Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Poema paradisiaco
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1 - HORTUS CONCLUSUS

9 - Nell'estate dei morti

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9 - Nell'estate dei morti

 

Guarda. Non ha la terra una pianura

più dolce. Sotto l'autunnale giorno

come regina sta, porpora e oro,

immemore de l'alta genitura.

Alte le biade, se ricordi, in torno

fluttuavano come un mar sonoro,

avanzando la grande tua figura.

 

Guarda le nubi. Fendono leggère

talune il cielo come le galere

un ellesponto cariche di rose

che si riversan pe' ricurvi fianchi;

vanno talune come gloriose

quadrighe tratte da cavalli bianchi;

figurando la forza ed il piacere.

 

Dense come tangibili velarii

scorrono il piano le lunghe ombre loro.

Entro splendonvi or sì or no le vigne

pampinee, le pergole, i pomarii,

e le foreste da la chioma insigne,

e tutte quelle sparse cose d'oro,

come entro laghi azzurri e solitarii.

 

Guarda. Ti la terra tutti i suoi

pensieri. Lèggi. Mai per le sue forme

visibili ella espresse più profondi

pensieri. (Io ben li leggo ora, da poi

che tu nel giorno più non mi nascondi

il sole.) Guarda come ella s'addorme

ne' suoi pensieri. - Che faremo noi?

 

Oggi, per far più cupo il tuo pallore,

per far più triste l'anima dolente,

evocherò, come più tristamente

non volli mai - con una melodia

infinita, continua, che sia

senza numero quasi -, un grande amore

passato, un grande lontano dolore.

 

Tendevi, ne la luce ultima, ieri

verso i tuoi fulvi alberi ancor vocali,

tendevi tu l'orecchio, - ti ricordi? -

proclive, come un musico che accordi

una lira; ed a te l'ombre dei neri

capelli in fronte battevan come ali.

E parevi diffusa in quei misteri.

 

Or tu m'odi ne l'atto che mi piacque,

t'inclina al verso come a quel susurro

di morienti nel letale occaso.

Rimanesti in ascolto quando tacque,

immota; e l'ora ti coprì d'azzurro

e di silenzio pia. Sole, nel vaso

marmoreo, per te piansero l'acque.

 

Piansero quelle ch'eran sì canore!

Scendea l'azzurro col silenzio e il gelo

notturno, senza fine; senza fine

gli astri sgorgavan come adamantine

lacrime dal profondo cielo; e il cielo

era lontano come un grande amore

passato, un grande lontano dolore.

 

Odimi, reclinata verso il suono.

L'anima imperiosa, dal suo trono

piegando verso me che parlo, m'oda.

La farò triste come non fu mai.

Sol una volta almen tu piangerai,

tu che non ridi al verso che ti loda

e scuoti il capo quando io t'incorono.

 



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