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XX.
I TRE FRATELLI.[1]
C'era un padre, che aveva tre figli; e nessuno di questi figli cercava moglie. Quest'omo, essendo vecchio, disse un giorno: - «Com'ho da fare essendo vecchio e avendo tre figli, che nessuno cerca moglie? È meglio ch'io collochi questi figli e trovi un mezzo per farli sposare.» - E gli diede tre palle e li portò sur una piazza e gli disse, che l'avessero buttate per l'aria: dove cascava queste palle avrebbero preso moglie. Una cascò sopra una bottega d'un bottegajo; una sur una bottega d'un macellajo; ed una sur una vasca. Il maggiore era quello d'i' bottegajo; i' secondo quello d'i' macellajo; ed i' terzo quello della vasca, che si chiamava Checchino, i' più piccino. I' padre, perchè non c'entrasse gelosia fra fratello e fratello, disse: Quella sposa che faceva meglio i' lavoro sarebbe stata la prima sposa che entrava in casa. Gli diede una camicia per uno a cucire ai figli, che la portasse ciascuno alla sua sposa; e quella, che la cuciva meglio, sarebbe stata la prima sposa a entrare in casa. Dunque ognuno la portava. E quello della vasca, che andiede alla vasca, non c'era che una rana.
- «Chi è, che mi chiama?» -
- «Checchino[2], che poco t'ama.» -
E uscì un pesce dalla vasca, e prendeva questo fagottino in bocca e rientrava nella vasca: e dentro c'era scritto un polizzino: - «Quindici giorni a cucire questa camicia.» - E dopo quindici giorni tornava Checchino a prender la camicia e richiamava la solita rana.
- «Chi è, che mi chiama?» -
- «Checchino, che poco t'ama.» -
E risortiva i' solito pesce cor[3] i' fagottino della camicia in bocca; fatta benissimo, preciso, molto meglio che quelle delle altre due. E poi i' padre, naturale, vede che quella lì era cucita meglio, ma non ostante, non persuaso, gli diede ancora una libbra di lino a filare per uno ai suoi figli, che ciascuno la portasse alla sua sposa, chè chi l'avesse filata meglio sarebbe stata la prima sposa a entrare in casa, perchè voleva che tra loro non c'entrasse gelosia. E gli dà i' tempo quindici giorni. Checchino andiede alla vasca.
- «Chi è, che mi chiama?» -
- «Checchino, che poco t'ama.» -
E uscì i' solito pesce dalla vasca; e prendeva questo lino in bocca, e dentro c'era un polizzino, scritto: - «Quindici giorni a filare questo lino.» - E dopo quindici giorni Checchino tornava alla vasca a dimandare.
- «Chi è, che mi chiama?» -
- «Checchino, che poco t'ama.» -
E gli riportò la libbra d'i' lino, bell'e sigillato in un rinvoltino, filato, com'avrebbe potuto fare una signora, perchè questa era una principessa, confinata in quella vasca perchè era fatata. Questo era burlato dai fratelli, che gli dicevan sempre: - «Eh, sposerai una rana, un pesce![4]» - E questo era sempre malinconico, di cattivo umore. Allora, quando gli ebbon riportato questa libbra di lino, i' padre volle provare, non persuaso ancora, perchè non voleva che ci fosse gelosia fra loro. Assegnò a ciascuno un piano della casa e disse, che chi avrebbe montato i' suo appartamento, spazio di quindici giorni, con miglior gusto, sarebbe stata la prima sposa a entrare in casa. Quello della rana, andiede alla vasca.
- «Chi è, che mi chiama?» -
- «Checchino, che poco t'ama.» -
E sortiva i' solito pesce. Checchino gli diede a portare i' suo biglietto alla sposa, che in capo a quindici giorni i' quartiere doveva essere tutto mobiliato, doveva portare in casa letti, tende, poltrone, tutto. Dopo, quando andiedono a vedere i quartieri, quello della bottegaja era ammobiliato che non c'era male; quello della macellaja era persino sporco di sangue; e quello della rana era i' meglio quartiere di tutti, c'eran persin le tende di seta. Allora i' padre fissò, che i' piccino fussi quello, che fosse i' primo a essere sposo. La mattina fissorno le carrozze per andare a prendere la sposa, e gli altri fratelli ridevano, perchè dicevano: - «Andiamo a prendere un pesce!» - Figuratevi come lo burlavano! E va alla vasca. - «Rana, Rana!» - - «Chi è, che mi chiama?» - - «Checchino, che poco t'ama.» - - «M'amerà, m'amerà, Quando bella mi vedrà.» - E sortì dalla vasca una bellissima Principessa, che era la Rana, con sei carrozze, con tutte dame vestite da corte, e vanno a sposare. I fratelli ridevano e lo burlavano, credendo che fosse una rana: quando videro uscire una bella signora, rimasero stupefatti. Dopo pochi giorni fissorno lo sposalizio degli altri due fratelli e che quelle altre due dovessero servire di cameriste alla prima sposa. I' padre, che aveva fatto tanto perchè non c'entrasse gelosia fra fratello e fratello, mancò di prudenza: si sa, le cognate non si potevan dar pace di servire alla sposa di Checchino. Dopo, lei ebbe una figlia, la Principessa; e la consegnarono alla prima camerista, come per governante; la doveva tenere come una sua figlia, per bene; la consegnarono a lei, che n'avesse tenuto di conto. Un giorno, andando a spasso per un paese, avendo questa figlia, e la vendiede a un marinaro, perchè era gelosa. E lei non sapeva più come fare a tornare a casa dopo. Andiede a gira' per i' mondo, perchè temeva, che se tornasse a casa l'avrebbero ammazzata. E la prese per cameriera un signore distante una cinquantina di miglia. Cadde ammalata. Essendo ammalata, confessò i' suo delitto, che aveva commesso. Questo signore, avendo saputo che era stata smarrita questa figlia (avevon mandata la circolare) pensò di scrivere che aveva trovato quella, che aveva commesso questo delitto. La bottegaja guarì e fu consegnata a i' padre di questa figlia, che era divenuto Re, perchè aveva sposata la Rana. La presono, la feciono ricercare della figlia e a chi l'aveva venduta; e la murarono in un muro, lasciato fuori i' busto solo. E tutti i giorni doveva andare a portargli da mangiare la sua nipote di lei che l'aveva venduta (e che l'avevano ritrovata) per ricordargli i' suo delitto. E campò quattro anni e poi morì.
Stretta la foglia e larga la via,
Dite la vostra, chè ho detto la mia.
[1] Annota il Liebrecht: - «Dazu K-M, n.° LXIII, Die drei Federn; Radloff I, 8. Der Kaufmann (vgl. Schiefner in der Vorrede, Seite XIII); und bei den Hindus sieh Asiatic Journal, n.° 19. p. 143-150. Stephens und Afzel. Svenska Folk-Sagor, etc. zu n.° XVII, Den förtrollade fästemän, wozu auch gehört n.° XV, Den fördrollade Grodan.» - Vedi Pitrè, Op. cit. XLVI. La Jmmiruta.]
[2] Perchè il verso torni, va letto e detto Checchin, apocopando. Ma la novellatrice diceva Checchino, ed ho scritto Checchino.]
[3] Cor per con. Uno stornello di Roccastrada nel Sanese dice:
In mezzo al mar che c'è un pesce prete
Accompagnato cor un altro abate:
Bella 'un vi si pol dir, brutta non siete.
[4] Le rane però non son mica pesci.]