Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Primo vere
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Idillii selvaggi

51. VI Cicogne

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51. VI
Cicogne

Oh diafane linfe con strepiti e risa giù a ’l mare

ne ’l dubbio crepuscolo

di ottobre defluenti, si come da ’l vivo mio cuore

col sangue il pitïambico

lascivo!… Sopra i colli sorride di un verde lïeve

il cielo; poche nuvole

su su da la marina, sembianti ad un gruppo d’abeti,

bianche per l’alto slanciansi;

e slanciansi alla riva de ’l fiume foltissimi i salci;

tra i salci un bove grigio

alza l’umido muso biasciando, e da li occhi sereni

guata. Di due giovini

vaghe, figlie de’ campi, s’avanzan col canto: a lor cingon

rossi corpetti il vergine

seno, e canestri enormi di grappoli portan su ’l capo.

Passan lente perdendosi

tra li alberi. Oh penombra suave!… Si levan d’intorno

luccicanti fantasimi

a volo, e si perseguono ratti, vaniscono a l’aure,

riscintillano, rotano,

intrecciansi, confondonsi, muoion per sempre irridendo,

oh quanti, oh quanti!… Naviga

placida per il fiume una vela purpurea; in alto

una gran schiera candida

di cicogne in silenzio dilungasi ad austro, e dilegua,

dilegua come nuvola

per cieli d’adamante incalzata da Borea… Io sento

venir per l’aure un cantico

egizio e il suon de’ sistri. O Anubi, sei tu che in quest’aure

spiri? O sei tu, gran figlio

di Nïobe, frugifero nume, a cui sursero templi

alti e l’are fumarono

opime? E non è questo il Nilo? e giù non s’asconde

la Sfinge? e tu, o Nemesi,

dai misterïi d’Iside vieni si bianca e raggiante,

con l’occhio pien di viridi

lampi, tutte donate a l’amplesso de’ vènti le chiome?

In alto in alto passano,

come dardi, due sperse cicogne; e vanisce la vela

ne la notte precìpite.



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