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Quanto aspettò Gigino su quella foglia?
Egli sarebbe stato imbarazzato a dirlo, perché non aveva lì pronto un orologio per misurare il tempo; ma a lui parve un secolo. Quando finalmente vide riapparire il Cinipe, esclamò:
- Ebbene?!
- Ebbene, - rispose l'altro posandosi sulla galla - credo di avere scoperto qualche cosa di simile a quello che tu mi hai descritto.
- Sì, davvero? Ed è lontano? È per di qua? È per di là? Dov'è?
- Eh! Un momento di calma, corpo d'una quercia!... Vedi? Quell'abitazione d'uomini che ho vista, è nella stessa direzione della foglia sulla quale ci troviamo.
- Ah sì? Per di là, dunque!
- Precisamente. -
Gigino osservò bene la direzione; quindi esclamò:
- Cinipe mio, quanto ti sono grato! Ora me ne vado..., ma ci rivedremo, sai? -
E abbracciatolo, si accomiatò dal suo amico, rifacendo lentamente la via già percorsa sulla quercia.
- Lentamente? - diranno subito i miei piccoli lettori. - Come! Aveva tanta bramosia di ritornare a casa e camminava adagio? -
Proprio così, - rispondo io. - Egli camminava adagio, appunto perché aveva fretta. Certi ragazzi, vedete, sono pieni di buona volontà, e appena qualcuno, per esempio, chiede loro il piacere d'andare in qualche posto, pigliano la corsa gridando: "Ci vado subito." Solamente, quando sono arrivati a metà strada, bisogna che tornino indietro perché, nell'entusiasmo di scappar via, si son dimenticati di farsi dire in quale posto dovevano andare.
La troppa fretta, persuadetevene, è fatta apposta per arrivare tardi.
E Gigino, che come bambino aveva fatto sempre le cose in furia, e con la testa per aria, ora, come formica, aveva acquistato quella moderazione che permette di far presto e bene e, invece di scendere giù per la quercia a precipizio, fece la strada piano piano, voltandosi indietro spesso, studiando ogni passo, calcolando il cammino fatto e da farsi con una sottigliezza e una precisione che conoscono solo gli esseri piccolissimi. Così, quando toccò terra, egli si trovò con la testa rivolta precisamente verso lo stesso punto ov'era rivolta la foglia, dalla quale era partito, e non ebbe che a proseguire il viaggio sempre in avanti, per seguire la direzione indicatagli dal Cinipe.
Con tutto questo, pur riconoscendo il senso maraviglioso della direzione che permette agli insetti di tener conto di minimi indizi e di impercettibili segni di riconoscimento, quando Gigino fu in terra sentì un certo rammarico di avere speso tanto tempo nella discesa, ed esclamò:
- Che peccato che gli insetti non abbiano l'uso di porre i nomi alle strade! -
E, mettendosi in cammino, spinto da una certa idea vaga di incivilire il mondo degli insetti, e da quella molto migliore e più positiva che lo guidava in quel viaggio, aggiunse:
- Questa strada, intanto, la chiameremo: "Via Della Mamma". -
Il sole era al tramonto e, mentre egli camminava, vedeva intorno a sé un grande movimento d'insetti d'ogni specie, i quali si affrettavano alle loro case
- Anche io - pensava Gigino - vo verso la casa mia. -
E questo pensiero, che racchiudeva tanti ricordi e tante speranze, lo rianimava, gli faceva sembrare il viaggio meno pericoloso e meno incerto, gli faceva sentir meno la stanchezza.... e anche l'appetito.
A un tratto fu distolto dalle sue riflessioni dal vicino rumore di una lotta; una lotta terribile, mortale a giudicare dai lamenti soffocati e dalle rauche minacce che udiva.
Si volse: una vespa dello stesso genere dell'Amofila Sabulosa (Gigino oramai con gli insetti ci aveva preso un po' di pratica) teneva confitto in terra sotto di sé un povero grillo, il quale si dibatteva stridendo a più non posso.
Già la vespa stava per immergergli nel torace il suo tremendo pungiglione, quando a un tratto si arrestò, udendo una voce che gridava:
- Fermati!... -
La voce era di Gigino, e fu provvidenziale per il grillo, perché mentre la sua assalitrice rallentava sorpresa le sue zampe, esso riuscì a sgusciarle di sotto, e con quattro salti raggiunse il suo buco.
La vespa, su tutte le furie, piombò su Gigino; ma le accadde precisamente quel che era accaduto già all'Amofila: il suo pungiglione strisciò sul seme di canapa, e Gigino le disse ridendo:
- Cara signora vespa assassina, per questa volta abbiamo fatto fiasco!
- Ma tu - rispose l'altra - perché t'impicci nei fatti miei? Ho tre grilli in casa e me ne mancava uno: l'avevo preso, e tu me l'hai fatto scappare.
- O non ti bastano tre?
- Niente affatto: per le mie uova ce ne vogliono quattro; se no, le larve poi non trovano abbastanza da mangiare. Ora, per causa tua, dovrò ricominciare la caccia.
- Che vuoi? Quel povero grillo mi ha fatto compassione. Del resto, con quella po' po' di forza che ti ritrovi addosso, non ti mancherà occasione di agguantarne altri. Addio, cara, e scusami tanto. -
Gigino riprese il suo cammino, di cui durante la scena, non aveva per un sol momento abbandonata la direzione, e mormorò fra sé:
- Se non c'ero io, il grillo a quest'ora era bell'e servito. Queste vespe assassine, bisogna convenirne, hanno una forza indiavolata. A vederle non si direbbe! Ma già: chi avrebbe creduto il mio amico Cinipe, così piccino, capace di bucare una pallottola così dura? -
Gigino camminava, camminava senza mai stancarsi, tanto era in lui forte il desiderio di giungere alla mèta; ma la "Via Della Mamma" era lunga.
A un certo punto si avvide di un altro insetto che faceva strada con lui, ma in un modo molto più comodo e più rapido: era un insetto elegantissimo, col corpo lungo e sottile di un color bigioscuro, vagamente macchiettato di giallo al torace e alla testa, e con quattro belle ali leggerissime, a punta, con le quali volava da un albero all'altro, come se cercasse qualche cosa che non riusciva a trovare.
- Ah cara libellula mia, - disse Gigino alzando la testa - quanto pagherei, in questo momento, per avere un paio d'ali come le tue! -
L'insetto alato lo guardò coi suoi occhi sporgenti, e fece una risatina esclamando:
- Io non sono una libellula!
- E chi sei dunque? - domandò Gigino, fermandosi.
- Io? Sono un essere che ha molti rapporti coi tuoi parenti.
- Meno male! Sicché possiamo trattarci come vecchie conoscenze.
- Proprio così, - rispose l'insetto con accento un po' ironico, andando a posarsi sopra un fil d'erba, e guardandosi intorno come per studiar bene la posizione dove si trovava.
Gigino si avvicinò, ed era per fare altre domande, quando si accòrse che il suo interlocutore, tenendosi afferrato fortemente con le gambe al fil d'erba, col corpo sottile inarcato, alzava e abbassava le ali a più riprese, tremando tutto dal capo alla punta dell'addome.
- Che soffra di convulsioni? - pensò Ciondolino, considerando con sorpresa tutti quegli stiramenti.
E soggiunse subito fra sé:
- Se è così, mi dispiace per lui, tanto più che in questa strada non c'è nessuna farmacia dove andare a prendere un po' d'aceto aromatico. -
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