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VI. Un serpente gigantesco.
- Vieni con me, tu che vuoi essere un maschio, - disse a un tratto la buona formica.
E presolo a braccetto, o meglio a gambetto, lo fece salire all'ingresso principale del formicaio, che era precisamente l'apertura dalla quale era illuminata la sala.
Appena fuori, Gigino, che passava oramai di sorpresa in sorpresa, vide tre formiche alate con la testa più piccola delle altre, che si dibattevano per terra cascando da tutte le parti, facendo ogni tanto una capriola.
- Che vi duole la pancia? - domandò Gigino accostandosi a quegli insetti disgraziati.
Uno di loro rispose balbettando:
- Cù, cù!... Ah, ah... Sì, sì...
- Enne-o-no, asino! - esclamò Gigino con dispetto. - Non ho mai visto esseri più stupidi di questi.
- Eppure, vedi, questi sono i nostri maschi.
- Davvero?
- Sì. E come tu vedi, non sono dotati di molta intelligenza né di molta forza.
- Sfido io! Non sanno discorrere né stare zitti.
- La loro missione è compiuta: essi han fatto il loro volo con le femmine e poi son caduti giù sfiniti, e fra breve moriranno. -
Infatti due erano già rimasti lì a gambe all'aria, stecchiti, e uno seguitava a far capriole ripetendo ogni tanto:
- Vorresti tu - disse la formica - far cambio con loro?
- Con quei grulli lì? No davvero!
- E poi essi vivono pochi giorni, mentre noi possiamo vivere, se non ci succedono disgrazie, un anno, due... e magari nove!...
- Dico la verità: - disse Gigino che s'era fatto pensieroso - piuttosto che non essere un maschio, vorrei essere una femmina.
- Non ci guadagneresti molto. Anche le femmine che prendono il volo coi maschi devono attraversare parecchi pericoli, e se riescono a non essere mangiate vive dagli uccelli, non riescono mai a ritrovare la loro casa.
- Vuol dire che ne troveranno un'altra.
- No, perché non c'è nessun formicaio che accetti una formica estranea.
- Allora - disse Gigino che era un bambino logico - nessun formicaio avrà le uova; non essendoci le uova, non verranno fuori le larve; senza larve non ci saranno ninfe, e senza ninfe non ci saranno formicole; sicché si avrebbero i formicai senza formicole.
- Il ragionamento sarebbe giusto, se noi formiche neutre fossimo senza cervello. Ma noi che ne abbiamo dimolto, stiamo attente che le femmine non volino via, e quando è il momento, le riportiamo in casa a far le uova come hai visto dianzi.
- E le femmine e i maschi di dove nascono?
- Nascono dalle uova, come tutte le altre formiche.
- E io?
- Abbiamo trovato il tuo uovo sopra una panchina di pietra, e l'abbiamo riconosciuto per un uovo della nostra famiglia. -
La formica tacque un momento; poi riprese:
- Dunque sta' bene attento. Per noi formiche, esser maschi vuol dire fare una volatina per aria e poi cascare in terra e morire istupiditi. A esser femmine poi ci sono due strade: o adoprar le ali e volare, e allora si finisce male dicerto: oppure, per salvarsi, non adoprar le ali e rimanere in terra sequestrate, per essere costrette in ultimo a staccarsele. Come tu vedi, dunque, mette poco conto ad averle. Mentre noi formiche neutre che non le abbiamo, siamo padrone di casa, lavoriamo onestamente e meritiamo da tutti il titolo onorifico di formiche operaie. -
Gigino, per quanto l'idea di lavorare gli andasse poco a fagiolo, non poté fare a meno di convenire che la formica aveva ragioni da vendere e disse:
- Eh sì: bisogna che riconosca d'avere avuto torto a lagnarmi del mio stato.
- Impara dunque: - sentenziò la sua interlocutrice - che quando una formica vive del suo lavoro, non ha ragione di invidiare nessuno, e pensa che spesso le apparenze ingannano e che non sempre le ali impediscono di romperti il collo in terra. -
Gigino in cuor suo tradusse l'ammonimento nel proverbio: "Non è tutt'oro quel che riluce" e non fiatò.
Intanto fuori del formicaio erano salite a gruppi parecchie formiche nate da poco tempo, e condotte da quelle più adulte a pigliare una boccata d'aria.
Gigino si avvicinò a una delle sue coetanee che lo guardava con un certo interesse, e stava per attaccar discorso, quando una voce gridò poco lontano:
- Sorelle, accorrete, che c'è bisogno d'aiuto! -
Era una formica dall'apparenza robusta, la quale avvicinandosi continuò:
- C'è una grossa preda da trascinare in casa, ma siamo appena una dozzina e non ne veniamo a capo. -
La nutrice di Gigino disse subito alle altre formiche anziane:
- Andiamo, e portiamoci anche le nostre allieve. L'esempio del lavoro vale molto più che predicarlo. -
La giornata era splendida, e a Gigino non dispiacque l'idea di una passeggiata; senza contare che egli si era sempre molto divertito a veder lavorare; tant'è vero che quand'era un bambino diceva spesso a suo fratello Maurizio:
- Vedi: se io diventerò un signore, darò del lavoro a tutti..., e farò in modo che non ce ne resti mai per me. -
Le formiche, dunque, si diressero tutte per una via assai irregolare e montuosa, mentre quella che aveva recato la notizia della preda, e che precedeva le altre per indicar la via, diceva fra sé:
- Vorrei sbagliare, ma per queste strade non bastano neanche mille formiche a trasportarlo in casa. -
Arrivata a un certo punto si fermò, e volgendosi a coloro che la seguivano, esclamò:
- Eccoci: è dietro quel piccolo monte. -
Superato il monte, Gigino alzò al cielo le due gambe davanti con un gesto di grande maraviglia.
Un enorme serpente, la cui gigantesca struttura faceva uno strano contrasto col color di rosa della sua pelle, era alle prese con una ventina di formiche, le quali non parevano impensierite per niente delle spaventose dimensioni del mostro.