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La formica si levò un po' alla meglio la polvere dal dorso e, piantatasi in mezzo all'assemblea, esclamò:
- Non sarebbe male, dico io, prima di levar dal mondo quel generale col seme di canapa, di fargli un piccolo processetto! -
Gigino per un momento credette d'aver migliorato la sua condizione, ma non rimase illuso per un pezzo.
- Come vedete, - proseguì la formica - io sono una di quelle vostre compagne mandato incontro al nemico per distrarlo dalle manovre del nostro esercito.
- Brava! - esclamò il generale Rossastro. - E che nuove ci porti delle altre? Com'è che non si vedono?
- Eh!... - disse amaramente la formica - esse a quest'ora sono bell'e digerite!
- Digerite? Come sarebbe a dire?
- Domandatene al generale col seme di canapa. Egli deve saperlo. -
Gigino credé prudente di stare zitto.
- Dovete sapere - continuò la formica con accento di disprezzo - che questo individuo si era alleato niente di meno che con una dozzina di Bombardieri. Essi ci aspettavano al varco, e appena siamo state a tiro, hanno incominciato a bombardarci in modo che tutta la colonna è caduta asfissiata, e io sono qui salva proprio per un miracolo. Quei vigliacchi avevano tante formiche da mangiare, che mi han dimenticata dopo avermi divorato una gamba. -
A queste parole un urlo d'indignazione scoppiò da tutto il consiglio di guerra.
- Come! - esclamò il generale Rossastro rivolto verso Gigino. - E tu hai fatto questo? Tu che appartieni a una specie di formiche che dà a noi il nome di barbare e di predatrici, invece di combatterci apertamente, sei ricorso all'aiuto dei coleotteri, mettendo in campo le astuzie più vili e più indegne di combattenti franchi e leali? -
- O se anche gli stessi uomini ammettono in caso di guerra le alleanze tra popoli di diversi ordini e di nature diverse! -
Ma si avvide subito che l'esempio dei costumi umani sulle formiche non avrebbe fatto né caldo né freddo.
- Noi siamo un popolo di predoni! - gridò il generale Rossastro - eppure non ricorriamo mai a simili bassezze! -
La formica zoppa riprese la parola.
- E questo non è nulla! - esclamò. - Dovete anche sapere che, mentre fuggivo da quella carneficina, ho incontrato questo individuo col suo esercito, e stando nascosta dietro un sasso, ho potuto sentire che egli si faceva proclamare il capo di tutte le formiche col nome di Ciondolino primo imperatore!
- Bravo Ciondolino primo! - esclamò il generale Rossastro sghignazzando. - Tu dunque tentavi anche di abolire il nostro ordinamento sociale, in cui tutte quante siamo uguali con gli stessi doveri e gli stessi diritti? -
Le formiche che facevano cerchio intorno a Gigino, apparivano così stupìte del suo tentativo, che egli finì col capire perfettamente come fosse impossibile di vivere tra le formiche con gli stessi criterii coi quali si vive tra gli uomini.
Ma già, oramai, non era più questione di vivere per lui.
E poi, dopo aver visto di quanta sventura era stata causa la sua ambizione, dopo le ultime parole del professore, dopo la morte di Fusca, che gli importava di rimanere al mondo?
Egli era rassegnato alla morte: ma la sua rassegnazione fu molto diminuita da queste parole del generale Rossastro:
- Olà! Egli si è reso colpevole di delitti inconcepibili, e sieno inconcepibili i suoi tormenti. Prendetelo: tagliategli a una a una, lentamente, tutte le gambe, poi le antenne, e la sua testa sia l'ultima a cadere, in modo che possa assistere coi suoi stessi occhi al suo supplizio! -
Gigino all'idea di tutti questi tormenti fu lì lì per svenire.
Egli si alzò ritto sulle due gambe di dietro gridando:
- Sì, io sono colpevole; io riconosco tutti i miei torti! Fatemi morire, ma non mi fate soffrire così crudelmente. -
Una grande risata gli rispose da tutte le parti.
Fu gettato a terra, e due guardie si attaccarono alle due gambe di dietro, tirando con tutta la forza.
Ma le gambe eran dure e non c'era caso di staccarle.
Allora le due guardie si attaccarono alle due gambe di mezzo, le quali vennero via facilmente, mentre Gigino seguitava a urlare:
- Assassini!... ladri!... manigoldi!... -
Cosa strana! lo strappo delle due gambe di mezzo non aveva recato a Gigino nessun dolore, ed egli anche dopo questa mutilazione continuava a sentirsi in tutta la pienezza delle sue forze.
Le due guardie si attaccarono alle sue due gambe davanti: ma anche quelle erano dure, tanto che il generale Rossastro, vedendo gli inutili sforzi dei suoi sicari, cominciò ad arrabbiarsi e a gridare:
- Non siete buoni a niente! Ora, ora, lasciate fare a me... Non sono io, se con un colpo di mandibole non gli taglio la testa di netto! -
E si avanzò baldanzosamente verso Gigino.
Ma non aveva fatto ancora quattro passi che gridò:
- Ahi! Son morto! -
A sentire quel grido Gigino credette lì per lì che gli fosse capitato un colpo d'accidente, ed era per ringraziarne la Divina Provvidenza; ma accorgendosi che un nuovo personaggio era venuto a pigliar parte a quella terribile tragedia, borbottò con aria malinconica:
- Ohi! se non sbaglio, siamo cascati dalla padella nella brace! -