Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Poema paradisiaco
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3 - HORTULUS ANIMAE

17 - Suspiria de profundis

I.

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17 - Suspiria de profundis

 

I.

 

Chi finalmente a l'origliere il sonno

può ricondurmi? Chi mi riposo?

Voi, care mani, voi che ne la morte

mi chiuderete gli occhi senza luce

(io non vedrò quel gesto ultimo, o Dio!),

voi non potete, voi, farmi dormire?

 

Oh dolce, ne la notte alta, dormire!

Oh dolce, nel profondo letto, il sonno!

Che mai feci, che mai feci, mio Dio?

Perché mi neghi tu questo riposo

ch'io ti chieggo? Rinuncio, ecco, a la luce.

Ben, io sia cieco. Io m'offro, ecco, a la morte.

 

Venga e mi prenda la gelata morte

ne le sue braccia. Io m'offro a lei. Dormire

ne le sue braccia, non veder più luce,

chiuder per sempre gli occhi aridi al sonno!

Ah perché, dunque, tu questo riposo

vorrai negarmi? Che mai feci, o Dio?

 

- In vano, in vano! È il tuo, misero, un dio

terribile. Tu chiami in van la morte.

Tu non morrai; tu non avrai riposo;

tu non potrai, tu non potrai dormire.

È morto il sonno, il lene amico, il sonno!

Tu non morrai. Per te sempre la luce;

 

per te, pur ne le tenebre, la luce;

sempre la luce. E il tuo, misero, un dio

terribile. - Me misero! Né il sonno

mi chiuderà questi occhi, né la morte...

Oh, non è vero. Fatemi dormire,

voi, care mani; datemi il riposo!

 

Pallide mani, datemi il riposo;

premete le mie pàlpebre! La luce

è come un dardo. Oh fatemi dormire,

pallide mani! Alzatevi al mio Dio

congiunte, e voi pregatemi la morte

se troppo è dolce al mio peccato il sonno.

 

Non chiedo il sonno. Io sol chiedo il riposo

de la morte; non più veder la luce

orrida; eternamente, o Dio, dormire.

 


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