Vamba
Ciondolino
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PRIMO VOLUME

XXI. Un assassino in guanti gialli.

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XXI. Un assassino in guanti gialli.

 

Il nuovo personaggio era una vespa del genere Pompilio, con certe gambe lunghe, specialmente quelle di dietro, che erano anche armate sullo spigolo esterno delle tibie di certe spine e di certi denti, che parevano addirittura due seghe.

Questo bravo signore era piombato a un tratto in mezzo a quel Tribunale formicolesco, e s'era messo tranquillamente col suo terribile aculeo a infilzar la pancia a tutti quanti, senza far nessuna distinzione fra giudici e imputati.

Ne nacque uno scompiglio generale, e solo qualche formica poté salvarsi a stento, rientrando precipitosamente dentro il formicaio.

Quando la vespa arrivò a Gigino, gli saltò sopra.

- Ci siamo! - disse l'infelice imperatore Ciondolino primo.

Ma si riebbe subito, quando sentì la vespa che piagnucolava:

- Ohi, ohi! Come tu sei duro! -

Gigino si ricordò allora della sua corazza, e sentendosi salvo, détte in un gran sospirone e mormorò:

- Benedetti i semi di canapa! -

Intanto la vespa gli s'era piantata di fronte e lo guardava con sorpresa e diffidenza, mentre sfoderava e rinfoderava l'aculeo per provare se s'era sciupato.

Quando si fu assicurata che la sua arma era ancora intatta, esclamò:

- Scusa, mi fai un po' il piacere di dirmi come mai tu sei tanto duro?

- Ma! - rispose Gigino che ormai aveva ripreso il suo coraggio - io sono stato sempre così. Ero duro, figurati, perfino quando andavo a scuola! O tu chi sei?

- Io sono una vespa assassina.

- Alla larga!

- Veramente io mi chiamo Amofila Sabulosa; ma in genere siamo chiamate assassine forse perché viviamo in certe grotte dentro le vecchie travi o nelle caverne fatte nelle spaccature de' muri e perché diamo una caccia spietata ai ragni, alle mosche, a' bruchi e alle formiche... quando non sono dure come te.

- Senti, - disse Gigino scandalizzato - per i ragni, le mosche e i bruchi, pazienza: ma pigliarsela con le formiche, ti dico la verità, per una vespa perbene è una vera birbonata. O non lo sai che siamo quasi parenti? -

Egli si ricordava, infatti, come la povera Fusca gli avesse detto che tutte le vespe, le api, e i calabroni appartenevano allo stesso ordine naturale delle formiche, cioè a quella grande e gloriosa razza degli Imenotteri, tanto forte e tanto ingegnosa.

A questo punto della conversazione vi fu una pausa, durante la quale i due personaggi che erano rimasti l'uno di fronte all'altro in attitudine di diffidenza e di minaccia, incominciarono a considerarsi più attentamente e con un po' più di garbo.

Anzi, Gigino non poté dissimulare un gesto di sincera ammirazione, esaminando da tutte le parti il suo terribile aggressore, e a esame finito balbettò fra sé:

- Sarà un assassino, ma è molto elegante: deve essere un assassino in guanti gialli. -

Infatti la vespa, coperta di un bellissimo abito d'un giallo smagliante, era snella, graziosa, piena di vivacità, molto più bella di tutte le vespe che Gigino aveva osservato quand'era un bambino, cioè quando non osservava nulla con attenzione.

- Che vitina! - pensò il nostro povero imperatore detronizzato. - Ora capisco perché tutti dicono che la mia mamma ha una vitina di vespa. -

Questa idea, che gli attraversò la mente, lo fece quasi piangere di commozione, e mentre sentiva rinnovarsi nel cuore un grande e irresistibile desiderio di rivedere la sua cara mammina, provò anche un sentimento di viva simpatia per quell'elegante animaletto, che gli aveva ispirato il pensiero di lei.

La vespa, che pareva anch'essa un po' raddolcita, interruppe la pausa esclamando:

- O guarda, guarda. Dunque noi siamo parenti? Allora dammi la zampa e facciamo la pace. -

E siccome Gigino rimaneva incerto, soggiunse subito con vivacità:

- Via, via... Sei forse ancora scandalizzata perché do la caccia alle formiche? Quando sono arrivata io, se non sbaglio, stavate ammazzandovi fraternamente tra di voi..., e mi pare che quella d'ammazzarvi tra sorelle sia un'occupazione un pochino più scandalosa di quella d'ammazzar dei parenti alla lontana. -

Il ragionamento non faceva una grinza, tanto che Gigino rispose:

- Eh sì: da una parte hai ragione tu; e da quell'altra poi, se penso che senza di te avrebbero fatto la festa anche a me, ho torto io.... Però bada: non devi dimenticare che noi formiche, nella razza degli Imenotteri rappresentiamo il popolo più robusto, il popolo più intelligente, il popolo più... -

Gigino non fece a tempo a trovare un terzo aggettivo per il suo popolo, perché la vespa con una mossa rapida e inaspettata l'aveva piantato in asso ed era piombata sopra un bruco d'una discreta grossezza, che aveva avuto la disgrazia di passar poco distante da lei.

Fu l'affare d'un attimo. La vespa sfoderò il suo pungiglione, e con un paio di puntate ridusse il povero bruco nella assoluta impossibilità di continuare la sua passeggiata.

- L'hai ucciso? - gridò Gigino accorrendo.

La vespa tentennò il capo e mormorò con accento misterioso:

- Ma che! Non sono mica stupida! -

Quindi ronzando allegramente si pose a cavalcioni della sua vittima, l'afferrò con le pinze e incominciò a trascinare quel corpo che era dieci volte più pesante di lei verso un piccolo fosso arenoso, sul cui pendìo si scorgeva un buco di forma rotonda, difeso da una fortificazione di sassolini, di fuscelli e pallottoline di terra.

Gigino, sorpreso di vedere in quell'insetto così elegante tanta forza, tanta prontezza e tanta tenacia, lo seguiva passo passo, finché giunto presso il fosso vide a un tratto rotolar giù a precipizio il bruco e la vespa, che gli era rimasta sempre a cavalcioni.

Ma essa, quando fu in fondo, lo lasciò, e scotendo la polvere dalle ali si volse verso Gigino che era corso all'orlo del fosso, quasi sicuro di vederla schiacciata sotto il peso della sua vittima.

- Ti sei fatta male? - le domandò.

- Niente affatto, - rispose la vespa allegramente. - Questo che ho fatto ruzzolando è anzi il tratto meno faticoso del mio viaggio. Il più difficile ora è trasportare il bruco fin lassù in casa. -

E accennò al buco, che era sull'opposto pendìo del fosso.

Gigino scese giù, e senza poter nascondere del tutto una cert'aria di protezione, disse:

- Ti aiuterò io. -

Ma la vespa fece un gesto dignitoso:

- Oibò! Noi siamo abituate a ben altre fatiche, e non abbiamo bisogno che il popolo più forte e intelligente della razza degli Imenotteri si scomodi per noi... -

Gigino, a queste parole, rintuzzò subito la superbia.

- Piuttosto - soggiunse la vespa indicando il bruco - ti sarò grata se mi badi un po' a questo signore, mentre vo a dare un'occhiata in casa.

- O che hai pura che scappi?

- Questo no: ma tu devi guardare che non gli s'accosti nessuno. Mi posso fidare?

- Figurati! -

La vespa entrò sempre ronzando lietamente dentro la sua tana, e Gigino rimase a far la guardia al bruco.

Appena sparita la vespa, una piccola mosca bigia si lasciò cadere sul corpo nudo del povero lepidottero, e vi rimase come attaccata, intenta a un lavoro che Gigino non seppe spiegare.

Egli gridò:

- Va via di , che non è roba tua. -

La mosca se ne volò via sghignazzando e borbottando ironicamente:

- Se non è roba mia, è roba de' miei figli. -

Appena ricomparve la vespa, Gigino misurando con l'occhio il volume del bruco le disse:

- Non ne manca neanche un pezzettino. E dimmi, cara: te lo mangi tutto?

- Mangiarlo? Ma che!

- E allora perché lo hai ammazzato?

- Ma io non l'ho ammazzato. Esso è semplicemente paralizzato. Capirai che, se fosse morto, dovendolo tenere in casa per qualche tempo, andrebbe in putrefazione e non sarebbe una cosa troppo igienica.

- Lo tieni in casa? E che ne fai di questa roba?

- Eh! Questa è roba per i miei figli.

- Toh! - esclamò Gigino stupefatto. - Tal quale come ha detto ora quella mosca grigia. -

La vespa fece un balzo indietro gridando:

- La mosca grigia hai detto? Ah, canaglia!... Si è dunque posata una mosca grigia sul mio bruco? Rispondi, dunque!

- Ma sì... - balbettò Gigino che non sapeva comprendere tanta agitazione per un fatto che gli pareva senza importanza. - C'è stata sopra appena un istante, perché l'ho scacciata subito.

- Ah ladra! Ce l'ha fatta! - continuò a urlare la vespa osservando il bruco. - Ecco qui! Queste sono le sue tracce! E io che ho durato tutta questa fatica! Tutto questo lavoro fatto per il bel muso di quella iniqua vagabonda! Ah miserabile parassita! E forse sperava anche che portassi il bruco in casa mia, che lo mettessi al sicuro!... E tutto questo per i begli occhi de' suoi figli!... Ah, infame!... -

La vespa era così invelenita, che Gigino non s'azzardò a interromperla, e si limitò a rintuzzarsi nel suo seme di canapa mormorando:

- Se, Dio liberi, se la pigliasse con me in questo momento, non mi salverei neanche se mi chiudessi in un nocciolo di ciliegia. -

 

 

 


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