Vamba
Ciondolino
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SECONDO VOLUME

XXIX. Nel quale si vede quanto sia difficile entrare in casa sua senza aver la chiave della porta.

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XXIX. Nel quale si vede quanto sia difficile entrare in casa sua senza aver la chiave della porta.

 

- Ah Finalmente, - mormorò l'ex imperatore Ciondolino primo, commosso; - ora posso dire di essere in casa mia. -

Ma, oramai ve ne sarete accorti, il nostro amico aveva il difetto di considerar sempre troppo facile l'esecuzione dei suoi disegni; e anche questa volta non tardò ad avvedersi che l'entrar in casa, benché egli fosse un bambino ridotto in minime proporzioni, non era una cosa da pigliarsi alla leggiera.

Si comincia a dire che la porta combaciava così bene nelle soglie che, per quanto cercasse, non gli fu possibile di trovare uno spiraglio da nessuna parte.

Tentò di passare per il buco della serratura; ma anche fece fiasco perché, di dentro, il buco era coperto da una difesa d'ottone, ed egli, dopo aver girato attraverso tutti i congegni della toppa, dovette tornare indietro.

Gli venne l'idea di rimontar sulla facciata per vedere se dalle finestre era possibile entrare.

- Ma saranno chiuse ermeticamente anche quelle, - pensò - poiché a questora, certo, in casa mia son tutti a dormire. -

Gigino si aggirava sconsolato lungo la porta, ed egli che aveva sognato tanta grandezza, desiderava per la prima volta essere anche più piccino di quel che era, quando al lume vide dinanzi a sé un piccolo foro come quello di un tarlo, praticato nel legno.

- Vediamo - disse - se riuscissi per questa strada a entrare in casa mia. -

E siccome il buco era troppo stretto, ne allargò l'orlo rosicchiando il legno con le mandibole, e passò.

Via via che andava avanti, la strada diveniva sempre più larga e più comoda; era una buia galleria tortuosa, che ora saliva ora discendeva, tutta ingombra di segatura prodotta evidentemente dal misterioso abitatore di quei luoghi.

- Chi sa - pensava Gigino - chi è quell'originale che si diverte a rosicchiare tutta la porta della mia villa! -

e seguitava a andare avanti, e sempre tastando prudentemente la strada con le antenne, per evitare qualche sorpresa.

Dopo aver camminato così un bel pezzo, si fermò: c'era dinanzi a lui qualche cosa che ingombrava la strada, qualche cosa di floscio, di morbido.

Contemporaneamente, nell'oscurità della galleria, si udì una voce che diceva:

- Ohe! chi è che mi gratta di dietro? -

In quel momento Gigino, pare impossibile!, fece una saggia riflessione.

- Questo signore - disse fra sé - di dietro è morbido, ma la testa deve averla dimolto dura, altrimenti non roderebbe a questo modo gli usci delle case. Sicché è meglio fare tra noi i patti, prima che egli possa rivoltarsi. -

E afferrato tra le quattro zampe che gli erano rimaste quel corpo debole e molle, gli dètte una leggiera strizzatina con le mandibole, dicendo:

- Domando tante scuse se la incomodo.

- Ohi! ma così tu mi ammazzi!

- Potrebbe anche darsi; ma creda... in ogni caso me ne dispiacerebbe.

- Lascia almeno che mi rivolti.

- Ma le pare! Noi possiamo barattar quattro parole così, senza che lei si disturbi. La prego: faccia conto di essere in casa sua.

- Ma insomma chi sei? Che cosa vuoi?

- Ecco, caro signore. Io sono un modesto formicolino piccino piccino; ma come lei sente, se voglio, sono in grado, con un morso, di dividerla in due parti uguali.

- Per carità!...

- Niente paura! Quello che desidero prima di tutto dalla signoria sua è di saper questo: se io la lascio, posso sperare che lei non adoperi contro di me le sue armi, per le quali le fo le più sincere congratulazioni?

- Te lo prometto.

- Parola d'insetto onesto?

- Te lo giuro per l'ordine degli Imenotteri, al quale appartengo.

- Ah sì? - esclamò Gigino sorpreso - Allora, siccome ci appartengo anche io, possiamo trattarci in confidenza. -

Lo strano personaggio trovatosi libero, si rigirò su sé stesso, e Gigino al posto di quel corpo morbido sentì dinanzi a sé una testa robustissima, armata di un formidabile punteruolo.

- Ora, vedi, - disse il proprietario di quella testa - potrei stritolarti: ma ho dato la mia parola; e poi sono in un momento molto importante della mia vita, e non voglio mancare al giuramento.

- Questa è un'idea eccellente.

- Spiegami dunque come mai sei capitato qui in casa mia.

- Eh! son penetrato, diciamo pure, in casa tua, per potere entrare in casa mia. In una parola, vorrei passare dall'altra parte.

- Per ora è impossibile. La galleria finisce qui.

- O non potresti, tu che sei tanto bravo, sfondare la porta addirittura?

- Dovrò farlo e presto, poiché si avvicina per me un momento solenne. Ah! speriamo che tutto vada bene. -

Queste parole misteriose pronunziate da quello strano personaggio in quella oscura galleria, sorpresero Gigino e gli misero in corpo una grande curiosità. Onde non potendone più, domandò:

- Mi fai il piacere di dirmi una buon volta con chi ho a che fare in questo momento, e di spiegarmi tutti questi rebus che vai almanaccando da che ho avuto l'onore di far la tua conoscenza? -

L'altro stette zitto per un momento; poi incominciò con una certa solennità:

- Io sono un Sirice Giovenco, e per quell'istinto che abbiamo tutti noi insetti, sento che si approssima l'ora della mia grande trasformazione; sento che fra breve io mi sarò mutato in un bell'insetto grande, forte destinato a volare per l'aria. È più di un anno, sai, che io vivo qui dentro. Mia madre depose il suo uovo in questo legno (noi amiamo specialmente di abitare nell'abete) e io, povera larva, appena nata ho incominciato a scavare, a scavare, sempre allargando la mia galleria via via che crescevo. Ora, dopo tanto lavoro sono finalmente nel punto di goderne il frutto. Fra breve mi addormenterò, mi cambierò in crisalide, e da quella uscirò completamente trasformata. Ma per uscire all'aria, bisogna, come capirai, che sfondi e mi apra un passaggio, poiché non posso tornare indietro per il motivo che la galleria fatta quando ero piccola, ora che sono ingrossata sarebbe troppo stretta per me. Tu vedi, dunque, che avevo ragione a dire che mi trovo nel momento più importante della mia vita. -

Gigino non poteva nascondere un vivo sentimento di ammirazione per quel formidabile minatore; ma volendo darsi una cert'aria d'insetto che ha viaggiato, soggiunse:

- Però ti avverto che ho visto dei roditori anche più forti di te. Anzi, io ho un segretario particolare, un certo Cinipe, che buca certe pallottole nelle foglie di quercia più dure d'un nocciolo di susina. -

La larva del Sirice Giovenco fece una risatina, e voltatasi dall'altra parte ricominciò a rosicchiare.

Il legno, sgretolato dalla potente arma dell'insetto, ricadeva intorno in una pioggia di segatura e la galleria si allargava e si allungava rapidamente.

A un certo punto il Sirice sospese il lavoro, e a Gigino parve di sentirlo borbottare:

- Ah! sarebbe un'infamia! -

Poi la larva ricominciò a rosicchiare con più furore di prima, finché a un tratto un grido echeggiò nella galleria:

- Povera me! -

Gigino si fece avanti.

Il povero Sirice era affranto dinanzi al limite della galleria, e mormorava parole incomprensibili.

- Ma che è successo, si può sapere? -

L'altro accennò con la testa davanti a sé, mormorando:

- È successo che non c'è soltanto il legno da rodere... -

Gigino tastò la parete che chiudeva la galleria e non poté trattenere un grido disperato:

- Ah! la serratura della porta! -

 

 

 


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