Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Primo vere
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Libro secondo

17. Fantasia pagana

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17. Fantasia pagana

Ad A… P…

Via per il piano rïondeggiavano

le messi d’oro con ampio fremito

di baci; su i verdi esultava

una ebrezza fiammante di sole.

Su su da’ prati, da gli orti effluvii

saliano a nembi ne ’l torridaere;

passavano a stormi gli augelli

pecobalti de ’l cielo cantando,

e giù da ’l colle scendeano candidi

muggendo i bovi; su pedeclivii

carpivan le greggi lascive

l’acre citiso e il salice amaro.

In groppa a ’l vento venìa da ’l placido

bosco vicino un suon di flauto:

era forse il rustico Pane

modulante ne l’ombra i suoi carmi?

Dicea di Bacco, l’eterno giovine,

e quanto amore d’Arïanna arselo;

di Venere i vezzi dicea

trasvolante via lunge tra i fiori…

E tu, Glicera, col crine d’ebano

donato a l’aura, col seno turgido

ansante tra il facile bisso,

per la sponda de ’l lago fuggivi.

In candor pario nude mostravansi,

a l’agitarti, le forme nitide;

i lombi ricurvi moveansi,

ne la corsa, con onda procace.

Io tra le canne alte inseguìati

e il cor batteami di desiderio;

la febbre de ’l senso pulsava

ne l’arterie più calda de ’l sole.

E alfin ti giunsi!… Con trepida ansia

su le ninfee ti stesi, e un bacio

col labbro convulso t’impressi,

Or sei mia!… — gridando — sei mia!…

Tu fra le strette, come una vipera,

ti contorcevi, mettendo gemiti;

ma quando un’arcana parola

co’ la voce tremante ti dissi,

tu con tal atto d’amore il cerulo

sguardo girasti ver’ me, che parvemi

ne li occhi e ne ’l roseo volto

ti ridesse una luce d’eliso.

Oh allor qual estasi!… Brividi e fremiti

correan le fibre; le carni aveano

scintille; né muscoli tesi

martellava, spossando, il piacere.

E intorno a noi vasta, giallissima

tacea la state; ridevan pronube

le bianche ninfëe. Due folaghe

si levaron dai giunchi auspicando.



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