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XLVI.
Nella provincia di Genova si trovava una vedova, che aveva tre figli, che si chiamavano Francesco, Tonino e Angiolino; e Angiolino sempre voleva dormire, quasi non che la notte, ma tutto il giorno. I fratelli principiarono a rimproverare la madre, dicendo così: - Madre, non si può più andare avanti con nostro fratello. Dunque voi pensate quello, che si può fare, perchè noi siamo molto sdegnati contro di lui.» - La madre, che è tenera pe' figli, principiò a dir loro: - Figli miei, io non lo posso discacciare, perchè è figlio come voialtri. Proviamo a dargli moglie e allora si sveglierà.» - Ed i fratelli l'accordarono. Prende moglie Angiolino. E, arrivato la mattina ad alzarsi, la moglie si voleva alzare; ma lui gli disse: - E Cosa fai?» - E la Carolina soggiunse: - «Mi voglio levare, acciò che i tuoi fratelli non abbiano a gridare.» - «No, fintanto che non m'alzerò io, non ti devi movere di qui.» - E i fratelli stavano ad aspettare, che si levassero; ma l'aspettare fu assai, che in fino a ora di pranzo non apparirno in sala. Allora i suoi fratelli sdegnati, così dissero a sua madre: - «Per l'indietro era solo, e adesso sono due. Noi ci si vol partire[2].» - E così decisero di mandargli via. Angiolino e la Carolina presero la sua roba e s'incamminarono verso la città del Modanese, capitale del Regno. Ma in breve consumarono tutto il suo, e furno costretti a ritirarsi in un piccolo villaggio, presso un fiumicello, che di là passava. Un giorno, che non avendo[3] da mangiare, disse alla Carolina così Angiolino: - «La fame mi ha fatto passare anche il sonno. Ma ho pensato. Quaggiù, nel fiume, ci è dei pesci; voglio andare a pescare, per vedere, se posso fare fortuna.» - Ciò detto, prese la rete e si partì. Giunto nel fossicello, gettò la rete nel fondo di un recinto di acqua e la tirò su. - «Oh dio!» - esclamò: - «che pesce mai è questo?» - Tornasene subito a casa, dicendo: - «Guarda, Carolina, che pesce ho trovato.» - Risponde la Carolina tutta piena di gioia: - «Andiamolo a vendere; e allora potremo comprare del vivere per un pezzo, perchè è una meraviglia, che nessuno ne pole aver veduto un simile.» - «No,» - rispose Angiolino con voce supplicante verso la moglie, che languiva: - «Io lo voglio andare a regalare a i' Re.» - E così ambedue s'incamminarono verso la città. Giunti che furono dentro alla porta, di novo lei lo esortava a volerlo vendere, dicendo, che si poteva levare il sonno più presto che andare da i' Re. - «Ma io ho disegnato di portarlo a lui e non lo voglio vendere.» - E la cara consorte fu costretta a restare a bocca asciutta e fori della porta. Angiolina arrivato però al primo ingresso del palazzo, ritrovata la prima sentinella, gli dimandò: - «Dove vai? e che vôi?» - «Io vado da i' Re a portargli questo regalo. Si pole?» - Soggiunse la sentinella: - «Se tu mi darai la metà del premio, ti lascerò passare: se non altrimenti, poi ritornare di dove siei venuto.» - Allora Angiolino, attirato dall'ingordigia del sonno, perchè non aveva potuto dormire quanta gli era parso, non ripensò all'inganno dell'infame soldato: raccordò e tirò via. Arrivato perciò alla cima della ritorta scala, trova ancora una seconda guardia. Questa lo interroga, di che vada a fare da i' Re. Lui rispose: - «Io sono per fargli un regalo. Di', che ho trovato un pesce, che non ne degno che lui.» - «Come! è dunque una rarità?» - «Sì,» - Angiolino replicò. - «Ma, se non mi dai la metà del premio,» - disse la guardia, - «che ti darà, non ti lascio percorrere più avanti.» - Angiolino l'accordò e tirò via. Giunto che fu alla sala d'aspetto, che ci era la terza sentinella, subito gli domanda: - «Che vole?» - Rispose: - «Io voglio parlare a i' Re.» - Ma il soldato, avvisato già dalla prima sentinella, subito gli domandò della parte del denaro, che gli dava il Re. Angiolino, che già aveva pensato come fare, gli accordò tutto e fece passare parola a i' Re. Subito fu fatto passare. Arrivato Angiolino dinanzi a Sua Maestà, gli presentò questa meraviglia; e i' Re, veduto il pesce, esclamò: - «Dove mai hai tu trovato questo?» - Allora fu chiamata la Regina, chè anch'essa lo vedesse. I' Re soggiunse: - «Dimmi qualche cosa te; di', che gli devo dare in premio di dono così grande.» - «Gli si pol dare cento scudi adesso e in seguito si aiuterà.» - Angiolino rispose, poi che fra sè pensò: - «Questo dono non l'accetto.» - «Oh! dunque, che cosa vôi?» - «Io voglio cento staffilate.» - «Come! siei matto o lo fai?» - Rispose la Regina: - «Dagli cento scudi e mandalo via questo citrullo.» - «Io ho già detto, che voglio cento staffilate,» - disse Angiolino: - «e, per intender meglio, cento nerbate.» - Dice il Re: - «Eh! se le vôi, te le darò.» - Fece chiamare quattro soldati; e gli ordinò, che preparassero tutto quel, che ci voleva, per dargli le busse in sala, acciò che tutti potessero vedere senza moversi da sedere. In un momento fu tutto portato e messo in esecuzione, e tutti sclamarono: - «Questo è matto!» - Allora dice il Re: - «Pigliate quest'omo e gli darete cento staffilate.»-«Sì, è giusta,» - dice Angiolino: - «ma una grazia.» - «Che grazia vôi?» - «Mi deve mandare a chiamare la prima sentinella.» - Subito fu chiamata; e, in presenza sua, gli fu domandato ad Angiolino, - «cosa voleva da lui?» - Dice: - «Voglio da questo ribaldo, che gli sia dato la metà del premio, che Lei mi darà, Sua Maestà. Dunque io ho preso questo premio, è di ragione che l'abbia mezzo.» - Maravigliata tutta l'udienza, ma accertati del fatto, fu messo sotto la sentinella, ed a suo scorno gli furon date cinquanta nerbate: e a quelle percosse saltava come un capretto. Servito che fu questo, fece chiamare la seconda sentinella, e così dicendo Angiolino: - «Ancora questo infame mi voleva mandare addietro, se non gli promettevo un quarto del premio. Gliene siano date venticinque.» - E così fu fatto. - «Ancora quello della sala d'aspetto deve essere premiato.» - Questo tremava a verga, perchè aveva sentito tutto l'andamento di tutto l'affare: ad un tratto si sente chiamare e fu premiato come gli altri. Allora disse il Re: - «Ti ce ne rimane dodici anche per te.» - «Sì, è giusta,» - dice Angiolino: - «Ma io voglio vedere se trovo chi le compri.» - Ciò detto, si partì; e, giunto per le varie strade della città, trovò una bottega, dove si vendeva questi staffili. Gli domandò: - «Quanto costano questi?» - Rispose: - «Dodici paoli l'uno.» - «Io ce n'ho dodici da i' Re,» - dice Angiolino: - «Ve gli do a tre paoli.» - «Ed io gli piglio.» - «Ma bisogna, che venite con me.» - Arrivati alla sala, disse Angiolino: - «Questo è quello, che ha comprato gli staffili.» - Sorridendo il Re, dice: - «Dunque siei quello, che hai comprato?» - «Sì, Sua Maestà.» - «E quanto gli hai fissato?» - «Tre paoli.» - Disse i' Re ai soldati, che gli dassero le dodici nerbate. Quello disse: - «I' ho comprato gli staffili e non le busse.» - Ma aveva detto, che gli aveva comprato; e per forza gli furon date e dovette pagare. A questo fatto tutta l'udienza accordarono che fosse premiato di cinque lire al giorno Angiolino e la moglie, e così andare a casa a stare allegramente. Angiolino si partì lieto e andò a ritrovare la Carolina. E fecero molta allegria ed una gran festa ed un bellissimo desinare; e fecero tutto l'invito dei suoi fratelli e sua madre, e tutti si godettero una tranquilla pace.
La mia novella non è più lunga:
Tagliatevi il naso e io mi taglio l'unghia.
[1] Scritta a memoria e di propria mano da Pietro di Canestrino, bracciante del Montale-Pistojese; raccolta e comunicata dall'avv. prof. Gherardo Nerucci. Nel Fascicolo primo (15 Maggio 1835) de Le Ore solitarie, Opera periodica (Napoli) si leggeva il seguente Aneddoto firmato E. Bevere: - «Passava Re Carlo Borbone, ai tempi in che era in Napoli, per certa contrada268, ove scontrossi in un villano, che innestava non so qual albero. Re Carlo era cortese assai, e molto amante di que' della plebe; però alcun poco fermossi a risguardarlo, e s'intrattenne eziandio con esso lui a parlare de' pregi dell'albero, aggiungendo, per sola vaghezza di spirito, che volentieri ne avrebbe mangiato il primo frutto. Or avete a sapere siccome Carlo partissi per le Spagne, e siccome fu prodotto quel tale frutto da lui addimandato. E ben pensò il rustico stivarne un paniere, ed imbarcarsi per le spagnuole terre, chè vide allora esser giunto tempo proprio al fatto suo. Quivi giunto appena, inverso le regie soglie portavasi, quando gli venne vietato l'ingresso; ma dicendo egli come e quando fosse stato dal Sire conosciuto e perchè veniva, fu lasciato passare, dopo che si costrinse cedere la metà del premio che sarebbe per riportare269 dalla sua gita. Ascese le scale, rattrovò un altro inciampo; e quivi pure, per liberarsene, è forzato promettere l'altra metà del premio; e però tristo il meschinello e riverente appresentossi al Rege. Benignamente da Re Carlo si fu ricevuto e assai tornò gradito il suo presente; perchè il Monarca dappoi richieselo di ciò, che sopra ogni altra cosa avrebbe bramato, ch'egli l'avrebbe concesso in grazia della memoria, che di lui per tanti anni avea conservata. Ricordossi in quel momento il miserabile delle promesse fatte, e, dopo che per poco ebbe guardato il silenzio, addimandò cento bastonate. Maravigliò forte il Principe a tale strana inchiesta; però il perchè saper volle ei la facesse; e, satisfatto, non poco sturbossi; e, dato comandamento che i vili traditori sbanditi fossero da la sua casa e dal suo paese, rinviò il villano ricco di doni e di cortesie alle sue terre natali, dove ancora rammentasi un tale avvenimento.» - Racconta il Voltaire nella prefazione di Caterina Vadé ai Racconti di Guglielmo Vadé: - «Il y avait autrefois un Roi d'Espagne, qui avait promis de distribuer des aumônes considérables à tous les habitants d'auprés de Burgos, qui avaient été ruinés par la guerre. Ils vinrent aux portes du palais; mais les huissiers ne voulurent les laisser entrer qu'à condition qu'ils partageraient avec eux. Le bonhomme Cardero se présenta le premier au monarque, se jeta à ses pieds et lui dit: Grand Roi, je supplie Votre Altesse Royale de faire donner à chacun de nous cent coup d'étriviéres. - Voilà une plaisante demande, dit le Roi; pourquoi me faites-vous cette prière? - C'est, dit Cardero, que vos gens veulent absolument avoir la moitié de ce que vous nous donnerez. Le Roi rit beaucoup, et fit un présent considérable à Cardero. De là vint le proverbe qu'il vaut mieux avoir affaire à dieu qu'à ses saints.» - Una delle Facezie di Arrigo Bebelio s'intitola Van dem Pfarrherr von Kalenberg: - «Sacerdos Caecii Montis in Austria, de cuius facete urbaneque dictis integri libelli perscripti sunt, cum semel principi suo, duci Austriae, donare vellet grandem piscem, non ante admissus est ingredi ab hostiario, quam promitteret ei mediam partem muneris a principe accepti. Quam ob causam Sacerdos facetissimus quidem, hominis avaritiam exosam habens, nolebat quicquam accipere a domino, nihilque aliud quam verbera expostulans, quae (cognita re) facile obtinuit. Et cum hostiarius pro sua parte caedendus astaret, clamavit ille: Ego libere pono tibi tres muneris partes, reservans mihi unam tantum, et hostiarium efflictum caedi obtinuit.» -
[2] «Cioè, vogliamo fare le divisioni del patrimonio.» - G. N. - V. pag. 599. Nota seconda alla novella Manfane, Tanfane e Zufilo.
[3] «Voleva dire: avevano, se pur non è una specie di latinismo popolare.» - G. N.]