Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Poema paradisiaco
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3 - HORTULUS ANIMAE

15 - L'incurabile

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15 - L'incurabile

 

Bianco è il letto, che fu già nuziale,

ove giace l'infermo sopra un fianco.

Ed il volto di lui non è men bianco,

forse; che si profonda nel guanciale,

appesantito d'un peso mortale.

E non mai volto d'uomo fu più stanco.

 

Un braccio fuori del lenzuolo posa:

ed è immobile. Ed è prona la mano.

Come tutta si svela in quella mano

l'inesprimibile anima affannosa!

Non è forse nel mondo alcuna cosa

più triste. È tutto il dolore umano.

 

Anche un libro, da presso, è sul lenzuolo:

chiuso: che forse non riapriranno

quelle dita però che a quell'affanno

non v'è conforto, o v'è un conforto solo.

Ed una suora, muta nel soggolo,

è a piè del letto. E l'ore lente vanno.

 

A piè del letto vedovo la mite

donna sceglie legumi, paziente.

Ella non soffre. Continuamente

quante d'innanzi a lei passano vite!

Ella muove le labbra scolorite

ne la preghiera continuamente.

 

Silenzio. La finestra è aperta un poco

sopra l'orto. Silenzio. Entra talora

un soffio subitaneo che sfiora

il letto. Un suono di campane fioco

giunge. Silenzio immenso. A poco a poco

il cielo, ch'era argenteo, s'indora.

 

Bianco è il letto, che fu già nuziale,

ove giace l'infermo sopra un fianco.

Ed il volto di lui non è men bianco,

forse; che si profonda nel guanciale,

appesantito d'un peso mortale.

E non mai volto d'uomo fu più stanco.

 

Ma perché quest'immagine t'assale,

Anima? Che tristezza oggi t'assale?

 

 


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