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Cìpride, Meleagro di Gàdara cinto di croco,
cinto di violette o di marino giunco,
l’ultimo de le Grazie figliuolo che diede a gli amori
versi tenui come tenui vesti coe,
ti consacrò nel tempio un giorno la sua dolce lampa,
confidente de’ giochi suoi, de gli amori suoi,
testimone di sue segrete vigilie allor quando
ei disciogliea la molle chioma d’Eliodora.
Io su l’altare tuo non, come il Siriaco, una dolce
lampa depongo in vóto, memore di piaceri;
ma una ben triste lampa infrango oggi alfine non senza
ira, o Cìpride: quella che illuminò la mia
pallida fronte china su pallidi libri, per lungo
ordine di notti, mentre la Terra e il Mare
esalavano ai cieli la lor voluttà infinita,
pieni di te, o grande Cìpride, o Anadiomene!
Quella oggi alfine con ambe le mani t’infrango
io su l’altare, o grande Cìpride, o Anadiomene.
L’igneo tuo spirto accenda il giovine sangue; risplenda
su l’ardua fronte, unica lampa, il Sole.