Vamba
Ciondolino
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SECONDO VOLUME

XLII. Dove Grantanaglia va a rischio di morir di fame.

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XLII. Dove Grantanaglia va a rischio di morir di fame.

 

A questa minaccia di tagliarle la testa, la povera ape rimase talmente impaurita, che non trovava parole per rispondere. E Gigino, pentitosi di quella sua violenza brutale, aggiunse subito:

- Via, ho fatto per celia. Non ti farò nulla di male.

- Grazie! - rispose l'ape commossa. - Sarebbe stata una cosa orribile il trovare la morte proprio qui, dove incomincio a vivere!

- Non aver paura. Io sono un grande amico delle api..., e tu sei un'ape, non è vero?

- Sì; sono un'ape legnaiola.

- Legnaiola? O guarda! A vederti, invece, t'avevo preso per un'ape tappezziera. -

Con questa frase Gigino credeva di far lo spiritoso e perciò rimase molto maravigliato del tono serio col quale il suo amico Sirice gli rispose:

- Ma che! Le tappezziere fanno il nido in terra.

- Come! Ci sono davvero?

- Certamente: come ci sono le api muratrici, le api lanaiole, le api minatrici. -

Intanto l'ape legnaiola dava segni d'impazienza, e Gigino che se n'accorse si affrettò a dirle:

- Hai ragione: tu hai fretta, e noi stiamo qui a chiacchierare. Dimmi, dunque: questa è la tua casa?

- È stata la mia casa finora, - rispose l'ape - ma d'ora in avanti ne ho una più bella, più grande, più luminosa.

- Sicché - disse Gigino - questa casa rimane vuota e, volendoci stare, non c'è bisogno di pagar la pigione a nessuno.

- Certo. Ma vi sono ancora altre due sorelle che devono uscire dalle loro stanze. Esse lavorano già ad aprir la porta. Non sentite? -

Si sentiva, infatti, nell'interno, il solito rumore di qualcuno che grattava il legno a tutt'andare.

- La nostra casa - riprese l'ape - l'ha fatta la nostra mamma, come io la farò per i miei figliuoli. Perciò posso dirvi come si fa. Si scava una bella galleria in un tronco d'albero, e in fondo ci si mette una buona dose di una pasta che facciamo noi, composta di polline e di miele.

- Voglio un po' vedere come fai a far questa pasta! - esclamò vivamente Grantanaglia.

- La farò a suo tempo, - continuò l'ape - raccogliendola dai fiori e dai frutti. In mezzo a questa pasta ci si mette un uovo e poi si chiude la stanza con un muro fatto di segatura, che noi assodiamo con la saliva. Su questo muro poi rimettiamo un'altra dose di pasta e un altro uovo, e richiudiamo daccapo la stanza, e così su su fino in cima alla galleria, che richiudiamo allo stesso modo.

- E allora? - domandò Gigino.

- Allora dalle uova nascono le larve che trovano pronta la pasta da mangiare.

- Felici loro! - mormorò l'aiutante di campo.

- E le larve crescono fino a occupare col loro corpo tutta la cella; si trasformano in ninfe, e finalmente, venuta la primavera, diventano insetti perfetti come sono io, e...

- E poi? -

Ma a questo punto si sentì una voce di dentro al tronco che gridava:

- Ehi! sorella! Che fai ? Vuoi dunque condannarmi qui al buio per un pezzo? -

L'ape interruppe il suo racconto, e con una mossa rapida uscì fuori del buco, e subito vi apparve un'altra testina. Quest'altra ape uscì fuori anch'essa, e ancora un'altra testina apparve fuori della galleria. Finalmente venne fuori anche quest'ape, e tutt'e tre, fatta una riverenza, esclamarono con un ronzìo di gioia:

- Evviva il sole! -

E volaron via.

- E ora - disse Gigino - prendiamo possesso della casa. -

S'introdusse dentro la galleria seguìto da Grantanaglia, mentre il Sirice gli gridava dietro:

- Io son troppo grosso per entrar dentro, e ti aspetto qui fuori. -

La galleria delle Api legnaiole non era certo una reggia adatta a un imperatore della importanza di Ciondolino primo; ma era una casa comoda, divisa in cinque stanze, assai grandi e molto pulite.

Esse comunicavano fra loro per l'apertura fatta dalle api, ciascuna delle quali, evidentemente, aveva bucato la muraglia di segatura che le serviva da soffitto. Così la prima di esse aveva aperto l'ingresso sul tronco, la seconda aveva aperto la parete che separava la sua cella dalla prima, e così via via fino all'ultima che, aperto un foro nella sua cella, aveva trovato la via già fatta dalle quattro sorelle, e passando a traverso alle loro stanze, era uscita all'aperto.

- Insetti ingegnosi! - esclamò Gigino con ammirazione. - Ingegnosi quanto noi formiche, che è tutto dire. Poiché non bisogna dimenticare che anche tra le formiche vi sono abili legnaioli che scavano stupende abitazioni nel tronco degli alberi, caro Grantanaglia. -

Ma Grantanaglia era tutto affaccendato a cercare non si sa che nell'ultima stanza, e mormorava:

- L'hanno proprio finita tutta!

- Ma si può sapere che cosa cerchi? - domandò Gigino.

- Nulla. Guardavo se, per combinazione, c'era rimasta un po' di quella pasta di miele e di polline. Neanche per sogno! Quelle maledette legnaiole l'hanno mangiata tutta, senza considerare che questa casa avrebbe avuto un giorno l'onore d'essere abitata da una corte imperiale con molte gloriose speranze per l'avvenire e... con molto appetito per il presente! -

E vedendo che Gigino si disponeva a dargli una terribile lavata di capo, Grantanaglia si raggomitolò tutto in un angolo della stanza, esclamando con accento rassegnato:

- È inutile che tu mi faccia dei rimproveri, sai? Io quando ho fame non ragiono più. E, siccome in questo momento ne ho dimolta, e mi dispiacerebbe che l'appetito mi spingesse a mancarti di rispetto... guarda! Io non mi movo più di qui, e aspetto con tranquillità la morte che affronterò eroicamente al grido di: viva Ciondolino primo! -

Queste parole erano anche troppe, per calmare la collera di Gigino. Egli si sentì commosso da quell'esempio di affetto disinteressato a lui e di cieca devozione alla sua causa, e comprese tutto il sacrifizio del suo aiutante, tanto più che anche lui sentiva un discreto appetito.

Risalì lesto lesto all'ingresso della galleria e disse al Sirice:

- Caro amico, la casa è bellissima, e non ho parole per ringraziarti d'avermela indicata...

- Ti pare! - rispose il Sirice. - Sono sempre io che sono in obbligo verso di te... Se hai bisogno di qualcos'altro, senza complimenti...

- Grazie per ora... - rispose Gigino. - Ma spero rivederti spesso e giovarmi di te in avvenire. -

E strettagli la zampa destra davanti, incominciò a discendere giù per il tronco della quercia, mentre il Sirice prendeva il volo.

Il nostro eroe, arrivato a terra, incominciò a girar qua e in cerca di qualche cosa da mangiare; e, siccome in questo mondo chi cerca trova, non molto distante inciampò in una susina spiaccicata, la cui polpa sciropposa brillava al sole di un riflesso così appetitoso, che faceva venire gli stiramenti allo stomaco.

Ma Gigino, bisogna rendergli questa giustizia, perché se la merita, non pensò neanche ad assaggiarla. Ne staccò una bella porzione, la riunì in una pallottola, se la caricò addosso e, rifatta la strada, tornò su in casa e la portò nell'ultima stanza, dove Grantanaglia stava ancora tutto rannicchiato senza aver neppure la forza di sbadigliare.

- Coraggio! - gli disse scaricandogli accanto quella grazia di Dio. - La corte imperiale è ancora in istato di trattarsi a giulebbe. -

Alla parola giulebbe l'aiutante di campo fece un balzo, si gettò sopra alla pallottola e incominciò a mangiare con una tal furia, che non ebbe neanche il tempo di dir grazie.

Intanto Gigino tornò fuori, riscese in terra, e recatosi al luogo ove aveva lasciato la susina, si mise a mangiare anche lui, mormorando ogni tanto:

- Ne avevo proprio bisogno! -

Poi, finito di desinare, fece un'altra pallottola, e si disponeva a portarla a casa quando vide Grantanaglia che veniva a incontrarlo.

- Aspetta; - disse l'aiutante - mangio un altro boccone, e poi porto su una pallottola anch'io. -

E dopo aver mangiato ancora, soggiunse:

- Ora poi... comandami magari d'andare in capo al mondo e ci vo subito. -

E fatta un'altra pallottolla di polpa di susina, seguì Gigino.

Le due formiche fecero così parecchi viaggi, e Ciondolino poté accertarsi che nel mondo c'è da mangiare aper tutti, ma che bisogna cercarlo e guadagnarselo, perché nessuno ha la comodità di vedersi calare dal cielo il desinare in un panierino.

Alla fine della giornata l'ultima stanza della nuova abitazione di Ciondolino era piena di pallottole, e giù in terra della susina spiaccicata non era rimasto che il nòcciolo.

 

 

 


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