Vamba
Ciondolino
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PRIMO VOLUME

XIX. Come una formica per aver poca testa la facesse perdere a chi ne aveva molta.

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XIX. Come una formica per aver poca testa la facesse perdere a chi ne aveva molta.

 

Poco dopo Gigino si accòrse che le formiche rossastre tenevano consiglio, e udì distintamente la voce di quella che pareva avesse la carica di generale d'armata.

- Abbiamo vinto - diceva - una gran battaglia. Noi abbiamo sconfitto il nemico e ci siamo impossessate del suo villaggio, sicché io credo inutile trasportare le uova, le larve e le ninfe nel nostro formicaio. Noi qui siamo padrone assolute, e possiamo estendere il nostro dominio su questa città, dove lasceremo un presidio per difenderla. In questo combattimento ognuna di noi, secondo le proprie attitudini, ha compiuto il suo dovere, e i diritti sono uguali per tutti: le formiche che nasceranno dalle uova e si formeranno dalle larve e dalle ninfe di questo popolo che abbiamo sconfitto, saranno schiave della nostra società, a vantaggio di tutti indistintamente. -

Mentre le Rossastre applaudivano alle parole del loro generale, Gigino non poté fare a meno di confrontare la condotta di quel capo di ladroni con la sua.

Per la prima volta gli apparve chiara, indiscutibile tutta la responsabilità che pesava su di lui.

Egli, per la sua ambizione, contrariamente ai consigli delle sue compagne più sagge, aveva voluto provocare il nemico: aveva approfittato della guerra per essere proclamato imperatore: insomma era stato la sola, l'unica causa della rovina di tutto quel popolo buono, modesto e laborioso, che non domandava altro che di vivere in pace.

Fu bruscamente distolto dalle sue riflessioni dalla voce del generale vittorioso, che diceva:

- Recate fuori del formicaio tutti i prigionieri di guerra! Le esecuzioni si faranno all'aperto, e non avremo la fatica di trasportare i corpi dei nostri nemici. -

A queste parole, Gigino, se avesse avuto ancora una pelle, se la sarebbe sentita accapponare e avrebbe fatto anche il viso bianco.

Egli, dunque, fu accompagnato fuori del formicaio, e poté vedere finalmente il generale avversario.

Era una formica di proporzioni giuste ma con un'espressione così truce, che se una formicola perbene l'avesse incontrata di nottetempo, sarebbe morta dallo spavento solamente a vederla.

- È un peccato - gli disse Gigino che aveva ripreso un po' di coraggio - che tra le formiche non ci sia l'uso delle guardie di pubblica sicurezza: se no, le garantisco io, che il primo a esser messo dentro sarebbe lei! -

Il generale rossastro non intese nulla, e vòltosi ai suoi sgherri, disse:

- Incominciate da quella vecchia formica ! -

Gigino si voltò e vide il professore, il quale stava in mezzo a due guardie con aria pensosa.

Egli, al comando del generale, alzò la testa e disse con aria grave:

- Formiche! Con questo nome, prima di morire, io intendo rivolgermi a tutte le formiche del mondo, di qualunque razza esse sieno. E a tutte io dico: fino a quando dureranno queste stolte lotte tra popoli che la natura ha creato fratelli? Non avete forse abbastanza nemici da combattere tra gli insetti d'altri ordini e perfino tra gli uccelli? Perché vorrete distruggervi tra voi, invece di unire le vostre forze, voi che nei vostri interni ordinamenti civili rappresentate tra gli insetti tutti la grande forza dell'ingegno e del lavoro? Unitevi, o formiche! È l'ultimo grido di un moribondo, il quale ha vissuto abbastanza, e vi lascia per sempre chiamandovi col dolce nome di sorelle, e inviando a tutte voi una parola di pace e di perdono! -

Gigino era commosso dalle parole giuste e sensate della vecchia formica. Gli pareva impossibile che le Rossastre non dovessero rimanere persuase da un ragionamento così chiaro e lampante. Ma era rimasto forse persuaso lui, quando il filosofo gli aveva parlato il linguaggio del buon senso e dell'esperienza?

Purtroppo! figliuoli miei, succede sempre così nel mondo. Quando uno predica sui pericoli che può provocare una cosa da noi vagheggiata, si lascia predicare, e si fa quel che ci pare e piace. Poi, quando il pericolo c'è e si vede, allora, ma allora solamente, s'incomincia a convenire che il predicatore aveva ragione.

Figuratevi, dunque, se le Rossastre che avevano vinto la battaglia, volevano dar retta ai discorsi del professore!

Il generale fece un cenno, e già!... la testa della vecchia formica cadde recisa dalle mandibole di una delle guardie.

E così furono servite tutte le formiche che erano rimaste prigioniere di guerra.

Ma il momento terribile per Gigino fu quando tra esse riconobbe la sua nutrice.

- Fusca! - gridò con un singhiozzo.

- Pazienza! - disse la buona formica. - Quello che mi dispiace di più è che le nostre discendenti saranno schiave. -

Gigino a queste parole non poté più reggere.

Egli si gettò avanti, gridando:

- Ah no!... risparmiate la mia buona Fusca! Sono io la causa di tutto, io solo sono il colpevole. Essa, ve lo giuro, non voleva continuare la guerra, e io cattivo, disobbediente, non volli ascoltare i suoi consigli... -

Ma non poté continuare.

Parecchie Rossastre lo avevano trattenuto nel suo impeto, e intanto anche la testa della povera Fusca era caduta.

Gigino, quasi pazzo dal dolore e dal rimorso, gridò:

- Ammazzatemi subito!

- Un momento! - rispose una voce.

Tutti si voltarono.

Era una formica rossastra, che arrivava allora allora tutta impolverata e con una gamba di meno.

 

 

 


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