Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Primo vere
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Libro terzo

28. Rêverie

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28. Rêverie

giù il tramonto placido

tinge l’aere di tremulo fulgore:

a me i tuoi sguardi ceruli

sogni fulgenti piovono su ’l cuore.

Il bacio ultimo chiedono

le rose a le libellule divine:

io chiedo a te, mia Giulia,

l’ebrezze d’un amplesso senza fine.

Ecco, una schiera celere

di rondini s’insegue e mesce il canto:

volan come le rondini

l’anime nostre in un soave incanto.

Voliam, voliamo, o Giulia,

stretti come colombe innamorate,

voliam pecieli fulgidi

insieme con le nuvole dorate!…

Lunge un’isola vergine

col verde ci sorride e ci desia;

intreccerem l’idillio

avvolti in una eterna melodia;

giù fanciulle candide

da li occhi di gazella e da ’l crin nero

ci addormiran coi flebili

canti di Saffo e co’ gl’inni d’Omero;

ci aspergeran de’ balsami

raccolti ne’ giardini d’Afrodite

e de le perle nivee

strappate a ’l seno azzurro d’Anfitrite…

Voliam… Ma perché un subito

pallore imbianca la tua bella guancia?…

Dio bono! quelle giuggiole

m’hanno fatto venire il mal di pancia. —



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