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6. Palude
Pigra, limosa, fetente, coperta di dense gramigne,
la vasta palude sogghigna in faccia a ’l sole.
Il sole rifulge cocente tra candide nubi:
sol pochi alberi in cerchio stendono un’ombra ignava.
A stormi innumeri su’ turpi carcami marciti
con larghe ruote calan gracchiando i corvi:
il bufalo guata muggendo a’ rossicci orizzonti:
ne ’l volo audace toccan le nubi i falchi.
Unica dea, la Febbre, su l’ali giallastre gravando,
va lenta lenta giù pe’ lugubri piani.
Su da le livide acque per entro a le fosse ed a’ solchi
pregno di veleno sale un vapore e fuma,
fuma e s’annida ne’ bronchi, s’infiltra ne ’l sangue,
il cerebro schiaccia, mette ne l’ossa il gelo.
I mietitori curvi su la mortifera terra,
falcian le pingui messi, stringon le grosse biche.
Con strazî orrendi la fame, la fame li sprona
a l’aere maligno, a le fatiche dure…
Lasciano i vecchi adusti, le madri cadenti, le mogli,
i bimbi che piangono tra le carezze e i baci:
lascian le tenui case lassù fra le libere balze,
u’ co’ selvaggi fiori la primavera ride:
lascian la lieta vista de ’l cerulo mare tra’ pini
ne l’albe fredde, ne li occasi rutili;
e traggono, e traggono qui co’ la falce e co ’l ronco
a mille a mille per guadagnarsi un pane!…
Quivi non dolce canto di lieto augello a ’l tramonto
rompe ’l silenzio lungo, rallegra i mesti cuori:
i patrii stornelli non balzano quivi da ’l petto
con i giocondi suoni d’amore e di speranza,
e se una giovin voce lontana solleva una nota
che rimembri le gioie presso a ’l materno lare,
in quella nota stanca tu senti tremare il disìo
d’una soave speme che a poco a poco muore.
Qui tra l’erbaccia densa, tra i pallidi fiori, su l’acque
le serpi strisciano, s’attorcon sibilando;
e, maligno qual serpe, da’ petti immiti trabocca
l’odio gigante: le bestemmie scoppiano,
mentre l’augure vento tra l’arse alberelle e le spiche,
— Surgete, o genti! — sembra talor che frema.