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XL. Un viaggio in prima classe.
Quando le due formiche giunsero ai piedi della quercia, il sole era nel colmo del suo splendore, e tutto intorno la campagna accarezzata dai suoi caldi raggi luminosi, scintillava di gioia e di colore.
Mentre Gigino si volgeva in su, per dare un ultimo sguardo all'alveare, si accorse che intorno a lui e a Grantanaglia cadeva dall'alto una fitta pioggia dorata d'insetti alati, e udì un pietoso coro di gemiti:
Alla base della quercia il terreno era ricoperto di grosse api con un addome voluminoso, e con due grandi occhi, che ricoprivano loro lateralmente la testa.
- Capisco! - mormorò Gigino - sono i poveri maschi. -
Erano infatti i fuchi.
Le nozze, a quel che pare, durante la discesa delle due formiche, erano avvenute, e ora le api operaie trafiggevano col loro terribile dardo i maschi, e li precipitavano fuori della città, nella quale non dovevano rimanere che gli abitanti abili al lavoro.
- Bella coscienza! - esclamò Gigino volgendosi in su con ira.
Pure è d'uopo convenire che questa strage, per quanto selvaggia, era necessaria al mantenimento dell'ordine nella società delle api. Quei maschi ormai non rappresentavano che un infinito numero di scrocconi, di fannulloni, di sfruttatori delle fatiche altrui; e le api operaie erano tanto sagge, da non permettere che essi vivessero a ufo dove la vita era consacrata al lavoro.
La scena alla quale avevano assistito le due formiche non era certo tale da ispirar loro lieti pensieri; ed esse ripresero il cammino a testa bassa, malinconicamente, senza meta, senza speranze, verso l'ignoto.
Gigino pensava che aveva perduta l'ultima occasione di ritornare alla sua villa, che era ormai condannato alla vita d'insetto errante, e che in questa vita gli sarebbe stato impossibile di raggiungere anche il suo sogno ambizioso di regnare. Grantanaglia, più modesto, pensava che erano finiti i tre quotidiani pasti di miele l'uno meglio dell'altro, e che da ora in avanti bisognava lottare contro l'appetito, che era per lui il più feroce e implacabile nemico.
Camminavano già da parecchio tempo, quando, arrivati a un grosso albero, udirono al disopra un acuto ronzìo.
Il nostro eroe si volse in su, e fece un gesto di maraviglia.
Da un ramo molto basso, che si protendeva in fuori del fusto, pendeva un enorme grappolo di api, le une attaccate alle altre con le zampe davanti, e da quel grappolo vivente uscivano migliaia di voci tra le quali si distinguevano più spesso queste parole:
- È un pezzo che stiamo qui. Bisogna trovare un luogo per fare il nido... Bisogna trovarlo vicino, perché la Regina è piena d'uova e non può volar molto. Presto... Ci vado io... No, ci va lei... -
Gigino stava per gettare un grido, avendo riconosciuto in mezzo a quelle migliaia di api la sua amica Dolcina, quando Grantanaglia esclamò:
- Attento! C'è il piede di una grossa bestia. -
Per verità quel piede era di un uomo. Ma gli insetti piccoli come le formiche non sono abituate a far molta distinzione tra il piede di un uomo e quello di un bue, sapendo che tanto l'uno che l'altro sono sempre pronti a schiacciarli con la stessa noncuranza.
Ciondolino fece appena a tempo a scansarsi, e vide un uomo col volto mascherato da una fitta rete, armato di una specie di campana fatta di paglia e di vimini, e che si dirigeva cautamente verso il ramo ov'era appeso il grappolo d'api.
Gigino fece appena a tempo a gridare:
L'uomo aveva già scosso il ramo sotto al quale teneva la sua campana rovesciata in su, e tutte le api vi erano già cadute dentro.
Fatto questo, l'uomo ricoprì il suo recipiente e si mosse per andarsene, quando Gigino ebbe un'idea:
- Presto, - disse a Grantanaglia - seguimi. -
E, appressatosi a un piede dell'uomo nell'istante in cui questi si era soffermato un momento, vi salì su e andò a situarsi tra l'elastico della scarpa e l'orlatura dei calzoni.
- Luogotenente, ci sei? - domandò Gigino sommessamente.
- Ci sono; - rispose Grantanaglia - ma a quale scopo siamo montati qui?
- Lo scopo è doppio, caro luogotenente. Prima di tutto noi risparmiamo la fatica del viaggio; poi ci facciamo comodamente portare nel luogo dove sarà piantata la nuova città delle api nostre amiche.
- Vanno, io credo, in un alveare fabbricato apposta dagli uomini per raccogliere poi il miele.
- Ladri! - esclamò Grantanaglia considerando la cosa da formica operaia come era. - Non si vergognano, grandi e grossi come sono, a vivere alle spalle di animalucci così piccoli in loro confronto? -
Gigino stette zitto. Egli incominciava ad accorgersi che il viaggio, nella posizione in cui s'era messo, non era troppo comodo. A ogni passo il piede ricadendo in terra, dava una tale scossa, che le due formiche dovevano fare sforzi inauditi d'equilibrio per non cadere.
- Bisogna trovare un posto migliore - disse. - Questa dove siamo dev'essere la terza classe, e io, se mi riesce, voglio salire a un compartimento riservato di prima classe. -
E seguito da Grantanaglia si afferrò all'interno dei pantaloni, scavalcò l'orlatura, e giunto fuori incominciò a salire su per i calzoni, poi per la giacchetta e non si fermò che quando fu arrivato al bavero.
- Qui si sta bene! - esclamò. - Non c'è altro inconveniente che tutto quest'unto, che vi è sparso senza economia. Dev'essere un uomo poco pulito. -
Non aveva ancora finito di far questo ragionamento che voltatosi in su, vide a traverso a una foresta di capelli rossicci, poco più in su della nuca, un animalino grigio il quale guardava con curiosità le due formiche.
- Ehi! - esclamò con voce pungente - che cosa venite a fare quassù? Questa è proprietà mia. Sapete chi sono?
- Per carità non ce lo dire! - rispose Gigino con un gesto di ribrezzo. - Per grazia di Dio è la prima volta che ti veggo, ma ti riconosco dal luogo dove abiti.
- Eh... c'è poco da far lo sprezzante; - ribatté l'altro sporgendo la testa da quell'arruffio di capelli e affermandovisi con le zampe armate di artigli - io appartengo a una specie d'insetti onorata quanto la tua.
- Sicuro. Che cosa ti credi? Io sono un emittero: e nell'ordine degli Emitteri vi sono celebri artiste di canto come le Cicale, arditi naviganti che camminano sulle acque come l'Idrometra, pittori illustri che posseggono il segreto di un colore splendido come la Cocciniglia, e astri scintillanti che spargono la luce come la Folgora Lanternaia.
- Sarà. Ma io se fossi in loro, mi vergognerei d'appartenere alla stessa tua categoria.
- Già: ma voialtre formiche non vi vergognate però a succiare i Gorgoglioni che sono nostri prossimi parenti, e che rendono alle piante, né più né meno, lo stesso servizio che noi rendiamo all'uomo.
- Bel servizio! - esclamò Gigino.
- Bello o brutto, se vieni quassù nel mio dominio, chiamo a raccolta tutti i miei figli e allora stai fresca!
- Ah! fai anche dei figli?
- Certamente - rispose con orgoglio la femmina grigia - io non fo meno d'un centinaio d'uova al giorno.
- Salute! - esclamò Gigino. - E possiate tutti essere schiacciati peggio di quel che fui schiacciato io all'esame di latino! -
E fatta una conversione a sinistra, si allontanò dal bavero e andò a rintuzzarsi nella piega di una manica, per non vedere più quell'odioso insetto.
- Curiosa! - mormorò Grantanaglia raggiungendolo. - L'uomo sul quale stiamo vive alle spalle delle api, e quell'individuo lassù vive alle spalle dell'uomo.
- Quel che vien fatto è reso - concluse Gigino. - Ma in questo caso il proverbio si avvera a patto che l'uomo sia dimolto sudicio! -