Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Poema paradisiaco
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3 - HORTULUS ANIMAE

12 - O rus!

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12 - O rus!

 

Sotto il ciel iacintino i paschi irrigui

che il sol traversa di sue lunghe bande

mentre ai limiti cerula si spande

l'ombra che tiene i gran boschi contigui;

 

e i latifondi ove la zolla grassa

riluce a specchio sotto la tagliente

vanga o rosseggia franta dal bidente

seguace dietro il vomere che passa;

 

e i frutteti ove tarda maturando

la sorba s'empie d'un pastoso miele

e rubiconde piombano le mele

giù dal ramo gravato, a quando a quando;

 

e i casolari sparsi, i bianchi fumi

sparsi - dentro, la pentola che bolle:

canta la nuora su le sue cipolle

e la suocera sceglie i suoi legumi - ;

 

e le vie chiare andanti tra due fossi

ove a la luna gracidò la rana

estiva ed or la pigra acqua piovana

rispecchia i salci in fila e gialli e rossi;

 

e la ripa di pioppi mormorante

ove fischia col merlo a la prim'alba

il fanciul che v'abbevera la falba

e bianca maculata ruminante;

 

e la montagna al fondo, nel cui grembo,

come il bracco se torna da la caccia

stanco, il nugolo bigio s'accovaccia

cheto aspettando il sibilo del nembo;

 

e l'aria che s'indora e si colora,

fumigando le glebe umide sotto

la forza; e l'aria sana che del ghiotto

fungo e del timo e del ginepro odora;

 

o antico Autunno, in qual mai tempo e dove

m'erano queste cose godimento

sommo? in qual tempo, dove, se a me intento

queste cose oggi paiononuove?

 

Non cerca oggi il mio spirito l'occulto

simbolo al suo dolor laborioso,

ma attonito si placa in un riposo

profondo, quasi in un divino indulto.

 

Datemi i frutti succulenti, i buoni

frutti de la mia terra, ch'io li morda.

Ah forsennato chi non si ricorda

di te, Madre, e de' tuoi semplici doni!

 

Datemi il fresco latte, ch'io lo beva

a larghi sorsi. Per le vene irriguo

mi scenda come allor che ne l'esiguo

petto al roseo pargolo scendeva

 

da l'adusta nutrice; ed io ne senta

fluire tutta in sino al cor profonda

la freschezza aromale. Qual più abonda,

il timo in questi pascoli o la menta?

 

Non tanto a la stagion del miele odora

forse ne l'arnia il favo quanto, appena

munto, il latte che schiuma ne la piena

tazza dove la bocca lo disfiora.

 

Scroscia il getto vivace da la gonfia

mamma premuta con vigore esperto.

S'arresta come attonita e con erto

il collo occhieggia la gallina tronfia

 

che razzolava nel recente fimo.

Placida la mammifera premuta

volge le froge a quando a quando; e fiuta

sentendo la sua menta ed il suo timo.

 

 


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