Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Poema paradisiaco
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EPILOGO

5 - I poeti

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5 - I poeti

 

Il sogno d'un passato lontano, d'una ignota

stirpe, d'una remota

favola nei Poeti luce. Ai Poeti oscuro

è il sogno del futuro.

Qual contro l'aure avverse una chioma divina,

una fiamma divina,

tal ne la vita splende

l'Anima, si distende,

in dietro effusa pende.

 

Ospiti fummo (O tu che m'ami: ti sovviene?

Era ne le tue vene

il Ritmo), ospiti fummo in imperi di gloria.

Nativa è la memoria

in noi, dei fiori ardenti su dai cavi alabastri

come tangibili astri,

dei misteri veduti,

degli amori goduti,

degli aromi bevuti.

 

In qual sera purpurea chiudemmo gli occhi? Quale

fu ne l'ora mortale

il nostro dio? Da quale portentosa ferita

esalammo la vita?

Forse dopo una strage di eroi? Sotto il profondo

ciel d'un letto profondo?

Le nostre spoglie fiera

custodì la Chimera

ne la purpurea sera.

 

E al risveglio improvviso dal sonno secolare

noi vedemmo raggiare

un altro cielo; udimmo altre voci, altri canti;

udimmo tutti i pianti

umani, tutti i pianti umani che la Terra

nel suo cerchio rinserra.

Udimmo tutti i vani

gemiti e gli urli insani

e le bestemmie immani.

 

Udimmo taciturni la querela confusa.

Ma ne l'anima chiusa

l'antichissimo sogno, che fluttuava ancòra,

ebbe una nuova aurora.

E vivemmo; e ingannammo la vita ricordando

quella morte, cantando

dei misteri veduti,

degli amori goduti,

degli aromi bevuti.

 

Or conviene il silenzio: alto silenzio. Oscuro

è il sogno del futuro.

Nuova morte ci attende. Ma in qual giorno supremo,

o Fato, rivivremo?

Quando i Poeti al mondo canteranno su corde

d'oro l'inno concorde:

- O voi che il sangue opprime,

Uomini, su le cime

splende l'Alba sublime!

 

 

TÊLOS1

 

 





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