Vamba
Ciondolino
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PRIMO VOLUME

VII. Come le idee di un bambino valgono meno delle idee di una formica.

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VII. Come le idee di un bambino valgono meno delle idee di una formica.

 

Il serpente era straordinariamente lungo, e la sua lunghezza, bisogna notarlo, non si limitava a quella che si vedeva, perché il mostro andava a finire dentro una tana, nella quale tentava con tutti gli sforzi di ritirare il resto del suo corpo.

Ma le formiche lo tenevano fermo e anzi cercavano, con un ardire che a Gigino parve piuttosto temerità, di tirarlo fuori tutto.

- Ma questa è una pazzia, - disse rivolto alla sua nutrice. - Non vede come è grosso in paragone a noi? Se apre bocca, Dio liberi!, mangia cento formiche in un boccone.

- Prima di tutto - rispose con fierezza la formica - devi sapere che noi non abbiamo paura di nulla. Poi devi ricordarti che ti ho insegnato a non fidarti mai delle apparenze. Quello , vedi, non è che un verme della classe degli Anellidi e dell'ordine dei Chetopodi. -

Gigino avvicinatosi un poco, e osservato bene il mostro, esclamò:

- Eh, quanto lusso di parolone difficili! Senza farla tanto lunga mi poteva dire che è un lombrico, e avrei capito subito.

- Per noi, invece, è utilissimo il saper dividere gli animali fra i quali viviamo secondo la loro struttura e le loro abitudini. -

Per quanto Gigino con la sua intelligenza di bambino avesse veduto che non si trattava d'altro che di un lombrico, ciò non scemava ai suoi occhi di formica l'importanza della lotta.

In confronto dei suoi assalitori, il lombrico era sempre un serpente gigantesco.

Intanto tutte le formiche, giovani e vecchie, s'eran messe intorno al mostro, e Gigino, non volendo essere da meno delle altre, si mise anche lui a lavorar di gambe attorno al serpente.

- E questa, che roba è? - domandò accorgendosi che il lombrico era bagnato di un liquido acre, che pareva sugo di limone.

- È il nostro veleno; - rispose Fusca - il veleno che adopriamo contro i nostri nemici. -

Era infatti l'acido fòrmico, che è chiamato così appunto perché è prodotto dalle formiche, le quali lo emettono dalla estremità dell'addome.

A un certo punto, vedendo che il mostro non si muoveva, Gigino ebbe un'idea:

- Perché - disse - non lo spezziamo con le nostre mandibole?

- Sarebbe una sciocchezza imperdonabile. Gli anellidi non muoiono a spezzarli, e questo signore pagherebbe un tanto per poter salvare quella metà di sé stesso che è ancora dentro la tana. -

Gigino, che era persuaso d'avere un'intelligenza superiore a quella delle formiche, rimase mortificato di fronte a una ragione così evidente.

Le robuste operaie continuavano intanto a tirare, facendo sforzi eroici, ma il serpente rimaneva fermo.

Come mai?

Gigino osservò che esso aveva sotto la pancia certe piccole setole, con le quali si teneva afferrato alla terra, e concluse che per quanti sforzi facessero le formiche, il lombrico non sarebbe uscito dal buco un millimetro di più.

Ci fu uno sconforto generale.

Ma a un tratto una formica montata sul corpo del mostro, gridò alle altre che continuavano a tenerlo fermo, perché non si ritirasse nel buco:

- Un'idea!

- Sentiamola, - gridarono le altre in coro.

- Questo stupido non vuol lasciar la terra. Ebbene! Noi gli leveremo la terra di sotto! -

Gigino si trovò un po' mortificato per la seconda volta perché, mentre egli non capiva nulla, tutte le altre mostravano di avere afferrata pienamente l'idea. Infatti, mentre dieci formiche rimasero a tener fermo il lombrico, tutte le altre si raggrupparono all'orlo del buco, nel quale era rintanata una parte del serpente.

Gigino vi accorse seguendo la sua nutrice, la quale gli disse:

- Incomincia ad esercitare le tue mandibole, e scava sotto il verme. -

In questo lavoro Gigino poté accorgersi che, se le mandibole erano nelle formiche poco adatte al genere dei loro cibi umidi e sciropposi, erano però strumenti formidabili, che si prestavano benissimo all'ufficio di piccone, di leva, di zappa e di pala.

Smussato l'orlo del buco, le formiche continuarono a scavare giù giù finché non misero allo scoperto l'altra estremità del mostro, il quale venne in tal modo a trovarsi tutto disteso in un solco quasi diritto, in cui non poteva più aggrapparsi con le sue setolespiegare la forza dei suoi anelli come prima. Infatti, mentre prima egli, trovandosi metà steso in terra e metà sepolto lungo la sua tana, era piegato in angolo, ciò che gli dava una forza di resistenza non indifferente, ora giaceva in una fossa obliqua dalla quale le formiche, unendo tutti i loro sforzi, non tardarono a tirarlo su.

Gigino calcolò con sgomento che il verme era lungo non meno di quindici centimetri, una lunghezza enorme in confronto di una formica.

Non che egli avesse paura. Oramai aveva visto le sue compagne alla prova, aveva avuto un esempio della loro intelligenza e della loro destrezza, e aveva esperimentato di quali armi terribili fossero dotate.

Ma ora non era più questione di mandibole: era questione di trascinare quel corpo così lungo e pesante fino a casa.

Il lavoro fu faticosissimo: le formiche disposte alla testa, alla metà e alla coda del verme, malgrado gli sforzi che esso faceva per liberarsi dai potenti avversari, erano riuscite a trascinarlo per un bel tratto di strada, e Gigino, che a quello spettacolo era stato preso da un sincero sentimento di ammirazione, pensava fra sé:

- Chi mi avrebbe detto, quando ero bambino, che le formiche fossero così forti e coraggiose? Eppure chi sa quante volte ho assistito indifferente a una scena simile, senza dare nessuna importanza a un'impresa che ora mi appare addirittura eroica? -

Ma l'eroica impresa trovò, da a poco, un ostacolo insormontabile. Il suolo era coperto d'erba e appariva impossibile il trasportare quel mostro attraverso le foglie, sulle quali le formiche non avrebbero trovato la resistenza necessaria per trascinarlo e per spingerlo.

Esse si fermarono.

Allora Gigino stimò opportuno di riaffacciare la sua proposta.

- Tagliamolo a pezzi. -

Le formiche erano già per decidersi a questo, quando Fusca esclamò:

- Un momento! Noi possiamo trasportarlo intero nella nostra casa.

- Ma come! - esclamò Gigino che provò un certo dispetto nel vedere per la seconda volta rigettata la proposta di una formica giovane sì, ma che aveva il vantaggio d'essere stata in altri tempi un bambino intelligente.

- Rimangano a guardia del verme - proseguì Fusca - soltanto le formiche necessarie, e le altre vengano con me. Il lavoro sarà un po' lungo, ma il verme verrà portato a casa intero. -

E la formica, seguìta dalle altre, prese la via del formicaio a passo cadenzato come se avesse avuto paura a mettere i piedi in terra.

Gigino vedendola camminare a quel modo, non poté fare a meno di dirle con aria canzonatoria:

- La scusi, lei, per caso, che soffre di geloni anche nell'estate? -

 

 

 


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