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PRIMO VOLUME XVI. Come Gigino si trovasse tra i fumi dell'ambizione e i fumi di uno strano bombardiere. |
XVI. Come Gigino si trovasse tra i fumi dell'ambizione e i fumi di uno strano bombardiere.
A un tratto in mezzo al frastuono sorse una voce grave che diceva:
- Voi faceste bene a difendere la nostra casa. Ma la guerra, che è per sé stessa un delitto, quando è mossa da cause giuste non deve essere considerata altrimenti che come una triste necessità. -
Era il vecchio professore che parlava.
- Perciò - continuò egli - invece d'abbandonarvi a una ingiusta gioia, fareste bene a deplorare che la prepotenza di un popolo vagabondo vi abbia distolto dal lavoro, che è la sola vera gloria di un popolo civile. -
E siccome Gigino tentava di ribattere questi argomenti, il vecchio filosofo soggiunse:
- La guerra è sempre una sventura, anche per i vincitori. Guardatevi intorno e troverete molte vostre compagne morte e ferite, cioè molte nutrici tolte alle nostre larve, molte mandibole tolte al lavoro del nostro villaggio. -
Fusca che era una formica saggia, détte ragione al professore ed esclamò:
- È giusto! Bisogna pensare a dare una sepoltura onorevole agli eroi che morirono in nostra difesa. -
Mentre la maggior parte dell'esercito rientrava nel formicaio per ripigliare i lavori interrotti, una parte si mise a ricercare le compagne morte e quelle ferite che venivano via via trasportate all'ingresso del formicaio.
Le ferite furono con ogni sorta di precauzioni portate giù nel sotterraneo per le cure necessarie: le morte furono trasportate al cimitero.
- Al cimitero? - Diranno i miei piccoli lettori maravigliati.
E la medesima maraviglia fu provata da Gigino, il quale non sapeva che anche le formiche avessero un luogo adatto per deporre i morti della loro famiglia.
Ma egli se ne convinse subito, seguendo il corteo funebre, che si arrestò in un vasto piazzale coperto da una pianta odorosa, la quale per le formiche rappresentava, senza dubbio, il salice piangente. Lì giacevano, disposte in varie file, molte formiche defunte, e lì furono deposte quelle morte recentemente, dopo aver resi loro gli ultimi onori.
Di ritorno dalla funebre cerimonia, mentre le altre formiche rientravano nel formicaio, Gigino volle rivedere il teatro della guerra, e si mise a girandolare nei dintorni.
Dopo la vittoria riportata, egli provava una grande soddisfazione nel ripensare a tutte le fasi di quella memoranda giornata e già l'ambizione incominciava a fargli girar la testa coi sogni più arditi di battaglie e di trionfi.
Si appoggiò a un filo d'erba e lasciò libero corso alle sue gloriose fantasticherie:
- Il professore può dire quello che vuole, ma io mi sento una formicola nata a grandi cose. Il primo passo nel cammino della gloria ormai è fatto, e io sono senza discussione il più gran generale che mente di formica abbia mai potuto immaginare. Domani le Rossastre ci riattaccheranno, come ha detto Fusca, e sarà per me un'altra splendida vittoria. Chi mi potrà impedire, dopo, di diventare il capo del formicaio e magari il re di tutte le formicole? -
A questo punto, come se qualcuno avesse voluto irridere ai suoi sogni ambiziosi, sentì lì vicino un certo rumore curioso, e nello stesso tempo fu tutto avvolto in una specie di nuvolo, e sentì un puzzo insopportabile.
Gigino fece un salto da una parte e vide un insetto strano col dorso nero un po' macchiato di rosso, il quale, con rispetto parlando, gli voltava le parti posteriori.
- Chi t'ha insegnato a far queste porcherie? - esclamò Gigino con rabbia.
Per tutta risposta l'insetto fece un'altra scarica accompagnata dallo stesso rumore, e un'altra nube avvolse il povero Gigino, che fu lì lì per cadere asfissiato.
Ma il furore era così grande, che egli trovò la forza di precipitarsi su quel maleducato, di montargli addosso e di serrargli la testa fra le gambe davanti, pronto a troncargliela con le mandibole come aveva fatto poco prima ai suoi nemici.
- Per carità, non m'ammazzare! - esclamò allora l'insetto piagnucolando.
- Mi dispiace, - gli rispose Gigino - ma questo non è possibile. Ti pare!... Far quelle cose a un generale!...
- Io credevo che tu volessi assalirmi e ho cercato di difendermi.
- Ah! Lo chiami difenderti, eh? E dimmi: tutti gli esseri pari tuoi si difendono a questo modo?
- Certo.
- O che gente siete, si può sapere?
- Siamo Bombardieri.
- Benissimo! - esclamò Gigino - Però questo genere di bombardamento mi piace poco. -
E aprì le mandibole per tagliargli la testa. Ma a un tratto gli venne un'idea, e chinandosi verso l'insetto gli disse:
- Dimmi un poco, caro Bombardiere: se ti salvo la vita, mi prometti di non bombardarmi più?
- Te lo prometto sulla mia parola di Coleottero onesto. -
Gigino scese giù dal groppone del Bombardiere, e squadrandolo dal capo all'addome, domandò:
- E tu sei dunque un Coleottero?
- Certo: non vedi? -
E l'insetto, aprendo le ali, mostrò la particolarità del suo ordine, cioè le due ali finissime adattate al volo ricoperte da un altro paio d'ali cornee che servono loro quasi d'astuccio, perché non si sciupino, come negli scarafaggi e in tutti quanti i coleotteri.
- Io - aggiunse l'insetto - sono un coleottero appartenente alla famiglia dei Carabi, gli insetti più belli per lo splendore dei loro colori.
- Sarete belli quanto volete, ma non conoscete l'educazione.
- Tu alludi certamente a quel vapore di un odore acre, che spingo fuori dal di dietro.
- Altro che odore! - esclamò Gigino. - Altro che acre!
- Quella è la mia arme. Essa mi difende dalle aggressioni e mi serve a dar la caccia agli insetti più piccoli, che restano asfissiati, e cadono facilmente in mio potere.
- Sicché tu mi volevi mangiare eh?
- Non lo nego. Ma tu, cosa che non m'era mai accaduta finora, hai resistito...
- Fortunatamente! Dunque stai a sentire quello che ti dico. Puoi tu mettermi insieme una dozzina di Bombardieri come te?
- Sicuro. Ve ne sono cinque che abitano con me sotto la stessa pietra, e altri hanno la loro casa vicina alla mia.
- Benissimo! E vi dispiacerebbe se io vi procurassi un bel desinare d'un centinaio di formicole e forse di più?
- Figurati!
- Allora, senti. Domattina all'alba trovati co' tuoi compagni laggiùsotto quella foglia di zucca. La vedi?
- Non dubitare. Ci sarò.
- Là ti darò le istruzioni necessarie. Addio, caro amico: e, mi raccomando, serba tutti i tuoi bombardamenti per domani, perché ce ne sarà bisogno. -
Detto questo, Gigino si allontanò con le due prime gambe dietro l'addome mormorando fra sé:
- Gigino mio! Se Napoleone il Grande ti vedesse, come si sentirebbe piccino! -