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PARTE VI.
I.
Ci corre debito verso i nostri lettori di rischiararli rapidamente sovra alcuni punti tuttavia scuri della nostra narrazione, ed in ispecialità su la miserevol fine della madre di Daniele, Juanita de Gonzalvo.
Al Capitolo I della Parte terza, in toccando la vita del Baronetto, dicemmo come, durante la sua dimora nell'Andalusia, egli avesse stretto amicizia col Duca di Gonzalvo, capo politico di quella provincia, il quale, imprudentemente concedendo favore e protezione alle scorrerie e alle scappate dei cavalieri del Firmamento, avea per qualche tempo nascosto e coperto agli occhi del governo di Madrid le follie di Edmondo e compagni.
Dicemmo che il Duca di Gonzalvo aveva una sorella, giovinetta di straordinaria bellezza e d'indole franca, espansiva, appassionata. Era Juanita, il più bel fiore di Siviglia: non vi era giovine hidalgo nel paese, il quale non sospirasse per la bella germana del governatore. Novella Rosina, ella era l'oggetto dell'ammirazione e dei voti di un gran numero di Lindori: battaglie di serenate, di fiori, di biglietti simbolici, gare di sospiri e di dolci parole, guerre di dichiarazioni: tutto ciò divertiva la fanciulla, ma nessun cavaliere avea fatto ancora profonda impressione sull'anima di lei, infino a tanto che i suoi occhi s'imbatterono in quelli del giovine inglese, di trista rinomanza nel paese, del nuovo Don Juan, cavaliere del Firmamento.
È curiosa e deplorabile ad un tempo la propensione che hanno le donne in generale per gli uomini di reprensibili costumi, i quali hannosi acquistato un certo nome di avventurieri e girovaghi. In concorrenza, un giovane dabbene e costumato perde per lo più nello spirito delle donne, a paragone di un galante scioperato. Ciò vuol dire che, per lo più, le donne hanno la fantasia più impressionevole del cuore, e caggion però negli agguati che vengon tesi alla loro vanità. Ma il pentimento tien dietro a tali inconsiderate simpatie.
Juanita s'invaghì di Edmondo: tutti invidiarono la sorte del nuovo Almaviva, compassionando internamente quella della sconsigliata fanciulla.
Il giovine Conte di Sierra Blonda traeva ogni giorno a casa di Gonzalvo, dov'era ben accolto dall'amico e dall'amante; ma egli simulava con l'uno e con l'altra. Edmondo mal soffriva l'altera probità del capo politico di Siviglia; ciò non pertanto se gli mostrava affettuoso, e ascoltava con infinta docilità le amichevoli suggestioni del nobil Duca, il quale, con ogni maniera di dolci rimproveri, ingegnavasi di fargli mutar vita. Edmondo fingeva arrendersi a quegli ammonimenti fraterni, per indurre il Duca a scusare la sua condotta appo il governo centrale, che fulminava da Madrid contro la comitiva dei cavalieri del Firmamento.
Ben più agevol si era il persuader Juanita, buona, credula, confidente, appassionata fino al delirio. Edmondo le aveva detto ch'egli non poteva parlar di nozze al Duca, fratello di lei, perocchè avea dato imprudentemente promessa di matrimonio a una giovinetta di Cadice.
— Se per poco si buccina il nostro amore, diceva il Baronetto alla sorella del Duca, io sono perduto. Già il governo mi minaccia; già mi tien d'occhio, e senza la protezione di tuo fratello, a quest'ora io già sarei fuora de' confini di Spagna. Fa però d'uopo tener per ora celato a tutti il nostro amore, e sovrammodo al Duca tuo fratello, così sospettoso e che non ha di me il miglior concetto del mondo. Usiamo grande circospezione e prudenza. Verrà il tempo, e non è lontano, che potrem disvelare agli occhi del mondo il nostro affetto: fidati a me che ti amo quanto la pupilla degli occhi miei. D'altra parte, se io mi aprissi a tuo fratello, noi non potremmo sì facilmente vederci, come di presente, ad ogni ora del giorno: forse ei mi proibirebbe la soglia di questa casa, infino a tanto ch'io non divenissi tuo sposo. E allora potremmo noi vivere, lontano l'uno dall'altra?
A questa rete infernale venia colta la misera donzella, che amava con quell'abbandono e con quella confidenza onde amano le fanciulle sensitive.
Frattanto la voce d'una perfidia senza pari commessa dal Baronetto a Cadice giunse all'orecchio del governo unitamente a' richiami d'una onesta famiglia oltraggiata. Il governo era stanco di udire reclami e doglianze. Non ostante l'alta protezione di cui godevano i cavalieri del Firmamento, un decreto di bando emanò da Madrid.
Il conte di Sierra Blonda e i suoi amici dovevano tra otto giorni valicar le frontiere della penisola spagnuola.
Edmondo era furioso, non perchè costretto ad abbandonare il teatro delle sue follie, ma perchè non aveva potuto ancora far di Juanita un'altra sua vittima.
Ma, quando si trattava di criminosi proponimenti, la sua fantasia era fertile di diabolici trovati. Edmondo rinvenne il modo col quale, anche lontano, poteva avvicinare a sè la disgraziata giovinetta.
Il Baronetto aveva un giorno presentato un suo amico al Duca di Gonzalvo: era quest'amico, o per meglio dire, questo complice di Edmondo, un giovane spagnuolo di costumi viziosi e d'indole maligna. Questi si era, per avidità di danaro, venduto in anima e corpo al Baronetto, e serviva alle costui follìe con zelo e fedeltà degna di miglior causa. Il duca avea stretta con confidenza la mano di questo uomo, siccome quella del Baronetto, e stimava entrambi leali e bennati cavalieri. La sua casa era aperta ai due amici; una fiducia illimitata lor veniva accordata.
Egli e il suo complice si congedarono dal Duca Gonzalvo, il quale, gli abbracciò col volto bagnato di lagrime, e manifestò loro il più profondo cordoglio per la condanna che li aveva colpiti. Più strazianti ancora si furono gli addio d'Edmondo e di Juanita, la quale non potè, alla presenza del fratello, disfogare tutto quel dolore che le cagionava la partenza del suo amato. Gli è vero che il giorno dinnanzi, Edmondo l'aveva in segreto rassicurata che le sarebbe rimasto fedele insino alla morte, confortandola a sperare nell'avvenire e negli eventi, e nella promessa che ei le dava di sposarla non sì presto ritornava a porre il piede in Ispagna.
Edmondo e il suo amico dovevano attraversare quasi tutta la Spagna per trasferirsi a Bajonna, sulle frontiere della Francia, per dove intendevano muovere e dove il Baronetto possedeva un piccol feudo.
Giunti a Madrid, l'amico di Edmondo si presentò all'autorità, e pronunziò una di quelle parole che bastano a troncare una vita civile: era una orribil calunnia politica contro il Duca di Gonzalvo, governatore d'Andalusia. Una falsa scritta ben congegnata fu recata a luce e il Duca fu accusato d'intelligenza co' nemici del paese e di clandestina corrispondenza coll'uomo che avea già ripieno il mondo colla fama delle sue gesta militari.
Il giorno appresso, un dispaccio telegrafico da Madrid ordinava la dimissione del Duca di Gonzalvo dalla sua carica, e il pronto suo sgombero dal territorio spagnuolo.
Il Duca fu colpito senza conoscere che cosa avea cagionata la sua condanna: non valsero le sue proteste, le sue giustificazioni: l'ordine era preciso ed inappellabile. Il nobile spagnuolo fu ferito nell'anima; versò lagrime amare; perocchè non tanto gli dava cruccio la perdita della sua carica e l'esilio al quale era condannato, quanto il pensare alla macchia che avrebbe bruttato il suo cognome, venuto per secoli in gran grido di attaccamento e fedeltà a' Monarchi delle Spagne.
Non osiamo dipingere gli eccessi della sua collera, quando da Madrid gli venne comunicata la cagione del suo bando e l'infame calunnia che lo avea prodotto. Il Duca si abbandonò a tal furore che gittava urli disperati ed imprecazioni atroci contro l'ignoto nemico che lo avea vilmente calunniato. Oh se egli avesse saputo chi era il vero autore del tradimento!
Frattanto giunsegli una lettera di Edmondo, colla quale questi, dicendogli di aver conosciuta la disgrazia di lui, invitavalo a venire a Bajona, insieme a sua sorella, e gli offriva la propria casa per soggiorno.
Il Duca fu commosso da questo ch'ei credeva sincero attestato di amicizia, e non ebbe difficoltà di accettare l'offerta di ospitalità che gli faceva il Conte di Sierra Blonda, suo amico. L'ex-capo politico di Andalusia dovea partire immantinente: le sue istanze di recarsi a Madrid furono rigettate. Il Duca era allora promesso sposo della giovanetta Isabella di Monreal, che abitava coi suoi genitori nel castello di Santiago, poco discosto dal capoluogo della provincia. Egli scrisse alla sua fidanzata la disgrazia che lo avea colpito, di cui giurò di essere al tutto innocente. Ignaro del proprio destino, egli volle mandare alla sua promessa sposa un pegno del suo amore e della sua fedeltà, e le regalò il proprio ritratto che un pittore italiano gli fece in tutta fretta: era quello appunto che avea fatto impressione a Daniele.
Il Duca ai separò con dolore da' pochi amici che gli erano rimasti divoti dopo la sua disgrazia, e s'imbarcò a Cadice sopra un piccolo legno commerciale, colla sorella Juanita che avea voluto partecipare alla sua sorte, e con un fedel domestico che non volle dividersi dai suoi padroni.
Tutta la provincia di Andalusia rimpianse la perdita del buon governatore, e stimò, com'era, calunnia l'accusa che avea provocato l'esilio.
Nell'entrare sotto il tetto del suo amante, Juanita si credè felice, e stimò arrivato il momento in cui i suoi voti sarebbero stati esauditi. Nessun ostacolo più si frapponeva alle sospirate nozze! Edmondo nulla più aveva a temere da quella famiglia di Cadice, nel seno della quale egli avea portata la sventura. Più saldi vincoli di amicizia e di fratellanza stringeva ormai tra lui ed il Duca l'ospitalità generosa offerta ed accettata con piena fiducia ed amore.
Fin dal primo giorno che Juanita si trovò sotto il tetto di Edmondo, il pregò con tutta la forza che sapea ispirarle l'amore, di svelare alla fine al Duca il loro affetto e chiederla in isposa. Edmondo promise di appagare al più presto il desiderio di lei, ch'era puranche, com'ei diceva, il suo più ardente voto.
Intanto, un mese passò, passaron due, passaron tre mesi: Edmondo nulla avea detto al Duca di Gonzalvo, trovando sempre nuovi pretesti al suo silenzio...
Juanita sperava, e amava! Edmondo aspettava!!
E l'ora che il perfido aspettava non tardò a giungere!... E l'ora della colpa fu al tempo stesso il germe dell'ora del castigo.
L'ospitalità tradita con un delitto a Bajonna additava l'ospitalità tradita con un delitto a Manheim!
Juanita sedotta, diveniva la madre di Daniele parricida!!...
Tiriamo un velo densissimo sulle funeste conseguenze di una colpa, sulla quale Juanita pianse a lagrime di sangue. Inauditi sacrifici di ogni giorno, di ogni ora, di ogni minuto; palpiti orribili di paura, di vergogna; sussulti di speranza, angoscie di cuor tradito nella sua piena annegazione; preghiere fervidissime rigettate dal più duro cinismo; amarissime lagrime divorate nel segreto delle notti; apprensioni terribili: ecco la storia di questa misera esistenza di donna.
Juanita s'infermò, la sua malattia fu avventurosa, perocchè essa, celando la colpa, allontanava la vendetta del Duca che sarebbe piombata terribile su lei e sul perfido amico.
Dopo un anno della dimora del Duca di Gonzalvo e di Juanita nell'ostello del Baronetto a Baionna, un bambino apparì in quella casa.
Daniele fu detto esser figlio di una cameriera ch'era stata presa a' servigi di Juanita.
Per molto tempo durò la simulazione.
Edmondo avea gittato l'ipocrita maschera. Ogni, speranza era morta nel cuor di Juanita! La disperazione avrebbe indotto la misera donzella a porre un termine ai propri giorni, se un poderoso sentimento non l'avesse obbligata a vivere, l'amor materno.
Ma un giorno, orribil giorno! tutto fu discoperto agli occhi del nobile Duca di Gonzalvo.
Il duca si abbandonò a tutti gli eccessi di un furore che non conosceva più limiti
Uno slancio di amor materno aveva tradito la sciagurata Juanita!
Il Duca si abbandonò a tutti gli eccessi di un furore che non conosceva alcun limite.
La mano del fratello aveva colpito l'infelice vittima del più vil tradimento.
Ella fu salva per miracolo dall'ira del nobile che aveva una benda dinnanzi agli occhi.
Edmondo si era codardemente involato alla vendetta dello spagnuolo.
La madre eziandio fuggi col fanciullo, scampato per prodigio al furore del Duca.
Per ben tre anni Juanita errò in Francia e in Italia: comprando la sua vita e quella del figlio colle fatiche delle proprie braccia. Sovente lo scherno e l'ingiuria accoglievano le sue istanze per ottener lavoro.
Intanto per le vicende de' tempi e per la fortuna delle armi francesi in Ispagna, la condanna del Duca di Gonzalvo era annullata. Juanita, tenendo per certo il ritorno del Duca suo fratello in Siviglia, concepì la speranza di un perdono per un fallo, di cui ella stessa era stata la più misera vittima, e che già aveva espiato con parecchi anni di abbandono, di miseria e di crudeli fatiche. Juanita deliberò di far ritorno in Ispagna.
Ella si trovava allora nelle nostre Calabrie.
Per mandare ad atto il suo proponimento, ella scrisse una lettera commoventissima ad un vecchio amico della sua famiglia, implorandone i buoni uffici appo il fratello, e pregandolo di mandarle del denaro per intraprendere il lungo viaggio. In questa lettera essa gli raccontava la serie dolorosa delle sue sciagure, i giorni di miseria e di vagabondaggio ch'era stata costretta a menare per sostenere il pargoletto figliuolo, e faceva tal quadro tristissimo della propria situazione da dover muovere anche un macigno.
Dopo non pochi mesi giunse una risposta a questa lettera. Il vecchio amico della nobil famiglia di Gonzalvo le scriveva: essere il Duca tuttavia fuori della sua patria, non avendo voluto profittare della grazia concedutagli per rimaner fedele e devoto al suo legittimo Sovrano.
Soggiungeva la lettera che il duca si era ammogliato da parecchi anni con Isabella di Monreal, la quale aveva voluto seguir la sorte di suo marito, e che aveva fatto porre nelle condizioni del matrimonio di non dover giammai il Duca suo marito accogliere novellamente in casa la sciagurata Juanita, disonore della propria famiglia. L'amico esortava nella lettera la disgraziata giovine a dismetter l'idea di andar giammai a raggiungere il fratello, dal quale non avrebbe ricevuto accoglimento veruno; sconsigliavala parimenti a ritornare in Ispagna, dove il suo nome era esecrato e dove non avrebbe incontrato che ingiuria e abbandono da tutti gli antichi amici della sua casa. Tutta la lettera era dettata con una durezza di cuore che si spingeva sino al sarcasmo e alla derisione.
Il cuore di Juanita fu trapassato da una acuta freccia; essa si tenne abbandonata da Dio e dagli uomini. Allora che ricordava i giorni della sua innocenza, gli agi, gli onori, i piaceri, l'amore della sua famiglia, ed ora si vedeva caduta all'imo della sventura e della prostrazione, l'infelice faceva risuonar l'aere del suo meschino abituro con grida e pianti altissimi, che facevano gridare e piangere il fanciulletto Daniele, senza che avesse compreso la ragione di quelle lagrime e di quei gemiti. La madre stringeva al seno l'innocente figliuolo, il divorava di baci, ed alle infantili dimande di lui non sapeva rispondere che con lacrime e carezze.
Era l'anno 1809, e per le nostre contrade tempi di politiche sciagure. Le Calabrie, messe qualche anno addietro in istato di guerra, erano tuttavia il teatro di deplorabili fatti.
Juanita lucrava il sostentamento suo e del figlioletto, dandosi a' lavori più umili. Ella abitava una casupola posta a piè d'una montagnola.
Ne' primi giorni di quell'anno 1809, la misera fu colta dal vaiuolo. Chi può narrare le angosce di quel cuore di madre che vedea mancare il pane al figlio e non potea procacciargliene, affranta com'era dal male, abbandonata da tutti e pel timore del contagio ond'eran presi i vicini abitanti, e pei tempi che si erano rotti piovosissimi e tetri.
Un giorno, la deleritta non potendo più resistere al pianto del fanciullo che chiedeva del pane, il mandò con un suo biglietto a una donna che dimorava poco distante, e ch'era di compassionevol cuore; pregandola di aver pietà dell'innocente fanciullo e dargli qualche moneta, ch'ella le avrebbe immancabilmente restituita non appena rimessa in salute. Quel fanciullino era così bello, così gentile, così nobile di volto!
Il piccolo messaggero parti non senza aver ricevuto dalla sventurata madre un milione di baci e di raccomandazioni.
Si trattava di attraversare una strada non più lunga di un quarto di miglio.
La madre aspettava con grande e perplessa ansietà... Daniele più non tornò!
Juanita disperata, si getta nelle acque del Bisento.
Il fanciullo era stato rapito da alcuni facinorosi e condotto in altra provincia delle Calabrie.
Lasciamo immaginare a' nostri lettori la disperazione dell'infelice madre e tutto ciò che fece per trovare le orme dello smarrito figliuolo. Tutto fu inutile!
Giunse una mattina alle orecchie della sventurata che un fanciullo era stato trovato estinto in un vicino bosco. Colma era la tazza della sventura! Juanita perde la ragione!
La mattina del 25 gennaio di quell'anno 1809, il cadavere d'una donna fu visto galleggiare sulle acque del fiume Basento La notte precedente, Juanita vi si era gittata.
Inesplicabili decreti di Dio! In quella medesima notte, Giacomo Fritzheim, reduce da un piccol viaggio fatto nell'interno del reame per commissione, ed avendo smarrito il cammino, s'imbatteva, in una selva della Sila, nel fanciullino, e seco il menava a Napoli, dopo aver fatto le debite dichiarazioni alle autorità del paese.
Il figlio era trovato, ma troppo tardi!
Daniele, di peso e d'incomodo a' suoi rapitori, era stato da essi abbandonato nelle boscaglie della Sila.
Molti anni dopo la morte di Juanita, tutta la sua tristissima storia fu nota al Baronetto Edmondo, origine di tante miserie e sciagure. E quando, credendo di fare ammenda delle sue colpe, volle pensare al sostentamento de' propri figli, Maurizio Barkley, incaricato di questo pietoso uffizio, non ebbe bisogno che di prendere da' registri municipali i connotati lasciativi dalla deposizione di Giacomo Fritzheim, per porsi sulle tracce del figliuolo di Edmondo.
Il Duca di Gonzalvo seppe la crudel tragedia della sorella, ed ebbe un gran pentimento della inflessibile durezza del proprio carattere. Egli era frattanto tornato nel 1815 a Siviglia, investito novellamente del suo pristino potere e dell'alta carica che dinanzi vi occupava.
Gli avvenimenti politici del 1820 il toglievan d'ufficio, dacchè egli era accusato di troppo attaccamento all'antica forma del governo della Spagna.
Il Duca di Gonzalvo, già padre della bella Emma, nel cui amore egli era felice, traeva con la sua famiglia a soggiornare in Napoli.
Questi rapidi cenni bastano a rannodare con lucidezza gli avvenimenti che abbiam preso a narrare, ed al cui sviluppo ormai ci accostiamo.