Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Primo vere
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Studii a guazzo

43. Seyda

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43. Seyda

[FANTASIA ORIENTALE]

A la Baronessa M. de Riseis.

Ridea la luna a ’l susurrante Bosforo,

ai minareti bianchi, ai chioschi d’or;

e la bionda Seyda a le molli aure

fidava le canzoni de ’l suo cor:

*

«Lungi lungi è una valle fiorente

dove cresce la palma e il banan,

dove brillano a ’l sole cocente

l’onde azzurre de ’l mare lontan.

Ivi sorge una rossa casetta,

ed un rivo fluisce a ’l suo piè:

ivi il loto bisbiglia a l’auretta

strane istorie di fate e di re.

La gazella s’arresta ed ascolta

de la selva il leggero stormir;

ne’ silenzii notturni talvolta

s’ode lunge il leone ruggir…

O superba region de l’amore,

o giardino diletto d’Allah,

ha Seyda la morte ne ’l cuore

e più mai rivederti potrà!

Come fiore dal turbo reciso

qui languisce la mia gioventù:

aura molle che baci il mio viso,

deh mi porta su’ vanni giù!…»

*

Tacque la solitaria; e pesilenzii

de la notte d’aprile

fremeva ancor da la mandola tremula

un sospiro gentile.

La padiska città dormìa tra i platani

sì come una regina,

il capo di Fenarchi in fondo ergeasi

con Biùctari azzurrina;

ne li atrii de l’Arèmme mormoravano

sommesse le fontane,

de l’Atar-gul fuggivano per l’aria

via le fragranze arcane;

ed a ’l chiaror le sciable de’ Giannizzeri

splendeano biecamente,

e gli Eunuchi a le porte, come statue,

porgean l’orecchie intente.

*

«Era gentile come fior di maggio,

com’aquila di monte egli era alter;

avea ne li occhi e su la fronte un raggio,

avea la piuma nera su ’l cimier.

E un mi sussurrò: — Seyda bella,

tu non sei nata, non sei nata qui;

la tua pupilla splende come stella…

Ah! tu devi essere una ignota Urì.

I tuoi capelli effusi a’ vènti audaci

son biondi come il gran de’ campi :

su la bocca purpurëa cobaci

ti spunta il fiore de la voluttà.

La mia sciabla lucente ed il mio cuore,

Seyda bionda, tutto io dono a te:

Urì celeste, dammi un po’ d’amore,

fammi morire in estasi a ’l tuo piè!… —

Ed io risposi: — O giovine guerriero,

di’, d’onde vieni con tanta beltà?

Porti un divo splendor ne l’occhio nero…

di’, vieni tu da i Giardini d’Allah?

I tuoi capelli sotto il casco giallo

son come l’ale de ’l corvo real;

quando trascorri su ’l tuo gran cavallo

tu sembri il torvo Elbis immortal.

Il vergin seno, i sogni miei fulgenti,

io tutto tutto, o bel guerrier, ti do:

o bel guerriero, fra gli amplessi ardenti,

fra i lunghi baci, a ’l sol morire io vo’!… —»

*

Così Seyda il canto

dolente seguitava;

una stilla di pianto

ne li occhi le brillava,

ne li occhi azzurri che pel cielo invano

erravano lontan lontan lontano.

*

Ma, dietro il tappeto aureo

che l’ingresso de l’Oda ricopria,

quell’amoroso cantico

il feroce Signore intento udia.

Tra i cigli rifulgeagli

terribilmente un balenio sanguigno;

forte stringeva il manico

de ’l ricurvo pugnal con un sogghigno…

*

«Il vergin seno, i sogni miei fulgenti,

io tutto tutto, o bel guerrier, ti do:

o bel guerriero, fra gli amplessi ardenti,

fra i lunghi baci, a ’l sol morire io vo’!…»

*

Su ’l Bosforo rideva il sol divino

in trionfale festa;

da i minareti bianchi il muezzino

lanciava a ’l vento la sua voce mesta;

ed avvolta in un sacco sotto l’onda

sonni eterni dormia Seyda bionda.



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