Vittorio Imbriani
La novellaja fiorentina
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XXXVIII. LA FRITTATINA

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XXXVIII.

 

LA FRITTATINA.

 

C'era una volta una donnina, che aveva una stanzina piccina piccina, e ci aveva una gallina. Questa gallina, la fece l'ovo. E la donnina, la lo prese e ne fece una frittatina picchina picchina picchina, e la la messe a freddare alla finestra. Passa una mosca e gnene mangia: figuratevi, che frittata avea da esser quella![1] La donnina la va da il Commissario e gli racconta il caso. - «Oh!» - dice - «quando voi la vedrete, la mosca, tenete questa mazza» - e gli una mazzettina - «quando voi la vedrete, picchiatela, ammazzatela.» - In quel tempo, la gli si mette su il naso a questo Commissario una mosca. La donnina, lei, la crede, che sia quella; e gli una bastonata, come gli aveva detto, e rompe il naso a il Commissario.[2]

 

 

NOTE

 

[1] Questa frittata, veramente omeopatica, mi rimette in mente un raccontino, una novelletta del Tresatti, ignota al Gamba, al Borromeo, al Passano, al Papanti, eccetera, eccetera (e degna di rimanere ignota) che ricavo dalla sua edizione de' cantici del Beato Jacopone da Todi. - «Voleva uno cuocer funghi: et dimandava ad un vecchio, come ciò far potrebbe a fin che riuscissero assai buoni a mangiare. Io te l'insegnerò, disse il vecchio; che saranno ottimi. Piglia de' funghi sì poco, quanto sia l'ugna del tuo dito piccolo et non più; et mescola seco et sbatti dell'ova fresche et del formaggio buono grattato et del butirro. Et vi aggiungeva dell'altre cose sì fatte. Et conchiudeva: Or vatti con dio, che, cocendo tai funghi con diligenza, saranno stupendi buonissimi.» -

 

[2] Vedi Vita | Pentimento, e Morte | di | Pietro Bailardo | con | Pulcinella | accarezzato da' diavoli e spaven | tato dall'ombra di Merlino | Tragicommedia Magico-spettacolosa | in quattro atti. || Napoli | Tipografia Francesco Saverio Criscuolo. | Presso Giuseppe d'Ambra strada Portacarrese | Montecalvario n. 1. | 1852. - Nella scena V dell'Atto II, il Bargello narra a Pietro Bailardo, nel condurlo in prigione, la storia di alcuni carcerati. - «Pietro. E quell'altro ? Bargello. Quello poi è innocente, innocentissimo; e si trova qui per avere uccisa una mosca. Pietro. Come! Se è così, non merita alcuna pena. Spiegatevi. Bargello. Eccomi. Stava costui al servizio di uno speziale. Adocchiò, che il suo padrone aveva molto denaro nel bancone; e siccome (sic) il suo naturale è stato sempre di volersi appropriare della roba d'altri, così, spalancati tanto d'occhi su quel piccolo tesoro, e' cercava modo d'impadronirsene. Ma, non potendogli riuscire a causa della vigilanza del padrone, volendo commettere un delitto coll'ucciderlo, andava cercando una occasione opportuna, onde soddisfare (sic) le sue brame. Questa gli si presentò un giorno di està dopo pranzo, in cui il suo padrone dormiva nella spezieria, sdrajato su di uno scanno. Una mosca impertinente gli succhiava il sudore, che gli grondava dalla fronte. Il dormiente non la sentiva, perchè assopito nel sonno; ma questo buon uomo, ch'era sempre sveglio e vigilante negl'interessi del padrone, ben se n'accorse; e, per fare un atto di carità, prese un maglio; e, con un colpo da maestro diretto sopra la mosca, la ridusse a zero. Pietro. Oh cielo! E la testa del padrone? Bargello. La fece come una focaccia.» -

 

 

 


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