servito, e la quale era un americano di comprovata probità.

Da ultimo, il testamento conteneva le disposizioni che avrebbero dovuto aver luogo nel caso previsto di una mancanza di Daniele a' suoi obblighi.

I suggelli furono apposti alle carte del Baronetto: un minuto inventario fu formato di tutte le suppellettili di Schoene Aussicht. Daniele non doveva essere posto in possesso di tutto, che dopo compiti i nove mesi. L'autorità procedè a quei provvedimenti che sono richiesti per garentire l'esatto adempimento delle volontà del testatore.

Il dottor Weiss, incaricato della imbalsamazione, si apprestò a far paghi i desiderii del suo defunto amico, il quale gli avea con tutto il calore dell'amicizia raccomandato di assicurarsi bene della realtà della sua morte.

Il dottor Weiss volle rimaner solo col cadavere del Baronetto.

Egli cominciò da prima ad esplorare se fosse incominciata la latente insensibil putrefazione delle parti nobili de corpo, primo segno che caratterizza la morte. L'organismo di Edmondo era intatto, epperò non era impossibile che un resto di vitalità si nascondesse in uno de' precipui organi destinati a conservare la vita.

Con ogni minutezza ei procedè in tal delicata disamina.

Egli è certo che, quando un principio di vitalità rimane concentrato nelle più intime parti dell'organizzazione, non può sfuggire allo sguardo profondo e indagatore dell'uomo dell'arte; imperocchè in questo caso la fisonomia del creduto estinto offre indizi e caratteri che sono ben diversi da quelli che si scorgono sui volti dei veri morti.

Il dottor Weiss notò l'insipiente sfiguramento de' lineamenti del volto del Baronetto: l'espressione morale della fisonomia sparisce sotto il marchio della morte.

Tutte le fisonomie de' cadaveri hanno una sola espressione, la serenità.

Nel volto de' morti apparenti i vasi capillari ed il sistema linfatico hanno un movimento benchè esilissimo, e le cellulari un certo turgore, che mantiene alla persona il suo aspetto abituale.

Ne' cadaveri un colore plumbeo si spande sulle forme del volto: la pallidezza è tetra e si avvicina al giallognolo.

Il dottor Weiss pose il termometro al contatto delle parti vitali del corpo del Baronetto; un freddo glaciale abbassò leggermente il mercurio.

Un altro segno caratteristico della morte vera, secondo Nysten, è la inflessibile rigidezza dei muscoli. E i muscoli del Baronetto eran duri come legno.

Il dottor Weiss osservò che gli occhi di Edmondo, comunque trovati aperti in tutta la loro ampiezza, eran privi di ogni moto, ed incominciavano a diventare a poco a poco affossati, e nebbiosi e flaccidi. Era quasi impossibile di abbassare la palpebra superiore.

Il medico alzò la mano del Baronetto; ne riunì le dita, e passò un lume dietro ad esse: nessuna trasparenza vi si notò, come vi si osserva ne' vivi.

Le palme delle mani e le piante de' piedi avean preso un color giallo carico.

Gli sfinteri eran rimasti aperti e dilatati senza veruna elasticità.

Il dottor Weiss non lasciò alcun tentativo per accertarsi della morte effettiva del Baronetto; egli operò eziandio parecchie forti fregagioni sulla cute dell'estinto, ma questa non si arrossì affatto, si riscaldò.

Finalmente, per esaurire tutt'i mezzi di cui l'arte si vale per iscovrire la vitalità ne' morti apparenti, il medico tedesco fece uso del più sicuro di tutti, quello cioè dello stimolo elettrico.

La più compiuta certezza era ormai nell'anima del dottor Weiss sulla morte del Baronetto, dal cui corpo già cominciava ad esalare quel nauseante odore, specifico dei cadaveri, e che annunzia l'incipiente decomposizione.

Il dottor Weiss, comechè pienamente sicuro della morte del Baronetto, volle per altro lasciar passare l'intera giornata e la notte consecutiva, prima di accingersi all'operazione della imbalsamazione.

E il vegnente, a prim'ora del giorno, egli vi si apprestò.

Molti giovani studenti di medicina, moltissimi curiosi, la maggior parte degli amici di Edmondo, e quasi tutti i suoi domestici vollero assistere all'operazione.

Daniele era nel numero.

Munito dei necessari strumenti e degli agenti chimici che sono richiesti, il dott. Weiss eseguì l'imbalsamazione con profonda sagacia ed esattezza.

Egli polverizzò due libbre di arsenico colorandolo con un poco di cinabro o minio, per ottener il colore del sangue; e sciolse il tutto in una quantità di acqua naturale: eseguì poscia l'incisione verticale alla sinistra arteria carotide, e v'iniettò la composizione che abbiamo cennata; legò il segmento superiore dell'arteria recisa non sì tosto vide da questa comparire il materiale iniettato.

Il resto dell'operazione fa fatto con pari accortezza e sagacia.

Terminata l'operazione, il dottor Weiss, rivoltosi al cadavere del Baronetto, gli disse:

— Eccoti pago, infelice mio amico; ho adempito al mio debito: ti ho strappato alla corruzione.

Voltosi poscia a Daniele, che pallido, stralunato, immobile, era stato presente all'imbalsamazione, gli disse:

Ora spetta a voi, signor custode della morte; consegno a voi il cadavere del Conte di Sierra Blonda in ottimo stato; esso si manterrà fresco, flessibile e naturalmente colorito. A voi, dunque, signor Daniele de' Rimini, incominciate il vostro ufficio: i nove mesi principiano: l'eredità vi aspetta!

Dette poscia un'occhiata all'orologio, e con sarcasmo soggiunse:

— Sono le otto: andiamo, signor de' Rimini, il Baronetto attende il suo caffè!

 

 

 





17  Nell'originale " intergazioni". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]



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