Vamba
Ciondolino
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PRIMO VOLUME

XVIII. L'invasione.

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XVIII. L'invasione.

 

Oramai il gran sogno di Gigino s'era avverato.

D'altra parte egli giustificava pienamente la sua ambizione, dicendo fra sé:

- In fondo, benché io abbia sempre avuto poca voglia di studiare, sono stato sempre un bambino intelligente. Nulla di più naturale dunque che, diventando formicola, sia diventato almeno almeno il primo imperatore di tutto lo stato formicolesco. -

Ma chi è ambizioso trova sempre il suo giusto gastigo nell'ambizione stessa, la quale non si contenta mai, e arrivata a soddisfare un desiderio, ne ha subito un altro più grosso.

Per questo Gigino, invece di trovar la pace nell'alta carica che aveva conseguita, si rodeva già dentro sognandone una anche più alta, e poi un'altra più alta ancora, e così via via senza mai trovarne una nella quale finalmente poter dire: "Ora sto bene e mi contento."

- Imperatore delle formicole? - diceva tra sé. - Ma questo è appena appena il titolo che mi era dovuto. Ora bisogna diventare qualche cosa di più. Le formicole sono una piccolissima parte dell'ordine degli Imenotteri. Se mi riuscisse, invece, di diventare il capo supremo di tutto l'Ordine? E poi, giacché ho cominciato a fare alleanza coi Bombardieri, potrei estendere il mio potere fino all'ordine dei Coleotteri! E, in seguito, chi mi dice che io non possa diventare addirittura l'imperatore di tutti quanti gli insetti che sono sulla terra? L'uomo non è forse il re degli animali? Dunque, a un uomo diventato insetto, il meno che possa capitare è appunto di essere l'imperatore degli insetti. -

Ma per ora bisognava contentarsi e pigliarsi un po' di riposo a questa prima tappa del viaggio fantastico che l'ambizione gli aveva tracciato, e Gigino esclamò con tono di uno che regala qualche cosa:

- Va bene, va bene! Io accetto il titolo di vostro imperatore: e anzi non sarà male, per formalità, di rientrare nel nostro territorio a far la proclamazione ufficiale. -

E soggiunse fra sé:

- Ci ho gusto specialmente per quell'uggioso di professore che sa il latino! E chi sa come rimarrà male! -

Gigino dette un'occhiata al campo di battaglia, e visto che i dodici bombardieri erano tutti intenti a divorare le formiche rossastre già asfissiate dalle loro puzzolenti esplosioni, si rimise alla testa del suo esercito e si diresse verso il formicaio.

Ma appena arrivato all'ingresso, si fermò di botto esclamando:

- Che è accaduto? -

Qualche cosa di nuovo, infatti, doveva essere accaduto certamente, perché il piccolo monte di riparo era mezzo rovinato, e il buco appariva qua e devastato.

- Entriamo! - gridò Gigino precipitandosi dentro, seguìto dal suo stato maggiore.

Egli giunse così nella sala centrale, dove improvvisamente si trovò circondato da una folla di formiche, che per non riconobbe.

Una voce gridò:

- Avanti! Bisogna impedire che l'esercito rientri!... -

Queste parole e molti altri indizi rivelarono a un tratto a Gigino la sua situazione e quella delle compagne in tutta la terribile realtà.

Il formicaio era stato invaso dalle Rossastre.

Egli non poteva capire come né quando, ma il fatto era tanto evidente da non poterne dubitare.

Mentre cercava invano nella mente turbata di trovare una spiegazione, sentì che due antenne sconosciute lo tastavano da ogni parte, mentre una voce diceva sghignazzando:

- Eccolo qui il generale col seme di canapa. Eccolo qui quello che le grandi battaglie campali!

- Ma infine, - esclamò Gigino pieno di rabbia - si può sapere come mai...

- Te lo spiego subito, generale illustrissimo. Tu credevi di farla a noi, e noi l'abbiamo fatta a te. Noi, vedi, probabilmente, dopo la sconfitta di ieri, non avremmo mai osato di riattaccarvi. Ma tu sei uscito col tuo esercito per dare la gran battaglia, tu sei venuto per attaccar noi, e noi, avvertite da alcuni dei nostri soldati delle tue intenzioni, ti abbiamo fatto questa bella sorpresa. -

Gigino si ricordò, infatti, che il suo aiutante Grantanaglia gli aveva parlato di un drappello di Rossastre, le quali s'erano aggirate per un pezzo intorno al formicaio.

- Noi, dunque, - riprese la voce - dopo le informazioni avute dalle nostre spie, ti abbiamo mandato incontro una cinquantina dei nostri soldati con l'incarico di tenerti occupato, come hanno fatto. E intanto, col forte del nostro esercito siamo venute qui, abbiamo invaso il tuo villaggio lasciato da te senza difesa, e ora... ora poi potrai vedere e sentire quello che faremo. -

E cambiando tono la voce soggiunse:

- Custodite questo prigioniero. Io intanto vo a dimostrargli quanto noi Rossastre abbiamo profittato delle sue lezioni di tattica militare. -

Gigino avrebbe voluto ribellarsi, ma oramai era ridotto all'impotenza.

Egli non tardò a comprendere il significato delle ultime parole che aveva udite. Dai movimenti che si eseguivano attorno a lui, e dai comandi che udiva dare, si accòrse che le Rossastre ripetevano precisamente il giuoco che egli aveva già eseguito contro di loro il giorno avanti.

Mentre alcune difendevano l'ingresso principale, una colonna delle Rossastre usciva dalla famosa galleria del Lombrico per piombare improvvisamente in mezzo all'esercito di Gigino e sbaragliarlo.

Egli sperò per un momento che i suoi soldati avrebbero resistito all'assalto, e attese con ansia.

Quei minuti gli parvero secoli.

A un tratto udì la solita voce che gridava dall'alto dell'ingresso principale:

- Vittoria! -

Non v'era più dubbio: l'esercito era stato sconfitto, e l'ultima speranza era perduta.

Gigino chinò la testa, e disse a voce bassa perché non lo sentissero:

- Altro che imperatore Ciondolino primo! -

 

 

 


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