Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Primo vere
Lettura del testo

Idillii selvaggi

48. III Nuvoloni

«»

Link alle concordanze:  Normali In evidenza

I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio

48. III
Nuvoloni

C’eravam dilungati pecampi già rasi, portando

via tra file lunghissime

di biche a la canicola i nostri selvatici amori

e i latrati di Stelvio,

ne ’l crine rosolacci sanguigni e pagliuzze portando,

ne ’l vivo cuore fervidi

inni a l’ariste flave. Da l’aie lontane veniva

il ritmo de le trebbie

per l’aure, e a buffi il canto de’ villici lungo sereno

veniva. Da ’l purissimo

turchino rifulgeva estuoso il gran sole d’agosto,

e tutte aveano fremiti

le cose ne l’amplesso de ’l nume. Quand’ecco improvvise

nuvole a furia surgono

su da ’l mare agitate da turbini d’Austro, sembianti

a paurosi eserciti

di mostri in guerra, e salgono ratte ne ’l limpido cielo,

e s’aggruppan, s’infoscano

bieche, ingrossan vittrici con orride forme ognor nuove,

s’aprono, si rabbracciano,

lottano, invan sferzate da sprazzi roventi di sole.

Gli alberi intorno svettano,

verdi atleti, con sibili acuti; per l’aëre un rombo

cupo roco prolungasi;

e da’ nuvoli rotti giù a fiotti la pioggia scrosciando

su le stoppie precipita

obliqua. Alti a ’l muggito de ’l nembo mesceva i latrati

via a gran corsa Stelvio;

ed io, te su le braccia tenendo che pazza ridevi,

ed io volava a un giovine

querceto poco lungi con ampia canzone di guerra

ad Austro l’invincibile

possa aprente de’ rami; e vi giunsi… Su’ poggi de ’l fondo

tra le nuvole candide

rideva il cielo un cupo sorriso turchin di trionfo,

ed il sol tra la pioggia

occhiate auree ferìa, e da ’l plumbeo manto squarciato

sorrisi altri raggiavano,

e brividi avea novi la terra, e d’un’iride gli archi

versicolori apparvero

superbamente in festa a l’olimpica gloria di Febo.

Tu, il crin stillante, o Nemesi,

giù pe’ gli omeri sciolto, succinta la veste, guardavi

per l’alto a le nubi ultime

in fuga: io te guardava, te simile ad Ebe, ed un canto

ne ’l cuor baldo fioriami

mentre innanzi volavan, indocili a ’l ritmo, leggiadri

fantasmi. Il ciel più cerulo

e fresco sorridea; più verdi plaudivano i colli

da ’l fondo a noi tra l’umide

biche portanti gl’inni selvatici di giovinezza

e i latrati di Stelvio.



«»

IntraText® (VA2) Copyright 1996-2013 EuloTech SRL