Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Canto novo
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Canto novo

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Cìpride, Meleagro di Gàdara cinto di croco,

cinto di violette o di marino giunco,

l’ultimo de le Grazie figliuolo che diede a gli amori

versi tenui come tenui vesti coe,

ti consacrò nel tempio un giorno la sua dolce lampa,

confidente de’ giochi suoi, de gli amori suoi,

testimone di sue segrete vigilie allor quando

ei disciogliea la molle chioma d’Eliodora.

Io su l’altare tuo non, come il Siriaco, una dolce

lampa depongo in vóto, memore di piaceri;

ma una ben triste lampa infrango oggi alfine non senza

ira, o Cìpride: quella che illuminò la mia

pallida fronte china su pallidi libri, per lungo

ordine di notti, mentre la Terra e il Mare

esalavano ai cieli la lor voluttà infinita,

pieni di te, o grande Cìpride, o Anadiomene!

Quella oggi alfine con ambe le mani t’infrango

io su l’altare, o grande Cìpride, o Anadiomene.

L’igneo tuo spirto accenda il giovine sangue; risplenda

su l’ardua fronte, unica lampa, il Sole.



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