Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Primo vere
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Libro secondo

20. Rosa

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20. Rosa

Ad Antonino Liberi.

Pallida rosa, che da ’l verde céspite

ridi con disìo placido

a ’l bel vale d’amor de ’l sole occiduo

e gli mandi i tuoi balsami,

senti tu tra le foglie i dolci fremiti

ch’or la natura scuotono?

intendi la canzon che canta Zefiro

tra’ rami di que’ platani?

Ecco, il tuo stelo trema a ’l bacio languido

d’un’amante libellula,

e le viole invidïando guardano

i tuoi divini gaudii:

da l’orïente la stella di Venere

ti vibra il raggio pronubo,

mentre le gaie rondini cinguettano

per te l’epitalamio.

Le petulanti passere rispondono

da le pampinee pergole

con trilli, con garriti di letizia

e piluccando i grappoli.

La cascatella i piccoli echi suscita

per li verdi silenzii,

simile a suon di chitarrino e flauto

in nuzïal corteggio…

Deh, come lieta l’armonia de l’etere

in questa solitudine!

Come son belli questi tuoi connubii,

o cara terra vergine!

Io chiedo un’onda di celesti effluvii

a ’l sacro fior di Venere:

chiedo che un raggio de’ suoi caldi vesperi

doni a’ miei carmi Apolline.



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