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60. VIII
A Neèra
[DA ORAZIO]
Era notte e fulgea la Luna tra gli astri minori
ne ’l firmamento limpido,
quando tu, già pensando di ledere i Numi immortali,
più forte a ’l mio collo co’ morbidi bracci avvinghiata
— Fin che il lupo a ’l gregge e infesto a’ nocchieri Orïone
fin che a l’aure ondeggi la chioma fluente d’Apollo,
Ma bada che al fine la mia fortezza, o Neèra,
Perché se ancora a Flacco una stilla di sangue virile
non patirà che assidue notti in amor tu conceda
e cercherà irato un’altra fanciulla che lui
Né cederà costanza a beltà che una volta l’offese,
Ma tu, chiunque sei, di me più felice, che incedi
sii pur ricco di greggi e d’ampie campagne; fluisca
a te di Pitagora non manchi la scienza segreta
Ahimè! tu piangerai gli amori ad un altro concessi;