Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Poema paradisiaco
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2 - HORTUS LARVARUM

2 - Climene

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2 - Climene

 

Nel giardino, che al tempo dei granduchi

moderavan le stridule cesoie,

ora non altro per le lunghe noie

del giorno s'ode che il ronzar dei fuchi.

 

Tacciono le fontane un tempo vive,

che ridean tutte vive di zampilli.

Non altro s'ode che il cantar dei grilli

eguale e roco, ne le sere estive.

 

Chiudon la tromba del Tritone arguto

i licheni ed i muschi verdegialli.

Nettuno, senza braccia, i suoi cavalli

marini guarda ne la vasca muto.

 

Grandi urne vuote lungo i balaustri

s'alternan con le statue corrose:

urne d'antica forma, ove le rose

fiorivan per virtù di mani industri.

 

Luce ne l'ombra dei viali il busso

da la foglia polita. Ai luccicori

vaghi sogna quell'erma che gli amori

antichi vide ne l'antico lusso.

 

Ma è l'erma quella che ne l'ombra verde

biancheggia? S'ode un passo nel viale.

Il silenzio è profondo, sepolcrale.

Non il più lieve strepito si perde.

 

Qual creatura visita il deserto

luogo sola? Da qual sepolcro escita?

Da quale esilio torna a questa vita

la donna che ha sì lieve passo incerto?

 

Viene ella in una lunga veste bianca

di raso, a mille righe violette,

d'antica foggia. Il feltro ampio le mette

un'ombra su la faccia un poco stanca.

 

Chiari come i topazi e lunghi, gli occhi,

come le mandorle: umidi ma d'una

lacrima che non sgorga. Non la luna

è così dolce, se un vapor la tocchi.

 

Ondeggiano sul feltro i nastri ad ogni

passo, e la cipria vola da la nuca

bionda. Ella viene. Par che la conduca

un ricordo nei luoghi, e par che sogni.

 

Mormora a quando a quando un nome: «Alceste».

Si sofferma talvolta, e poi sorride

vagamente. Una foglia secca stride

sul suolo presa all'orlo de la veste.

 

Mormora: «Non fu ieri? Non fu ieri?

Le rose avean l'odor de le mie chiome

per lui. Dov'è? Dov'è, dunque? Il mio nome

era Climene; Alceste il suo. Fu ieri».

 

 


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