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In un paio di giorni Gigino era diventato un formicolone. Oramai il suo corpo era sviluppato, la sua cultura era fatta, e Fusca lo aveva messo fuori di tutela dicendogli:
- Tu non hai più bisogno di nulla.
- Non è vero: io ho sempre bisogno che tu mi voglia bene - aveva risposto Gigino, il quale, persuaso che tra le formiche non c'era l'uso come tra gli uomini di sbagliare le persone dei verbi in segno di rispetto, aveva abolito il lei e parlava con la sua interlocutrice in seconda persona col tu, come insegnano tutte le grammatiche di questo mondo.
Gigino era nello stesso tempo svelto e robusto, e nelle lotte quotidiane con le sue compagne (poiché le formiche amano molto gli esercizi ginnastici) era sempre uscito vincitore. Non è, dunque, da maravigliarsi se era considerato da tutti gli abitanti del formicaio come una specie di capo delle milizie, ed era destinato sempre alle imprese più arrischiate e alla guardia del villaggio nei momenti più pericolosi.
Gigino se ne teneva. Anzi, una volta, avendo trovato un seme di canapa, se l'era adattato a uso corazza, facendovi con la punta delle mandibole due fori laterali per le due prime gambe che adoperava come braccia e tenendo chiuse dentro la corazza le due gambe medie.
Le formiche, sue compagne, non abituate certo a ricorrere a quella specie di vestimenti, lo guardavano con meraviglia; ma poi finirono col non badarvi, molto più che gravi preoccupazioni incominciavano a turbare la pace di quel popolo buono e laborioso.
Da qualche giorno si vedevano in prossimità del formicaio alcune formiche straniere in atteggiamento sospetto, le quali, appena scoperte, si davano precipitosamente alla fuga.
Il loro modo di contenersi e, più che tutto il resto, i loro connotati, non promettevano nulla di buono. Infatti un bel giorno, durante le ore calde, mentre le buone compagne di Gigino se ne stavano nella sala centrale del loro edifizio a riposarsi, si udì un grido terribile:
Erano le sentinelle che davano l'allarme.
A questo annunzio le formiche con Gigino alla testa si precipitarono frementi fuori della stanza lungo il corridoio che conduceva all'ingresso, mentre alcune altre si affrettavano per un'altra via a trascinare le uova e le larve nelle stanze in fondo, per metterle in salvo da ogni pericolo.
Gl'invasori furono sorpresi nel passaggio più stretto della galleria, e Gigino comprese subito quanto vantaggio egli avesse sui nemici da quella posizione.
Essi, infatti, tentavano invano di aprirsi un varco attraverso ai valorosi difensori, che opponevano una resistenza accanita.
- Se avessimo tardato un solo istante, - disse Fusca - saremmo tutte perdute: esse avrebbero invaso il nostro villaggio.
- I nostri corpi sono una tal muraglia, che non si sfonda! - aggiunse Gigino, respingendo un assalitore che tentava avanzarsi.
Pure non era molto soddisfatto della piega che prendevano le cose.
Certo, gli avversari, arrestati in quello stretto, non avrebbero potuto mai avanzare di un passo; ma non per questo accennavano a retrocedere, ed essendo impossibile di venire a un combattimento decisivo, la situazione minacciava di farsi pericolosa.
- Devono essere in molte... - mormorò Fusca.
- Ne sono sicura. Altrimenti, essendo andato a vuoto il loro piano, a quest'ora sarebbero fuggite. -
Gigino stette un po' sopra pensiero.
- Fusca, - disse a un tratto - vuoi prender tu l'incarico di difendere questo passaggio?
- Certo. È una cosa facile, e il solo inconveniente è che si può durare un anno in questa difesa.
- Non lo credo! - esclamò Gigino. - Ti bastano venti compagne per impedire che i nemici vengano avanti?
- Sono anche troppe.
- Allora lascia fare a me. -
Gigino lasciò a Fusca una ventina di formiche, e piano piano, senza che i nemici potessero accorgersi della sua manovra, fece ridiscendere tutte le altre, con le quali egli s'internò nella famosa galleria scavata per dar passaggio al lombrico.
Il suo piano era degno di un grande stratega, ed egli si sentiva già divenuto il Moltke delle formiche.
Giunto fuori della galleria, fece fermare il suo esercito, un centinaio di soldati in condizioni eccellenti, e montò sopra un'altura, dalla quale spinse lo sguardo verso l'ingresso principale del formicaio.
Fusca aveva ragione: le formiche rossastre erano molte, e una lunga colonna si distendeva al di fuori dell'ingresso, spingendo gli assalitori che erano penetrati dentro.
- Avanti! - disse Gigino alle sue compagne. - E soprattutto non fate rumore. -