IntraText Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText | Cerca |
XXX. L'imperatore Ciondolino preso per una pulce.
Proprio così: quella povera larva aveva lavorato per più d'un anno col fine di aprirsi un passaggio per il momento in cui si sarebbe trasformata in un bel Sirice alato, ed ecco che, sul più bello, era andata a inciampare precisamente in una lastra di ferro.
- E ora? - disse Gigino con ansia.
Il Sirice si scosse, e ripigliando a un tratto tutta la sua energia, esclamò con forza:
- Orsù: bisogna rimettersi al lavoro, molto più che sento di non aver tempo da perdere.
- Indietro? Ma che! io sfonderò la lastra di ferro. -
Gigino lo guardò stupefatto.
E la sua maraviglia raddoppiò addirittura, appena sentì un acuto stridore come di una lima menata con movimento rapido e uguale sopra un metallo.
La larva rodeva il ferro davvero, ciò che non avrebbe affatto maravigliato il nostro amico, se egli avesse saputo che riputati naturalisti avevano osservato delle piastre di piombo di tre centimetri e perfino delle cartucce di guerra forate dal formidabile insetto.
Ma la lastra di ferro della serratura che rodeva il nostro Sirice Giovenco era assai più sottile d'una palla di schioppo, ed egli, dopo un lavoro costante, quasi disperato, riuscì finalmente a forarla.
- Altro che il mio amico Cinipe! Altro che pallottole di legno! - esclamò Gigino pieno di ammirazione. - Tu, caro mio, puoi far benissimo alle zuccate coi muriccioli senza paura di romperti la testa!
- Eh! - replicò il Sirice - capirai che per me si tratta di vita o di morte..., e morire qui al buio proprio nel momento in cui sto per alzarmi libero nell'aria, era una cosa che non m'andava giù.
- Sicché ora tu stai per cambiar forma.
- Sì: e ho bisogno di quiete, perché fra un momento io sarò crisalide, e dal guscio uscirò poi completamente trasformato. Ma tu non volevi passare? Eccoti la strada.
- Grazie! - esclamò Gigino - grazie dal profondo dell'anima, e se posso esserti utile in qualche cosa...
- Per ora non ho bisogno che di riposo. Passa. -
Gigino passò per il foro fatto nella serratura, e dalla parte interna della porta scese nella stanza d'ingresso della villa.
Appena il nostro amico ebbe posto piede in terra, si mise a ballare dalla contentezza esclamando:
- Ah! eccomi in casa mia! Eccomi qui, vicino alla mia cara mamma. -
E nel desiderio vivissimo di rivederla si mise a brancolare nel buio, in cerca della porta d'uscita; ma a un tratto si fermò a causa di un ostacolo imprevisto, che s'era frapposo al suo cammino.
Si trattava di una buccia di fico lasciata lì probabilmente da uno dei figliuoli del contadino. E, bisogna confessarlo, se le gambe di Gigino avrebbero con molta facilità superato quell'ostacolo, non così si poteva dire del suo stomaco, nel quale erano ricominciate le accordature di contrabbasso, interrotte la mattina mediante la colazione largita dai Bombi.
Il nostro eroe, senza tanti complimenti, si mise, dirò così, a tavola, e tra un boccone e l'altro, ridestando i suoi vecchi ricordi, mormorava con voluttà:
- Eh sì: i fichi dottati nella mia villa sono sempre stati una delizia. Ma per capire quanto sieno gustose anche le bucce, bisognava che diventassi una formicola! -
E Gigino seguitò a gustarle per un pezzo; ma d'altra parte non mangiava dalla mattina e, dopo aver resistito alle tentazioni dell'uva salamanna, era giusto che ora si saziasse con tutto il suo comodo.
Anzi: siccome oramai non temeva più di perdere l'indirizzo di casa, risolvette di passare tutta la notte su quella buccia di fico, aspettando a entrare nelle altre stanze che facesse giorno.
Finalmente un debole raggio di luce passò per lo spiraglio della finestra, ed egli stava per abbandonare i resti della lauta colazione, quando udì un rumore di passi.
Era Lisa, la cameriera, che veniva, come soleva ogni mattina, ad aprir le finestre.
Nel tempo stesso, Gigino udì un altro rumore strano, seguìto immediatamente da un grido di spavento.
È presto detto: da un buco praticato nella serratura della porta era entrato improvvisamente nella stanza uno splendido insetto alato, grosso, tutto color dell'acciaio, con due bellissime antenne dritte in avanti e con un magnifico corpo tutto lucente.
La Lisa, che a quell'apparizione inaspettata aveva lanciato un urlo di spavento, afferrato un cencio che trovavasi sopra una sedia s'era data a una caccia disperata contro l'invasore, che tentava invano di trovare una via di scampo.
Gigino, che aveva subito riconosciuto il Sirice Giovenco, lo udì esclamare affannosamente:
- Formica mia, se sei qui dentro e mi senti, aiutami! -
L'amico non volle udir altro: egli, preso il momento opportuno, si accostò a un piede della cameriera, si arrampicò sulla scarpa, e arrivato al punto dove questa terminava, aprì le mandibole e strinse con quanta forza aveva, proprio nel momento in cui la Lisa aveva afferrato col cencio il povero insetto.
La cameriera dètte un secondo grido e lasciò andare il cencio, mentre il Sirice, liberatosi dalla stretta, si dirigeva verso la finestra aperta dicendo:
- Formica, amica mia, ti riconosco all'opera..., e grazie tante! -
Intanto, mentre Gigino che s'era subito lasciato andar giù in terra, si allontanava lesto lesto, la cameriera si grattava furiosamente in fondo alla gamba esclamando: