Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Primo vere
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10. Febbre

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10. Febbre

A Mario Foresi.

Arde fioca la lampada oscillante

d’una luce rossastra, e a le pareti

sbatte in balli fantastici uno strano

popolo d’ombre; l’orologio segue

la ridda paurosa col tic-tac

monotono; uno scarno crocifisso

ritto d’avanti come una minaccia

par che mi guardi; ne la strada a tratti

passano i carri rumorosi, e via

co’ gli urli rochi e le bestemmie oscene

si dileguano lunge: è l’ultima orgia

di Carneval.

La febbre mi riarde

il sangue orribilmente: qui ne’ polsi

e ne le tempia un martellìo continuo

che mi risuona in eco dolorosa

in fondo a ’l cuore; par che ne le vene

mi scorra piombo ardente; par che il cranio

mi scoppî ad ora ad ora; par che il petto

mi morda un serpe feroce; qui in gola

il singhiozzo… il singhio…

Maledizione!

perché mi guardi, o crocifisso atroce,

con codesti occhi d’inferno?… Io non voglio,

io non voglio vederti! Non mi tendere

le braccia scarne, non ghignar così…

Io non voglio, perdio!… Che? tu sconficchi

i chiodi che ti avvincono a la croce,

tu scendi minaccioso, tu…

Chi suona?

Oh le divine note di Gounod!

Come ti volan le manine candide

su li avorî sonanti, o Lilia bionda,

e da le labbra armoniche fluisce

la dolce melodia di Margherita!…

Ne ’l sen riarso mi scende il tuo canto

come l’ambrosia de gl’Iddii d’Omero,

o sirena gentile! Vieni, vieni,

e porgimi le labbra: io voglio perdermi

in sogni azzurri e d’oro su ’l tuo florido

petto e fra i tuoi capelli; io voglio suggerti

il fiore de la bocca, e poi trasfondermi

in un raggio di stella, o in un effluvio

di rosa e di viola!… Vien… Chi ride

qui? Perché tu mi rompi le parole

su ’l labbro, o Mefistofele, col ghigno

agghiacciatore? Io non voglio seguirti;

io non son Fausto, m’intendi?…

E chi sono?

Per Venere Ericinia, mia patrona,

declinate le fronti fino a terra:

io sono il divo Imperatore! Olà

mi s’apprestino i bagni profumati

co’ l’essenze di Siria: questo reo

sole di luglio mi brucia le vene.

Dopo i bagni il triclinio: le fanciulle

jonie cantino un inno di Bacchilide

alternando le danze; a prona mano

si riversi il Falerno di cent’anni

ne le capaci amìstidi; né manchi

la rosa e l’apio verde a ’l gran convito!…

Convito?… Ah sì, il festevole convito

de’ vermi…

Ma perché questa grigiastra

compagnia di monatti?… C’è la peste

qui?…

Com’è giallo il tuo viso, o Cecilia:

come son scarne le gote!… Stasera

verrà la mamma a sognare con te

giù sotto la terra grassa, e i vostri

gentili sogni fioriranno ognora

in gigli e in ciclamini… Voglio anch’io

venire a ’l fresco giù; qui si soff…

Silenzio!… Viene il principe danese

avvolto in nero drappo: ei porta in mano

il teschio di Yorik e sorride. È amaro

il suo riso, o Cecilia…

Words, words, words!

Sentite? non ci sono né veristi

idealisti; ci sono…

Parlate

piano, per carità! Ne l’altra stanza

c’è la mamma che dorme. Ella non vuole

ch’io venga a ’l ballo, e se si sveglia…

Dio!

quante lumiere e quanti fiori! come

splendono i palchi aurati di bellezze

superbe! che bizzarra compagnia

di maschere! che festa di colori!

Oh! il delizioso valtzer de lo Strauss,

il Sangue Viennese… Dammi, Lilia,

la mano; slan…

Chi spegne dunque i lumi?

Dio! che rapida ridda di fantasmi!

Che musica infernale!… Mamma, mamma,

ove sei tu?… Non mi lasciar qui solo:

ho paura: le streghe mi circondano…

mi strangolano… muoio!… Aiuto! Aiuto!



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