Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Solus ad solam
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• 10 settembre 1908. Giovedì.

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10 settembre 1908. Giovedì.

Non s'è compiuto il miracolo; e la speranza è caduta. Il delirio stamani era così grave che il padre ha mostrato al dottor Nesti il desiderio di consultare un alienista di professione, il Clinico delle malattie mentali a San Salvi: Eugenio Tanzi.

In lui persiste l'intenzione di chiudere sua figlia in una casa di salute! Stamani si mostrava stanco d'aver vegliato, esausto, irritabile.

Al primo annunzio, non ho potuto contenere la mia agitazione. Ma il proposito fermo d'impedire il delitto, a qualunque costo, mi ha ridata la calma esterna necessaria.

Accompagnato dal dottor Nesti, sono andato a visitare Eugenio Tanzi nella sua casa, in via Bernardo Segni.

Egli ci ha ricevuti con grande cortesia: si ricordava di avermi incontrato una mattina alle nozze di Diego Garoglio.

È un uomo composto e dolce, dalle maniere delicate e pazienti, dalla voce lenta: ha veramente l'aspetto d'un medico d'anime.

Mi ascolta con attenzione quasi affettuosa.

Io mi studio di rappresentargli, col minor numero di parole ma con la maggiore efficacia, le condizioni della malata e le cause lontane e prossime della demenza.

Egli comprende tutto. Cerca di alleviare la mia angoscia. Mi promette che in nessun modo si presterà a rilasciare dichiarazioni che valgano a rinchiudere la povera creatura in una casa di salute. Conviene che soltanto l'isolamento e il riposo in campagna potranno guarire il male. Mi assicura che visiterà la malata nel pomeriggio; e mi prega di attenderlo in casa mia, dov'egli verrà a dirmi il risultato della sua visita.

Esco. Mi sembra di avere nelle narici l'odore della follia, quello strano indimenticabile odore che fiutai una sera a San Sèrvolo su la Laguna quando con Angelo Conti rimasi nel Manicomio alcune ore perché la burrasca impediva alla gondola di riattraversare il canale... Ripenso a Silvio Rotta, al pittore veneziano che – sfuggito al Manicomioserbava la sua casacca di pazzo e la teneva la notte sotto il guanciale per sentire l'odore terribile.

Torno a casa. Di tratto in tratto, per istinto, mi accosto all'apparecchio del telefono, alla nera bocca dove non s'ode se non un rombo simile a quello delle conche marine.

Mi pare, nel rombo, di riudire il caro grido: «Gabri! Gabri

Gabri è morto e sepolto. Stamani – al dottore che mi raccontava come l'agitata si torcesse le mani – ho chiesto:

– Ha gli anelli alle dita? Ha un braccialetto di rubini al polso? –

Non ha più gli anelli, non ha più il braccialetto, non ha più sopra di sé le cose che per nulla al mondo avrebbe abbandonate. La catena d'amore è rotta.

E oggi è una vigilia santa. Domani è la festa mensuale, è il undici di settembre. Si compiono diciannove mesi dalla sera meravigliosa della dedizione.

Ho, per ricoprire la mia amica, tutte le rose di un giardino: un grande canestro, il più grande che io le abbia mai offerto.

È già sera quando giungono i due dottori.

La malata ha ricevuto il nuovo senza segni di meraviglia o di ostilità, se bene abbia fatto intendere ch'ella sapeva come entrambi fossero mandati dall'avversario. Ha insistito sul veleno, su la morte imminente; ma, come il Tanzi per salvarla ha proposto l'esperimento dell'ipodermoclisi, ella ha rifiutato con energia. A ogni allusione verso di me, verso il passato, verso l'amore, ella s'è chiusa in un silenzio sospettoso, impenetrabile.

Il Tanzi fa una diagnosi rassicurante.

Nota di tratto in tratto qualcosa di inconsciamente artificiale nel delirio.

Pensa che convenga condurre l'inferma altrove, possibilmente in una villa quieta, affidandola alla custodia di persone pratiche e discrete, allontanandola da tutto ciò che possa eccitarla. In questo senso egli ha fatto le sue dichiarazioni al padre; ed ha anche promesso di trovare le inservienti adatte alla cura.

Egli cerca di consolarmi. La mia amica riacquisterà la ragione, guarirà in tempo non lungo.

Prima ch'egli s'accommiati, io timidamente gli parlo delle rose.

– Il giorno memorabile non è mai trascorso senza un segno di festa, senza una offerta di fiori. La povera creatura da più giorni vive in mezzo a fantasmi orrendi, in una casa tristissima, fra persone che con la presenza la opprimono.

L'apparizione improvvisa d'una cosa bella e fresca, d'un dono vivo, non potrebbe forse sollevarla, rianimarla, richiamarla a tutto ciò che fino a ieri sembrò esser la vita della sua vita? –

I due dottori sono perplessi. D'altra parte, come persuadere il padre arcigno e avverso a lasciar passare il dono? E come far giungere in segreto il fascio vistoso?

Rimango con la mia tristezza, disteso su i cuscini rossi dove due mesi innanzi – il undici di luglioAmaranta piangeva di passione, ebra di eternità.


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