Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Primo vere
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Idillii selvaggi

49. IV Initium

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49. IV
Initium

Come son dolci, o Nemesi, i raggi de ’l sol di settembre!

Piovon su’ nostri giovini

volti si come baci di un dio, ed a ’l sangue tepori

suavi ed a’ bei grappoli

tinte rubenti dànno. Non senti per l’aria fluire

le inebrianti ambrosie,

segno de ’l nume, o Nemesi? o Nemesi bianca, da’ neri

capelli, da’ nerissimi

occhi, o simile ad Ebe!… S’arrampican lente pecolli

le vigne con le flèssili

braccia, lussurïando a la luce; di sopra ampio ride

il ciel di lapislazuli;

di sotto, ne la valle, gli agricoli validi urgendo,

van molte coppie candide

di bovi, e a ’l sole rubano vive scintille gli aratri,

e sale su da l’umide

glebe smosse un odore di salvia cofumi lïevi,

e qua e con ultima

pompa gli alberi cantan la gamma de ’l verde sonora.

Che divino silenzio

suasor di piacere!… Vogliamo le tempia pulsanti

di pampini ricingerci

e inïziar la festa selvaggia de ’l padre Lieo

con un amplesso, o Nemesi?


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