Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Primo vere
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54. II A Dellio

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54. II
A Dellio

[DA ORAZIO]

Dacché, mio Dellio, o di continuo

mesto tu viva, o in festevoli

disteso in un prato remoto

il tuo vecchio Falerno ti goda,

la morte è certa, fa che a te l’animo

ne’ casi avversi si serbi stabile,

e scevro di gioia smodata

ne ’l favor de la cieca fortuna.

Dove un gran pino e un pioppo candido

l’ombra ospitale amano mescere

corami, e la linfa fugace

pel curvo rio trepidando corre,

vini e unguenti e i fior di Venere

freschi (ahi, per poco!) fa che ti portino,

finché basti l’oro e l’etade

e il fil nero de le tre sorelle.

I vasti fondi, la casa splendida,

l’amena villa cui lambe il Tevere

lascerai e su’ tanti tesori

il tuo erede stenderà la mano.

Oh, nulla vale che tu sia d’Ìnaco

ricco nepote, o pur che povero

plebeo senza tetto ten viva,

certa vittima d’Orco spietato!…

Tutti siam tratti a ’l fin medesimo:

d’ogni uom la sorte ne l’urna s’agita,

ed uscendo farà che lui salga

su la cimba per l’esilio eterno.



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